rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Mafia

Avvocato ed emissario del boss collabora coi pm: "Sono pentito e chiedo perdono, vi racconto tutto"

Depositato il primo verbale di Alessandro Del Giudice, accusato di essere stato al servizio del capo del clan di Misilmeri, Pietro Formoso, portando pizzini fuori dal carcere. "Assistevo suo fratello all'ergastolo per la strage di via Palestro e diventammo amici. Aveva tanti soldi, investiva in oro e immobili e giocava ogni giorno 400-500 euro di gratta e vinci..."

Un insospettabile, l'avvocato Alessandro Del Giudice, 51 anni che per molto tempo sarebbe stato l'emissario al di là delle sbarre del boss di Misilmeri Pietro Formoso, i cui fratelli, Giovanni e Tommaso, scontano l'ergastolo per la strage di via Palestro. Adesso, dopo l'inchiesta "Araldo", il legale orginario di Napoli, ma che ha compiuto il suo percorso professionale in città, ha deciso di vuotare il sacco, di raccontare tutto quello che ha fatto e tutto quello che sa.

Depositato il primo verbale

Il primo verbale, 33 pagine stilate il 4 ottobre, è stato depositato stamattina e Del Giudice spiega come ha conosciuto Formoso, descrivendolo come una persona "con una grande disponibilità economica", che "investiva in immobili e oro", ma anche che "giocava 400-500 euro al giorno in gratta e vinci". Rivela tentativi di corrompere giudici che sarebbero stati messi in atto dal boss, di imbrogliare le carte cercando medici "bravi a fare perizie di incompatibilità con la vita carceraria", ma pure che nel tempo, oltre a portare all'esterno i messaggi di Formoso, avrebbe finito per gestirne anche gli affari: dal mandato legale, dunque, a quello mafioso, che costa oggi l'accusa di concorso esterno all'avvocato.

"Sono pentito, chiedo perdono anche al mio Ordine professionale"

Del Giudice, assistito dall'avvocato Monica Genovese, inizia subito spiegando perché vuole parlare con il procuratore aggiunto Salvatore De Luca ed i sostituti Giorgia Righi, Bruno Brucoli e Gaspare Spedale: "Mi sono reso conto di aver sbagliato e me ne sono pentito essendo andato oltre il mio incarico professionale. Sono pentito nei confronti della collettività anche dell'ordine professionale a cui appartengo. Chiedo perdono anche per la mia famiglia e i miei figli".

"A presentarmi il boss fu il fratello del pentito Bisconti"

Poi racconta come ha conosciuto Formoso, che gli sarebbe stato presentato da Piero Bisconti, fratello del boss - oggi pentito - Filippo: "Ho conosciuto Pietro Formoso nel 1997-1998, quando ero ancora praticante. Lui si occupava di vendite fallimentari e vendite di oggetti d'oro. Me lo presentò Piero Bisconti, fratello di Filippo. Mi chiese se potevo difendere il fratello Giovanni, io non potevo e gli presentai il mio dominus, Salvatore Priola. Per un po' non lo vidi più. Sono andato per diversi anni a lavorare a Napoli, dove vive la mia famiglia. L'ho rivisto nel 2012-2013".

"All'inizio il nostro era un rapporto professionale"

Del Giudice spiega che nel 2012 aveva poi aperto un suo studio in via Portella della Ginestra e che avrebbe reincontrato Formoso: "Rividi Formoso nella macelleria di Salvatore Alvares e lui iniziò a portarmi qualche pratica inerente a diversi soggetti, compreso Gaspare Sorrentino, fratello di Salvatore, con problemi che spaziavamo dal civile al penale. Era un'interlocuzione di tipo professionale, sapevo che lui aveva grande disponibilità di denaro, investiva in oro e immobili e sapevo che aveva un deposito di carni. Nel 2013 ha iniziato a darmi del tu e mi ha chiesto di seguire il fratello Giovanni, che ormai aveva l'ergastolo ed era stato al 41 bis e che in quel momento aveva problemi di salute".

"Attraverso un avvocato voleva corrompere un presidente della Cassazione"

L'avvocato racconta poi di un suo collega che, a dire dei Formoso, avrebbe potuto corrompere addirittura un presidente di sezione della Cassazione: "Giovanni Formoso mi ha chiesto di parlare con il fratello Pietro perché c'era un avvocato, G. S., che poteva risolvere tutti i problemi in Cassazione. Pietro Formoso mi disse che un soggetto detenuto con Giovanni gli aveva detto che quest'avvocato avrebbe potuto corrompere il presidente della sezione della Cassazione che si occupava del giudizio di revisione. Lui mi disse qualcosa del tipo: 'Il nero lo fa diventare bianco'. Mi disse il nome del presidente ma non me lo ricordo".

