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Mafia Tribunali-Castellammare

Racket e razzismo, commercianti di Ballarò in aula accusano gli estorsori

Per portare avanti le loro attività commerciali erano costretti a pagare il pizzo settimanalmente. Alla sbarra nove imputati, arrestati nel 2016 e accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale

Si sono presentati davanti al giudice e hanno confermato le accuse contro i loro aguzzini. Cinque commercianti bengalesi, chiamati a deporre davanti alla terza sezione del tribunale nel processo a nove presunti estorsori, non hanno fatto dietrofront e hanno confermato quanto emerso nel maggio del 2016. I commercianti taglieggiati hanno ricordato le vessazioni e le violenze subite per anni. Ad accompagnare i testimoni al banco dei testi sono stati gli appartenenti all'associazione antiracket Addiopizzo, il cui ufficio legale li assiste anche in giudizio: le vittime si sono costituite parte civile. 

Alla sbarra sono finiti Giuseppe Rubino, Emanuele Rubino, Giacomo Rubino, Vincenzo Centineo, Giovanni Castronovo, Emanuele Campo, Alfredo Caruso, Santo Rubino e Carlo Fortuna. Arrestati nell'ambito dell'operazione "Maqueda", sono accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale.

Le indagini della polizia hanno permesso di portare alla luce un quadro di illegalità dove mafia, pizzo e razzismo si fondono e trovanp terreno fertile nella paura, e nel silenzio, delle vittime. Nel 2016 però alcuni commercianti hanno trovato il coraggio di raccontare i soprusi. Ecco venire a galla una serie infinita di rapine e violenze private. Una volta avviata l’attività, i commercianti erano obbligati a versare denaro con una cadenza settimanale. Il gruppo criminale, per l'accusa, aveva il pieno controllo di Ballarò. Chi non rispettava i malviventi rischiava pesanti ritorsioni, che andavano dalle minacce aggravate, anche dalla disponibilità di numerose armi, a veri e propri pestaggi. 

Blitz a Ballarò, le foto degli arrestati

La svolta, nelle indagini, è arrivata dopo il fermo di Emanuele Rubino per il tentato omicidio di Yusupha Susso, giovane gambiano ferito nell'aprile del 2016  con un colpo d’arma da fuoco alla testa, perchè "colpevole"di avere reagito all’ennesimo atto di sopraffazione gratuita.

Oltre ai bengalesi si sono costituiti parte civile il Centro Pio La Torre, difeso dagli avvocati Francesco Cutraro ed Ettore Barcellona, Confindustria, Confesercenti, Confcommercio, il Comune di Palermo, la Federazione delle associazioni antiracket, Sos Impresa e Addiopizzo.

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