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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia San Mauro Castelverde

Processo al clan di San Mauro Castelverde, chiesti 18 anni per il boss Mico Farinella

I pm hanno invocato 20 anni di reclusione per il figlio dello storico capomafia, Giuseppe, e pene pesanti per altri 9 imputati. Molti di loro erano stati fermati l'anno scorso nell'operazione "Alastra" dei carabinieri e hanno scelto il rito abbreviato

Diciotto anni di carcere per lo storico boss Domenico "Mico" Farinella e ben venti per suo figlio Giuseppe. Sono queste alcune delle richieste di condanna formulate stamattina dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Bruno Brucoli e Gaspare Spedale contro il clan di San Mauro Castelverde. Gli imputati, tutti coinvolti nell'inchiesta "Alastra" del 30 giugno dell'anno scorso, sono undici.

Il processo si sta svolgendo con il rito abbreviato davanti al gup Simone Alecci. Oltre alle pene pesantissime invocate per i Farinella, i pm hanno anche chiesto 20 anni per Giuseppe Scialabba, 16 anni a testa per Antonio Alberti e Francesco Rizzuto, 14 anni per Gioacchino Spinnato, 12 anni per Mario Venturella, 6 anni per Rosario Anzalone, 4 anni per Vincenzo Cintura, 2 anni e mezzo per Francesca Pullarà e 2 anni per Arianna Forestieri. Ad ottobre la parola passerà alle difese.

Pizzo e forniture di carne, gli imprenditori strozzati dai boss | video

Nel blitz dei carabinieri finirono sotto inchiesta anche Antonio Giuseppe Di Maggio e l'ispettore della polizia penitenziaria Giuseppe Rubbino, accusato di corruzione perché - secondo gli inquirenti - in cambio di un orologio avrebbe offerto i suoi "servigi" a Farinella. Un altro indagato, Pietro Ippolito, che era stato subito scarcerato (come Anzalone, difeso dall'avvocato Michele Rubino) è invece morto di Covid. Era assistito dall'avvocato Domenico Trinceri.

L'operazione "Alastra" aveva consentito di smantellare il clan di San Mauro che, per la Procura, Farinella avrebbe ripreso a gestire appena scarcerato, nel 2019. Grazie alla collaborazione di diversi imprenditori e commercianti erano state ricostruite 11 estorsioni. I boss avrebbero tra le altre cose imposto la fornitura di carne dalla macelleria di Scialabba, a Finale di Pollina. Nel processo si è costituito parte civile il Centro Pio La Torre (rappresentato dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro), ma anche altre associazioni antiracket.
 

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