"Incontrai questo legale, ma alla fine non se ne fece nulla"

Poi il rientro a Palermo: "Sono tornato a Palermo e Pietro Formoso mi ha detto che doveva darmi un 'pacco postale'. Si trattava del biglietto dove Pietro Formoso aveva indicato il nome e cognome dell'avvocato, il numero di telefono e dove trovarlo, nonché le ragioni, ossia cercare di risolvere la questione cone il presidente di sezione della Cassazione. Era chiaramente qualcosa di corruttivo. Io ho contattato l'avvocato, l'ho incontrato sul lungomare di Salerno e abbiamo parlato. Lui mi ha detto che il presidente era andato in pensione da poco e che comunque lui queste cose non le faceva, anche perché la moglie era un commissario di polizia. Pietro Formoso mi ha detto: 'Lascia stare, più in là si vede'".

L'usucapione per evitare la confisca di un immobile in viale delle Scienze

Del Giudice riferisce poi di un trucco che i Formoso avrebbero voluto utilizzare per evitare la confisca di un immobile in viale delle Scienze: fare l'usucapione facendo credere che fosse stato occupato per 20 anni di una loro cognata: "Giovanni mi chiese di fare l'usucapione di un immobile. C'era un sequestro di vari immobili dei fratelli Formoso in procedimento di misure di prevenzione. Serviva come strumento per elidere la confisca da parte dello Stato, per salvare il salvabile. Mi disse di parlarne col fratello. Si trattava di un immobile in viale delle Scienze. Ho parlato con Pietro e abbiamo avviato il procedimento, abbiamo fatto un ricorso che però non è stato inoltrato perché mancavano le prove testimoniali e documentali per dimostrare che la cognata possedesse questo immobile da più di 20 anni. Abbiamo inoltrato una richiesta di testimoni falsi, ma non ne abbiamo trovati".

"Giocava ogni giorno 500 euro di gratta e vinci, non sapevo che era mafioso"

Il rapporto con il boss sarebbe poi cambiato: "Poi con Pietro Formoso è nata un'amicizia. Lui giocava ogni giorno 400-500 euro di gratta e vinci, aveva una grandissima disponibilità economica. Era un imprenditore, sapevo che era vicino ad ambienti criminali, ma non sapevo che era mafioso. Però vedevo che aveva diverse 'conoscenze'. Un giorno mi ha chiesto di accompagnarlo al deposito di carni a Misilmeri, io gli ho detto che aveva la misura di prevenzione e non poteva andare, ma alla fine mi sono fatto convincere. L'azienda si chiama 'Zar Carni'". 

"Per Pasqua ordinò 20 capretti, non li pagava e poi li regalava"

Del Giudice svela che più volte Formoso avrebbe violato la misura di prevenzione per andare in quella ditta (già al centro di indagini) di cui sarebbe stato socio: "Poi ci siamo andati di nuovo, a Pasqua del 2013, doveva ordinare 20 capretti che doveva portare alla macelleria di Alvares dove li faceva disossare e poi li regalava. Non li pagava, non l'ho mai visto pagare. Mi diceva che la Zar Carni era sua insieme ad altri soci".

"Investiva in una ditta edile e poi voleva il suo tornaconto"

L'avvocato racconta anche degli affari nel settore immobiliare del boss di Misilmeri: "Pietro Formoso mi presentò Davide Arcuri perché gli avevano sospeso la patente per guida in stato di ebbrezza. Ci siamo incontrati al porto e Arcuri mi ha dato 700 euro come acconto per questa pratica, mi ha regalato anche un panettone e una bottiglia. Aveva un'impresa edile e lavorava con Formoso. Formoso investiva, più volte li ho visti parlare. Erano investimenti ancora in corso. Arcuri riceveva denaro da Formoso, per gli investimenti immobiliari. Formoso chiedeva a che punto erano i lavori, soprattutto ristrutturazioni, una nella zona di piazza Ingastone. Arcuri doveva iniziare un cantiere a Carini. Formoso investiva i soldi e poi voleva il tornaconto. A volte comprava immobili vecchi e li ristrutturava. Un mio amico aveva una palazzina vecchia e Formoso l'ha comprata per 45-50 mila euro in contanti, l'ha ristrutturata e l'ha venduta".

