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Pizzo, droga e concerti neomelodici al Borgo Vecchio, la Procura chiede 32 condanne

La requisitoria per gli imputati del processo in abbreviato nato dai blitz "Resilienza" e "Resilienza 2". Il clan si sarebbe occupato anche di risolvere scontri tra tifosi e sono stati invocati 10 anni di carcere per il fondatore delle Brigate Rosanero, "Johnny" Giordano; 22 anni a testa invece per due dei figli del boss Nicola Ingarao, ucciso nel 2007

Sono pene pesantissime quelle invocate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Luisa Bettiol e Gaspare Spedale per il clan di Borgo Vecchio che, come era emerso con le inchieste "Resilienza" e "Resilienza 2" dei carabinieri, si sarebbe occupato non solo di gestire lo smercio di droga, ma avrebbe imposto il pizzo a tappeto, stabilito chi avrebbe potuto cantare e chi no durante le feste di piazza (censurando espressamente alcuni neomelodici) e si sarebbe pure occupato di risolvere contese tra tifosi.

Gli imputati in abbreviato davanti al gup Donata Di Sarno sono in tutto 32. Le condanne più severe sono state chieste per due dei fratelli Ingarao, Danilo e Jari Massimiliano, figli del boss Nicola Ingarao, ucciso a giugno del 2007, ovvero 22 anni di carcere ciascuno. Vent'anni invece sono stati invocati per il presunto nuovo reggente della cosca, Angelo Monti. Ma i pm hanno anche chiesto 10 anni di reclusione per Giovanni "Johnny" Giordano, fondatore delle Brigate Rosanero, per il quale la richiesta di arresto era stata però respinta sia dal gip che dal tribunale del Riesame, in accoglimento delle tesi dell'avvocato Giovanni Castronovo che lo difende.

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Per gli altri imputati le richieste dei pm sono le seguenti: Paolo Alongi 10 anni e 8 mesi, Gianluca Altieri 3 anni, Giacomo Marco Bologna 10 anni e 8 mesi, Salvatore Bongiorno 10 anni, Giovanni Bronzino 12 anni, Francesco Paolo Cinà 5 anni e 8 mesi, Giuseppe Pietro Colantonio 4 anni e 4 mesi, Domenico Canfarotta 12 anni, Giuseppe D'Angelo 4 anni, Nicolò Di Michele 4 anni, Marcello D'India 12 anni, Davide Di Salvo 6 anni, Antonino Fortunato 10 anni, Salvatore Guarino 18 anni, Giuseppe Gambino 14 anni, Gaspare Giardina 3 anni, Danilo Ingarao (fratello degli altri due) 12 anni, Filippo Leto 3 anni e 4 mesi, Matteo Lo Monaco 10 anni, Giuseppe Lo Vetere 12 anni, Vincenzo Marino 3 anni e 4 mesi, Pietro Matranga 6 anni e 8 mesi, Francesco Mezzatesta 6 anni e 4 mesi, Girolamo Monti 17 anni e 8 mesi, Emanuel Sciortino 7 anni, Marilena Torregrossa 10 anni, Vincenzo Vullo 14 anni e per Giovanni Zimmardi 18 anni.

Nel processo si sono costituti parte civile diversi imprenditori taglieggiati (e che avevano denunciato le richieste di pizzo), ma anche alcune associazioni antiracket, tra cui il Centro Pio La Torre, Addiopizzo, Fai, Confcommercio, Sicindustria, nonché il Comune. A rappresentarli sono, tra gli altri, gli avvocati Ettore Barcellona, Francesco Cutraro e Salvatore Caradonna.

I due blitz furono messi a segno tra ottobre dell'anno scorso e marzo scorso. Altri tre imputati, Carmelo Cangemi, Pietro Cusimano e Ignazio Sirchia, hanno scelto il dibattimento e sono già stati rinviati a giudizio, mentre un'altra delle persone coinvolte nell'operazione, Tommaso Lo Presti, 50 anni, cugino dell'omonimo capomafia e accusato di un'estorsione aggravata, senza che fosse stato mai arrestato, è nel frattempo deceduto per Covid.
 

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