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La villa abusiva e i 300 chili di hashish acquistati in 6 mesi: "Così il boss manteneva i carcerati"

I retroscena del blitz "Brevis 2". Giuseppe Calvaruso si sarebbe impossessato dell'immobile di via Altofonte, poi sanato dal Comune, con pressioni e atti illeciti. I soldi della droga sarebbero finiti nella cassa del clan e distribuiti ai detenuti: "Mille euro a colloquio glieli devo dare". Ma qualcuno avrebbe fatto la cresta intascando 150 mila euro "fuori sistema"

Fiumi di droga dalla Campania e dalla Calabria per inondare le numerose piazze di spaccio della città. Un business da centinaia di migliaia di euro che sarebbe stato gestito direttamente dal presunto boss di Pagliarelli, Giuseppe Calvaruso, che avrebbe preso il posto dell'anziano Settimo Mineo, dopo il suo arresto a dicembre del 2018 con il blitz "Cupola 2.0". E i soldi della droga, come ricostruito dai carabinieri, sarebbero finiti nella cassa del clan e sarebbero serviti in buona parte a mantenere i detenuti e le loro famiglie, a cui "almeno mille euro, minimo, a colloquio" sarebbe stato necessario garantire, come sosteneva Giovanni Caruso, ritenuto l'alter ego di Calvaruso per un periodo trasferitosi in Brasile. E chi sgarrava, cercando di fare la cresta e di muoversi senza autorizzazione - col così detto "fuori sistema" - sarebbe stato estromesso.

Il gip: "Business della droga gestito dal clan"

E' uno dei punti salienti dell'inchiesta "Brevis 2" dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma, che stamattina ha portato a 8 arresti. Come scrive il gip Piergiorgio Morosini nell'ordinanza di custodia cautelare sarebbero stati raccolti "robusti indizi sul fatto che l'attività di traffico di stupefacenti veniva approvata e sollecitata dai vertici del clan, anche in quanto utile al perseguimento del suo fine di approvvigionamento di risorse da destinare alla cassa del mandamento" e sul "reperimento di somme da destinare ai detenuti attraverso la monetizzazione dello stupefacente".

Il ristorante, il gommone e la Porsche: l'ascesa del boss

Campani per il "fumo", calabresi per la coca

Gli indagati avrebbero avuto dei canali ben stabiliti e diversificati in base al tipo di droga da smerciare: "Il rifornimento di hashish risultava assicurato da uno stabile gruppo di corrieri campani - afferma ancora il gip - soliti approvvigionarsi direttamente nella cittadina spagnola di Malaga, dall'altro venivano osservati diversi contatti con vari soggetti calabresi per lo più individuati quali potenziali fornitori di cocaina".

I depositi per stoccare la "roba"

Non solo: secondo i pm, il clan avrebbe avuto a disposizione dei depositi dove nascondere e stoccare la droga, nello specifico in via Ernesto Basile 148/150, dove a un certo punto era stato arrestato Francesco Duecento, detto "u picciutieddu" con un chilo e 900 grammi di cocaina, ma anche in via Pitrè e nella zona tra via Zancla e via Ughetti.

Quasi 300 chili di hashish comprati in 6 mesi

Gli investigatori contestano agli arrestati l'acquisto di una serie di carichi di droga. In particolare Caruso e Angelo Costa avrebbero comprato 31 chili di "fumo" il 14 settembre 2019, altri 134,518 chili di hashish e 296 grammi di marijuana a ottobre del 2019 (mai giunti a destinazione perché i corrieri erano stati arrestati), altri 66 chili di hashish a febbraio dell'anno scorso (ma anche in questo caso i corrieri erano stati bloccati), ulteriori 38 chili e 743 grammi di hashish il 12 marzo dell'anno scorso e avrebbero poi acquistato 18 mila euro di cocaina nel giugno successivo e un chilo e 914 grammi, sempre di cocaina, il 23 giugno del 2020.

La contabilità in macchina

Il 14 settembre del 2019, Caruso e Costa con le mogli in macchina, avrebbero fatto un po' di contabilità. Costa avrebbe consegnato 48 mila euro - a fronte di 50 mila euro - per 31 chili di hashish, secondo gli investigatori, che avrebbe quindi pagato 1.550 euro al chilo. Nell'intercettazione Costa diceva: "Gli ho tolto 2 mila euro a quello là, a quello dove ieri sera... che poi ci siamo divisi? Gli ho dato 48, quanto gli ho levato?" e Caruso rispondeva: "Quarantotto? E tu fai la calcolatrice" e l'altro, evidentemente non preparatissimo in matematica: "Che devo fare, dimmelo?" e Caruso spiegava: "Tu devi fare 31 per uno punto 6, ti dà tanto", Costa: "Mille e 600, cioè mi costò a quanto, 1.570".

