Il boss ergastolano di Ciaculli vuole i domiciliari: "Ha 90 anni ed è malato", ma i giudici dicono no
Il caso di Salvatore Prestifilippo recentemente colpito anche da un ictus e condannato al fine pena mai per un omicidio commesso nell'ottobre del 1981. Per la Cassazione "è ancora pericoloso e in carcere può ricevere le cure e l'assistenza necessarie"
Compirà 90 anni il prossimo 8 aprile. Vista l'età, Salvatore Perstifilippo, boss di Ciaculli condannato all'ergastolo per un omicidio commesso nel 1981, ha diversi problemi di salute, tanto che in tempi recenti è stato pure colpito da un ictus cerebrale ed è stato sottoposto ad un delicato intervento. Proprio per questo ha chiesto di poter scontare la pena agli arresti domiciliari. Un'istanza che è stata però bocciata in tutti i gradi di giudizio, fino all'ultima pronuncia, quella della prima sezione della Cassazione: nel carcere di Parma dov'è detenuto, secondo i giudici, può infatti ricevere tutte le cure e l'assistenza di cui ha bisogno.
La sentenza è stata emessa nei mesi scorsi, ma PalermoToday ne è venuto a conoscenza solo ora, dal collegio pesieduto da Monica Boni, anche sulla scorta dei pareri forniti sia dalla Dda che dalla questura di Palermo - che hanno "ritenuto attuale la pericolosità sociale del detenuto, evidenziata dall'assenza di collaborazione con la giustizia e dalla sua storia criminale, essendo lo stesso noto esponente della famiglia mafiosa di Ciaculli" - ma anche delle relazioni sanitarie.
Prestifilippo, soprannominato "Bruciamontagna", è un nome decisamente di peso nella storia di Cosa nostra. Amico personale del "papa", Michele Greco, e zio di Mario Prestifilippo, uno dei killer più sanguinari, trucidato a sua volta nel 1987. Il mafioso era stato coinvolto nel processo di Catanzaro e poi nel Maxiprocesso, dove venne condannato a 16 anni di reclusione. Aveva fatto però perdere le sue tracce subito dopo le rivelazioni di Tommaso Buscetta. Venne catturato a giugno del 1989. Nel 2004 era arrivata la condanna all'ergastolo nel processo "Agate+45", su ben 77 omicidi di mafia, tra cui anche quello dell'imprenditore Libero Grassi. Prestifilippo è stato ritenuto responsabile di un delitto commesso il 14 ottobre del 1981.
Per la difesa, il boss di Ciaculli avrebbe problemi di vista e udito e per la sua età molto avanzata e il "grave stato di infermità fisica" e avrebbe quindi diritto di andare ai domiciliari. Anche perché già in due circostanze, il 16 dicembre 2014 e il 22 novembre 2016, il tribunale di Sorveglianza di Milano e Palermo, avevano già disposto la detenzione in casa "dopo aver accertato il grave stato di salute del detenuto" e che durante i 4 anni trascorsi agli arresti domiciliari Prestifilippo "aveva sempre rispettato le regole".
Per la Cassazione, che ha confermato le precedenti decisioni sia del magistrato che del tribunale di Sorveglianza, il ricorso è infondato. Secondo i giudici, una prima relazione sanitaria ha stabilito che "le condizioni cliniche del detenuto erano considerate come discrete e stabili, gestibili in ambiente carcerario", una seconda aveva "certificato un quadro clinico del detenuto stabile e adeguatamente trattabile" in carcere. Inoltre "si evinceva che il quadro clinico poteva essere gestito in una struttura penitenziaria come quella di Parma - si legge nella sentenza della Suprema Corte - dove il detenuto era recluso, dotata di centro clinico e assistenza specialistica costante". Infine Pestifilippo "veniva regolarmente monitorato e sottoposto a visite e accertamenti di cui necessitava, con somministrazione della terapia farmacologica prescritta dai vari specialisti", senza contare che era stato accompagnato in ospedale in seguito all'ictus.