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Mafia, si sgretola l'impero del "re delle cave": confisca milionaria per Giuseppe Bordonaro

Così hanno deciso i giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo per l'imprenditore già condannato in via definitiva. Anche lui era partecipe del "metodo Siino" per il controllo e la spartizione degli appalti

Confisca milionaria per il “re delle cave”. Così ha deciso la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo emettendo un provvedimento nei confronti dell'imprenditore palermitano Giuseppe Bordonaro (61anni), già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, colpendo il impero costituito da quote societarie, conti correnti, investimenti, beni mobili e immobili che adesso passano nelle mani dello Stato. Colpiti dal provvedimento anche i fratelli Pietro e Benito, con i quali era in affari insieme al padre Salvatore, morto nel 2005.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti della Dda l’imprenditore, che gestiva cave e commerciava calcestruzzo e la nota “pietra di Billiemi” insieme ai suoi familiari, era riuscito a consolidare la sua posizione grazie ai rapporti con Cosa nostra. Giuseppe Bordonaro era partecipe del cosiddetto “metodo Siino”, un modo per la criminalità organizzare di controllare l’aggiudicazione degli appalti sedendosi a tavolino con imprenditori e “colletti bianchi”.

Sottoposte a confisca così due società, la Concebi srl, che si occupa di conglomerati cementizi, e la Icm Inerti srl, mentre sono state acquisite dallo Stato quote della Atlantide Costruzioni appartenenti al fratello del prevenuto, Pietro Bordonaro, prima condannato e poi assolto in appello dall’accusa di concorso in associazione mafiosa. I giudici del collegio non hanno applicato la sorveglianza speciale a Bordonaro ma hanno ritenuto la pericolosità sociale e l’origine sospetta del suo patrimonio.

"Nell’ambito delle attività d’indagine - ricostruisce la Dia - Bordonaro emergeva quale collettore di interessi mafiosi nell’aggiudicazione di appalti, subappalti e contratti di fornitura nella provincia di Palermo. L’imprenditore aveva, infatti, intrattenuto stretti rapporti con esponenti di rilievo di cosa nostra sin dalla fine degli anni ’80, i quali, in ragione della sua affidabilità, lo favorivano nello svolgimento della sua attività, ponendolo in una posizione di preminenza".

In sostanza, tramite l’impresa intestata al padre Salvatore, avrebbe operato in stretta connessione con Cosa nostra. "Già nell’ottobre del 1997 - aggiungono - veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso in associazione mafiosa e turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose e successivamente condannato con sentenza definitiva dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 anni e 6 mesi di reclusione".

Giuseppe Bordonaro-2Nel corso del suddetto processo, le testimonianze convergenti dei collaboratori Calogero Ganci, Salvatore Cancemi, Giovanni Brusca ed Angelo Siino indicavano come, a partire dalla fine degli anni ’80, l’impresa di materiale inerte intestata a Salvatore Bordonaro, padre di Giuseppe, fosse stata sistematicamente favorita da esponenti di vertice di cosa nostra nell’affidamento della fornitura di calcestruzzo per imprese aggiudicatarie di appalti pubblici.

In cambio, come accaduto nel caso della costruzione della nuova Pretura a Palermo, Giuseppe Bordonaro faceva recapitare 50 milioni di lire a Raffaele Ganci, esponente di rilievo di una storica famiglia mafiosa del quartiere Noce di Palermo."Angelo Siino invece - ricostruiscono ancora gli investigatori - rivelava di aver 'consigliato' l’impresa del Bordonaro con riferimento agli appalti per la realizzazione del deposito Amat di via Roccazzo e del velodromo dello Zen".

Quote e beni colpiti dal provvedimento

L’odierno decreto ha interessato beni stimati in oltre 18 milioni di euro e nello specifico: l’intero capitale sociale e il relativo compendio aziendale di 4 società di capitali, tra cui la Cava Bordonaro srl, attive nel settore dell’edilizia; quote sociali di 1 società di capitali operante nel settore delle costruzioni edilizie; 19 immobili, costituiti da due ville, uffici, appartamenti, box, magazzini e terreni ubicati in Palermo e Roccamena; 2 autovetture e 1 motociclo, nonché la somma ricavata dalla vendita di un’imbarcazione da diporto a motore; 13 conti correnti bancari, 12 quote di partecipazione a fondi comuni d’investimento, 10 polizze vita, 2 conti di deposito a risparmio, 2 depositi titoli a custodia, 1 libretto nominativo ordinario, 1 prodotto finanziario ed altri rapporti bancari intrattenuti presso istituti di credito ed altri intermediari. Con lo stesso decreto il Tribunale ha disposto il dissequestro di alcuni immobili, risultati pervenuti in successione, nonché di quote di capitale sociale, autovetture ed altri immobili.

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