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Pure il boss Nino Rotolo vuole lasciare il 41 bis: "Non è più pericoloso", ma i giudici dicono no

La difesa del capomafia di Pagliarelli, al carcere duro da 16 anni: "E' stato estromesso dal clan, così subisce un danno in termini formativi". La Cassazione ha bocciato il ricorso e l'ha condannato a pagare 3 mila euro: "Non si è mai dissociato e ha avuto un comportamento irregolare in cella, più volte sanzionato. Può riprendere i contatti con la cosca"

Dopo 16 anni, il 41 bis sta decisamente stretto allo storico boss di Pagliarelli Nino Rotolo, tanto che ha fatto ricorso contro l'ultima proroga disposta dal ministero dell'Interno. Secondo la sua difesa, il capomafia non sarebbe più pericoloso, non avrebbe alcun ruolo nel clan di appartenenza e, anzi, vi sarebbero elementi a sostegno della sua "completa dismissione" dall'organizzazione criminale e, in più, il carcere duro gli provocherebbe anche un "danno in termini di offerta formativa, che mortifica l'essenza costituzionale della pena". Argomenti che ora, però, la Cassazione ha ritenuto del tutto infondati, confermando dunque che Rotolo debba restare al 41 bis, e lo ha condannato a pagare 3 mila euro alla Cassa delle ammende.

"Comportamento carcerario irregolare e più volte sanzionato"

Per i giudici della prima sezione della Suprema Corte, presieduta da Luigi Fabrizio Augusto Mancuso, non solo Rotolo è ancora pericoloso e "non si è mai dissociato dalle proprie condotte criminali", ma ha pure avuto "un comportamento carcerario irregolare, tanto da essere destinatario di plurime sanzioni disciplinari, tre ammonizioni e l'esclusione dalle attività in comune per giorni e ciò nell'anno 2019". Non ci sarebbe quindi alcun margine per derogare allo speciale regime detentivo.

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La difesa: "Estromesso dal clan, non è pericoloso"

Rotolo, 76 anni, non è il primo boss che cerca di sottrarsi al 41 bis e tanti sono stati i ricorsi vagliati negli ultimi mesi dalla Cassazione (peraltro sempre con esito negativo per i mafiosi). Il capomafia di Pagliarelli aveva impugnato l'ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma del 18 novembre scorso, con la quale era stato appunto rigettato il reclamo contro la proroga del 41 bis. Per la sua difesa, infatti la "pericolosità soggettiva che rende necessaria la prosecuzione del regime detentivo eccezionale" non sarebbe stata dimostrata e ci sarebbero elementi che "danno contezza della completa dismissione di qualsivoglia collocazione associativa. Sono trascorsi 16 anni dalla prima applicazione del regime detentivo derogatorio, durante i quali nessun segnale di appartenenza è stato mai espresso dal ricorrente". E, per l'avvocato, ci sarebbe anche una "accertata modifica della realtà associativa nel territorio di riferimento, con estromissione del ricorrente da qualsivoglia collegamento criminale".

I giudici: "Non si è mai dissociato, può riallacciare i contatti"

La Cassazione - che ha giudicato il ricorso di Rotolo inammissibile - ritiene invece che il tribunale di Soverglianza "ha offerto motivazione tutt'altro che apparente in ordine al requisito della attualità della pericolosità" e, tra l'altro, il fatto che Rotolo non si sia mai "dissociato dalla proprie condotte criminali induce logicamente a ritenere che, ove venisse meno il regime carcerario differenziato, sarebbe non altrimenti contenibile il pericolo di ripresa dei contatti con esponenti mafiosi del territorio di riferimento".

"La sua posizione sugli 'scappati' prova l'appartenenza alla cosca"

Inoltre, dicono i giudici, il tribunale ha anche preso in considerazione la vicenda degli "scappati", ovvero il "fatto che Rotolo rimase in minoranza all'interno della consorteria mafiosa opponendosi alla decisione, poi assunta, di consentire ai componenti della famiglia Inzerillo di fare rientro in Sicilia". Ma "ha da tale episodio tratto, con logica ed adeguata motivazione, la conclusione che esso finisce con l'attestare la perdurante pericolosità sociale di Antonino Rotolo, ancora attivo e presente all'interno di Cosa nostra". La Cassazione poi stigmatizza il comportamento carcerario "irregolare" del detenuto.

"Nessun danno per il boss"

Nella sentenza, si rimarca infine poi che con la recente decisione della Consulta sul 41 bis è stato messo in evidenza che "il regime di detenzione differenziato non ha natura sanzionatoria-retributiva ma finalità di prevenzione dei reati in relazione alla pericolosità del detenuto ed indipendentemente dall'espiazione della pena e che non interrompe il percorso riabilitativo, comportando anzi la rescissione dei 'collegamenti' del detenuto con l'organizzazione di appartenenza". Dunque, Rotolo non patirebbe alcun danno.

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