I primi colloqui in carcere nel 2014

Il 21 dicembre del 2013 Pietro Formoso finisce in carcere per una condanna definitiva per traffico di droga: "Io ho depositato un'istanza al tribunale di Sorveglianza per chiedere il differimento, allegando la documentazione medica relativa all'ictus che aveva avuto. Nel 2014 ho iniziato i colloqui in carcere con Pietro Formoso. La prima volta si è un po' adirato perché ancora non avevano risposto alla mia istanza".

I pizzini e la ricerca di un medico "bravo a fare perizie"

E' a quel punto che l'avvocato si sarebbe trasformato nel braccio del boss all'esterno del carcere: "Nel 2014 sono andato più volte a trovare Formoso che era detenuto. In un'occasione ha preso dalla tasca un pezzo di carta e me lo ha dato, dicendo di mettermelo in tasca e guardarlo dopo. Aveva indicato il nome di un dottore che poteva servire al fratello Giovanni, era secondo lui un medico bravo a fare perizie per l'incompatibilità carceraria. Mi ha anche detto di chiamare un professore di Napoli, gli ho porato anche mille euro che mi hanno fatto avere, ma poi lui non mi ha contattato più".

Il mantenimento dei fratelli all'ergastolo per la strage

Del Giudice mette poi a verbale che "in un altro biglietto Formoso mi ha scritto di verificare se Salvatore Alvares, il titolare della macelleria, pagava ogni mese quello che doveva, ossia 2 mila-2.500 euro alla famiglia del fratello, Tommaso Formoso. Alvares dava i soldi perché era in debito delle forniture di carni. Anche con lui Formoso aveva avuto una società. Pietro Formoso aveva il compito di mantenere le famiglie dei fratelli detenuti. Mi sono limitato a portare il bigliettino ad Alvares, ma non so a che titolo lui doveva dare i soldi. Lui mi ha detto che pagava ogni mese".

L'affare della palazzina a Cruillas

Il legale pentito riferisce di un altro investimento del boss: "Nel 2013 mi ha chiamato e mi ha detto che erano andati da lui Giovanni Miserendino e Giacomo Alaimo che gli avevano proposto la realizzazione di una palazzina con 4 piani a Cruillas. Aspettavano l'autorizzazione e Formoso mi ha chiesto di verificare la situazione. Formoso ha dato una caparra di 50 mila euro, mi aveva chiesto di assisterlo nella stipula del compromesso, in cui risultavano Alaimo e La Piana come acquirente e venditore. Formoso metteva i soldi, Miserendino e Alaimo dovevano realizzare l'opera e poi avrebbero diviso i guadagni". Ci sarebbero state delle difficoltà ed era stata necessaria una mediazione. 

"Per recuperare dei soldi feci intervenire mio cugino mafioso e ho sbagliato"

Anche su questa questione, il boss di Misilmeri quando era in carcere avrebbe dato un preciso mandato all'avvocato: "Formoso in carcere mi ha più volte chiesto se Alaimo aveva pagato i soldi che gli doveva. Ho detto che avrei chiesto l'intervento di mio cugino Atanasio Leonforte, che tutti sapevano essere un mafioso, della famiglia di Ficarazzi, poi condannato per 416 bis e lì ho sbagliato".

"Mi disse di dire al debitore di portare tutti i soldi entro Natale"

Prosegue Del Giudice: "Ho chiesto a mio cugino di parlare con Alaimo e di convincerlo a restituire i soldi che doveva a Formoso, che erano circa 10 mila euro. Ho chiesto a lui perché sicuramente la sua parola aveva un peso diverso, data la sua condanna per mafia. Alaimo mi ha dato qualche altra somma. Non so se mio cugino l'ha minacciato. Fomoso mi ha detto che dovevo dire ad Alaimo di portare tutti i soldi entro Natale, a suo dire erano 9.500 euro, mi disse: 'Devi dire a questo scimunito di Giacomino di portare tutti i soldi entro Natale, che non mi faccia uscire pazzo, che non so cosa potrei fare'. La palazzina non è stata più realizzata ed è stato annullato il compromesso".
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Avvocato ed emissario del boss collabora coi pm: "Sono pentito e chiedo perdono, vi racconto tutto"

PalermoToday è in caricamento