L'incasso da oltre 10 mila euro

Il 15 settembre 2019 da una discussione sempre tra Caruso e Costa emergeva invece l'acquisto di una partita di droga a 1.900 euro al chilo, che, dicono gli inquirenti, avrebbe comportato un guadagno netto di 350 euro al chilo e un guadagno totale di circa 10.850 euro. Sosteneva Caruso: "Quello dice uno e nove, gli ho detto 'appena arriva', non te l'ho fatto ieri il conto? Ne abbiamo parlato noialtri, il prezzo gli ho detto 'quello vuole uno e nove' e me ne restavano tre, siccome me ne sono rimaste quattro, uno, uno, uno e uno in fondo al mare, onestamente?".

La "buca" e i "pacchi" per i carcerati

Dalla stessa intercettazione veniva poi fuori che il denaro recuperato dallo smercio di droga sarebbe stato utilizzato per il sostentamento dei detenuti. Caruso spiegava che sarebbe stato tenuto ad elargire ai famigliari dei carcerati in occasione dei "colloqui" la così detta "buca" e dei "pacchi" (con abiti, cibo e altro): "Mille euro glieli ho dati la settimana passata perché quando fa il colloquio glieli devo dare almeno mille euro, minimo! Però aspetta, ho lavorato o non ho lavorato, pure che per dire dice 'questa settimana liscio'... sempre! E due colloqui sono 2 mila euro, dico due colloqui sono 2 mila euro perché quella fa colloquio, buca e colloquio, pacchi e colloquio. Il pacco tanto ed il colloquio mille euro. Mille, 1.500. Nel frattempo gli metto pure quello degli altri".

"Quando c'era quello facevamo 3.500 euro a settimana"

Caruso raccontava anche che in passato gli affari sarebbero stati molto più fiorenti: "Quando c'era quello facevano ogni settimana lo sai quanto? Minimo di 3.500 a settimana, a settimana! Aspè, diviso noialtri siamo tre e una quelli perciò sono 5 mila euro, vuole dire come minimo 20 mila euro. Ora lo sai quanto riesco a fare? Leva tre, solo quelli! E ce la faccio a stento e tante volte qualcuno lo lascio, cioè 'questa giornata a te, domani a quello, a giro a mano ne lascio tre, quattro a piedi: 'No, sangu mio, non ce la faccio!'. Perché finché me li metto io in tasca allora tu puoi pensare, ma siccome lo sai che faccio...".

L'amicizia con la escort e il pranzo col boss Mineo

Il "crastazzo" e i 150 mila euro "fuori sistema"

Qualcuno, un tale "Giancarlo", avrebbe però cercato di arricchirsi a spese dei boss, smerciando droga anche senza la loro autorizzazione. Quando Caruso, ad ottobre del 2019, si sarebbe accorto del giro "fuori sistema" si sarebbe particolarmente irritato, anche perché l'uomo avrebbe cercato di intascare anche 150 mila euro senza dichiarare nulla al clan. I carabinieri hanno seguito Caruso in quei giorni e si sarebbero accorti che sarebbe andato sotto casa di "Giancarlo", facendo avanti e indieto con la macchina, senza tuttavia riuscire a trovarlo. Tanto che chiedeva informazioni a un suo conoscente: "Tu hai il numero di questo crastazzo? Di Giancarlo? Minchia non lo trovo, lo sai quanto ha guadagnato? Centocinquantamila euro! E ha fatto il mischino. Oggi mi deve portare tanto!".

La musica neomelodica

Nell'ordinanza c'è anche una parentesi musicale, quando Caruso e Costa si confrontavano sui gusti di "Giancarlo", appassionato di neomelodica. Secondo gli indagati all'uomo sarebbe piaciuta una canzone intitolata "Na notte sì e na notte no" perché conteneva le lamentele di un uono costretto a nascondersi dalla gente come "nu latitant" perché innamorato di una donna già promessa ad altri.

L'arresto dei corrieri: "A tutti consumò!" 

Non sempre i carichi di droga sarebbero arrivati a destinazione perché intercettati prima dagli investigatori. Il 6 ottobre dell'anno scorso Caruso e Costa commentavano l'arresto di alcuni complici campani: "Non ci posso pensare che ha combinato qua! Hanno combinato un bordello", diceva il secondo e l'altro rispondeva:"Tu pensa quelli mischini" e si diceva disponibile ad aiutare anche la famiglia di coloro che erano finiti in carcere: "Anzi la famiglia se ha bisogno di dormire casomai scende, qua c'è il bed&breakfast, c'è la casa di mia figlia, se scende la moglie c'è la casa", ma Costa rimarcava: "Sua moglie pure qua è! A tutti consumò, niente hai capito? Te lo devo dire in arabo?".

La villa abusiva del boss sanata dal Comune

Come hanno ricostruito poi i carabinieri (ma il gip ha respinto le richieste della Procura) Calvaruso, con una serie di pressioni e di atti illeciti, sarebbe riuscito ad impossessarsi di una villa in via Altofonte. Un immobile costruito peraltro abusivamente per il quale il vero proprietario aveva chiesto la sanatoria che, in cambio di 8 mila euro, gli sarebbe stata concessa dal Comune.

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