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Mafia, droga e salotti romani: via al processo per il "dottore" di Cosa Nostra Guttadauro e il figlio

La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex primario del Civico già condannato tre volte per 416 bis e per Mario Carlo, che sarebbe stato il suo alter ego a Palermo nella gestione di tutta una serie di business. L'udienza è fissata per la metà di dicembre, alla sbarra anche altri due imputati

Lui, Mario Carlo Guttadauro, 33 anni, "l'insospettabile", sarebbe stato l'alter ego a Palermo di suo padre, il ben più noto "dottore", ovvero Giuseppe Guttadauro - l'ex primario del Civico già condannato tre volte per mafia - nella gestione di tutta una serie di affari. Adesso la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per entrambi e anche per Francesco Paolo Amari e Valerio Nicosia, che rispondono di lesioni e danneggiamento (con l'aggravante mafiosa) in relazione ad una spedizione punitiva. L'udienza preliminare si terrà a metà dicembre.

Padre e figlio (l'arresto del secondo era stato annullato e poi invece confermato dalla Cassazione) erano stati bloccati a febbraio scorso dai carabinieri. Il "dottore", ormai residente a Roma, avrebbe anche cercato di comprare una laurea in Odontoiatria in Albania al più piccolo dei suoi eredi. E a Mario Carlo dava anche delle "lezioni" di mafia, come era emerso dalle intercettazioni: "Tutti, tutti, tutti, nel mentre uno, però, l'onorevole Lima - diceva - poi prendono sempre: 'Quello non è stato capace di fare quello che doveva fare, li ha presi in giro', l'invidia che quella era gente un poco culturalmente più... ma quello (Totò Riina, ndr), quello una bestia era, e ha combinato quel fatto, è finita, ha distrutto tutte cose" e il figlio rispondeva: "Doveva nascere un altro scienziato, deve nascere... Ci vuole uno scienziato vero per riordinare i giocattoli". A quel punto il padre lo incitava: "Ti devi evolvere, hai capito? Il problema è: rimanere con quella testa... ma l'evoluzione".

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Non solo. Guttadauro raccomandava al figlio: "Noialtri ci dobbiamo vedere il meno possibile, per cose necessarie", perché sosteneva "ci sono quattro banditelli da tre lire" e ce l'aveva anche con il boss di Villabate, Francesco Colletti, che si era pentito pochi giorni dopo il suo arresto (con il blitz "Cupola 2.0" di dicembre 2018): "Questo capo di tutto, neanche un giorno di carcere si è fatto e si è già pentito, ma di chi stiamo parlando?".

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Dall'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco era poi venuto fuori che Guttadauro, a dispetto della sua fedina penale, non avrebbe avuto alcun problema a muoversi nei salotti romani: una facoltosa signora, sposata con un medico e docente dell'università La Sapienza, si sarebbe infatti rivolta proprio a lui per risolvere una controversia da 16 milioni con una banca.

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E l'imputato si diceva disposto a ricorrere anche alle maniere forti nei confronti dell'ex ministro Mario Baccini che, assieme ad un consigliere di Stato, Eugenio Mele, avrebbero a suo dire ostacolato gli interessi della donna. Ma a Roma, il "dottore" di Cosa nostra avrebbe pensato in grande anche in relazione al traffico di droga: grazie ai contatti con un criminale albanese e alla collaborazione di un assistente di volo di Alitalia, che avrebbe dovuto trasportare i soldi in Sud America, ma avrebbe anche avuto contatti con qualcuno alla Camera dei deputati, avrebbe cercato di organizzare il business su vasta scala, coinvolgendo poi anche il clan di Roccella.

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