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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia

Mafia, colpo al mandamento di Pagliarelli con 5 arresti: nuovo reggente "tradito" dal pranzo di Pasqua

Tra gli uomini finiti in manette c'è Giuseppe Calvaruso, ritenuto l'erede di Settimo Mineo. Viveva in Brasile e da lì avrebbe gestito gli affari del clan, rientrato in città per trascorrere le festività in famiglia è stato bloccato in aeroporto dai carabinieri. Ricostruite le dinamiche per controllare il territorio

Torna a Palermo dal Brasile per trascorrere la Pasqua con la famiglia, ma ad attenderlo in aeroporto trova i carabinieri e le manette. I militari del comando provinciale hanno arrestato Giuseppe Calvaruso (43 anni), ritenuto il nuovo reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli, l'erede di Settimo Mineo, che da tempo si era trasferito in Brasile. L'operazione è stata denominata "Brevis". In carcere, oltre a Calvaruso, altri 4 uomini: Giovanni Caruso, 50; Silvestre Maniscalco, 41 anni; Francesco Paolo Bagnasco, 44 anni; Giovanni Spanò, 59 anni.

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Gli indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione consumata e tentata, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Il provvedimento di fermo è stato emesso dai pm Federica La Chioma e Dario Scaletta, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca della Direzione Distrettuale Antimafia.

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Il ruolo di Calvaruso

Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, dopo l'arresto di Settimo Mineo nell'operazione "Cupola 2.0", il comando del mandamento di Pagliarelli sarebbe passato nelle mani di Calvaruso. Avrebbe "individuato di volta in volta gli uomini più affidabili per la gestione degli affari delle famiglie mafiose a lui subordinate e in particolare Giovanni Caruso quale suo personale referente nel corso della propria assenza dal territorio italiano, avendo soggiornato Calvaruso per molto tempo in Brasile".

E' accusato di avere "mantenuto, attraverso il continuo scambio di contatti, riunioni ed incontri anche in luoghi riservati, un costante collegamento con esponenti apicali dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova, Noce, Villabate, Belmonte Mezzagno per la trattazione di affari mafiosi". E di "essere intervenuto, nella sua funzione di uomo d'onore, per la risoluzione di controversie fra privati", "avere assicurato ''l'ordine pubblico'' sul territorio, ad esempio autorizzando e prendendo parte a un violento pestaggio ai danni di autori di alcune rapine non autorizzate dai vertici mandamentali". Ma anche di "aver assicurato il mantenimento in carcere dei detenuti appartenenti alle famiglie mafiose del mandamento (nel corso di un dialogo intercettato, Caruso rivelava i dettagli degli esborsi ai familiari dei carcerati)". Per i pm avrebbe anche "gestito, per il tramite di prestanome, il controllo di attività economiche dentro e fuori il territorio del mandamento".

 

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La mafia si sostituisce allo Stato

Secondo l'accusa nel mandamento di Pagliarelli l’organizzazione mafiosa ha assunto "una patologica funzione supplente rispetto alle istituzioni dello Stato". Sarebbero emersi diversi episodi riguardanti il "sistematico ricorso (ai boss ndr) di commercianti e imprenditori per ottenere autorizzazioni all’apertura di attività commerciali". Una sorta di “amministrazione mafiosa” o di “giurisdizione mafiosa” nel caso della risoluzione di contrasti.

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La famiglia mafiosa di Pagliarelli secondo gli inquirenti veniva coinvolta, fra le altre cose, per " individuare e punire gli autori di più rapine in danno di un esercizio commerciale"; "rinvenire e restituire ai legittimi proprietari un’autovettura rubata"; "autorizzare l’apertura di nuovi esercizi pubblici".

Rapine non autorizzate, scatta la punizione

Anche i "piccoli" reati dovevano avere il nulla osta dei boss. I pm parlano di "capillare controllo mafioso anche su soggetti dediti alla consumazione di reati predatori, la cui azione criminale in danno di attività commerciali deve essere preventivamente autorizzata da Cosa nostra". Le indagini hanno permesso di delineare, in particolare, un episodio particolarmente cruento. "Il titolare di una rivendita di detersivi, a seguito di due rapine consumate nell’arco di 5 giorni, si è rivolto - dicono gli inquirenti - agli uomini di Cosa nostra per identificare i responsabili delle rapine e per riappropriarsi delle somme di denaro sottrattegli.

L’imprenditore interessava della questione Giovanni Caruso (consegnandogli anche le riprese video della rapina), ritenendolo il referente sul territorio per conto di Cosa nostra; questi si attivava con efficienza per identificare e rintracciare i rapinatori, che venivano sequestrati dai sodali all’interno di un garage, dove venivano trattenuti sino all’arrivo dell’ideatore delle rapine, che veniva 'pestato a sangue' alla presenza di Giuseppe Calvaruso, nel frattempo sopraggiunto. Peraltro proprio il Caruso si occupava, a seguito di richiesta di un commerciante locale di rintracciare in 24 ore un’autovettura rubata".

Il boss con il pallino degli affari e i contatti con Singapore

Secondo le valutazioni degli inquirenti, "la gestione di attività economiche nella veste di imprenditore occulto risulta strettamente connessa all’assunzione da parte di Calvaruso, della qualifica di storico uomo d’onore della famiglia mafiosa di Pagliarelli. Avrebbe mantenuto "relazioni qualificate con gli esponenti di altri mandamenti", e partecipato "alle attività illecite dell’associazione criminale". Elementi che gli avrebbero consentito nel corso degli anni "di acquisire una vasta rete di conoscenze spendibili nei più disparati settori economici, nonché di accumulare ingenti capitali di provenienza illecita, da reinvestire, poi, in società operanti nel settore edile e della ristorazione".

Le vicissitudini giudiziarie hanno fatto sì che Calvaruso si mettesse al riparo da possibili sequestri ricorrendo all' "intestazione fittizia grazie alla collaborazione di fedeli prestanome". Inoltre, "la peculiare e modernissima attitudine imprenditoriale impressa da Giuseppe Calvaruso nella gestione del mandamento di Pagliarelli (rendendolo un fattore di distorsione del mercato) emergeva anche dall’interesse manifestato verso un flusso di capitali provenienti da investitori esteri. In particolare tentava di intessere dei rapporti di natura economica con un cittadino singaporiano, interessato a investire ingenti capitali nel settore edile e turistico alberghiero in Sicilia. Connesse con tali affari vi sono, poi, alcune condotte estorsive, tutte finalizzate a costringere la  proprietàdegli immobili da acquistare e ristrutturare, a rivolgersi alle ditte edili di fatto di proprietà di Calvaruso".

Articolo aggiornato il 5 aprile 2021 alle ore 10,36 // Aggiunti particolari sull'operazione

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