Intoppi per la fibra ottica? Ci pensa "zu Gino": "Chi ha problemi si rivolge ancora alla mafia"
Se qualcuno aveva una necessità, che fosse per una patente o per un posto di lavoro, sapeva di poter contare sulla "famiglia". Che chiedeva una percentuale anche per la compravendita degli immobili. Il questore: "Sottomettersi significherebbe dare loro una chance, non possiamo permettercelo"
Pure per passare i cavi della fibra ottica, a Cruillas, c’era chi si rivolgeva alla "famiglia" per aggirare l’ostacolo e superare il rifiuto del proprietario di un terreno il quale voleva che prima la ditta appaltatrice dei lavori gli riparasse un palo dell’illuminazione pericolante. Ma anche per trovare qualche posto di lavoro o per consentire a un ragazzo, già costretto a fare tardi per lavoro, di prendere la patente per guidare l’autocarro. "Ha l’amore a lavorare però non se la deve prendere la patente?" chiedeva un uomo a "zu Gino" (Biagio Piranio, ndr) che però sottolineava: "Sì ma sempre qualche cosa se la deve studiare".
I nomi degli arrestati
Sono solo alcuni dei dettagli emersi dalle indagini dell’operazione "Padronanza" della Squadra Mobile che ha portato all’alba di oggi all’arresto di 11 persone (9 in carcere, 2 ai domiciliari), in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip de tribunale di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo per i reati di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione e trasferimento di valori. "Oggi più che mai - ha spiegato in conferenza stampa il questore Renato Cortese - sottomettersi significherebbe dare una chance alla mafia e non possiamo permetterci di fare alcun passo indietro. Per questo faccio un appello: invito tutti a ribellarsi, pagare il pizzo significa vanificare tutto il lavoro fatto".
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Secondo quanto emerso dalle indagini una delle figure di vertice era quella di Giovanni Nicoletti, deceduto a febbraio scorso mentre si trovava agli arresti domiciliari. A lui spettava il controllo del "paese", ovvero Cruillas, che rientra nel mandamento della Noce. A rappresentare il suo alter ego, per gli investigatori, era proprio il meccanico pressoché incensurato Biagio Piranio "filtrando gli appuntamenti per il capo e gestendo la rete relazionale della famiglia mafiosa - si legge in una nota - in modo da garantire la riservatezza delle comunicazioni". Sempre a lui sarebbe spettato il compito di curare il settore delle mediazioni nelle transazioni immobiliari ed eventualmente chiedere una percentuale per la "famiglia". "Acquirente e venditore - aggiungono dalla polizia - hanno dovuto versare nelle casse dell’organizzazione mafiosa una somma di denaro a titolo di sensaleria".
La famiglia mafiosa era anche molto attiva anche nelle estorsioni (quattro gli episodi contestati) e nella gestione delle scommesse abusive sulle piattaforme on line. Delegato alla cura di questi affari, secondo gli investigatori, era Francesco Di Filippo, considerato uno dei terminali operativi di Nicoletti. "Il suo ruolo - spiega il capo della Squadra Mobile, Rodolfo Ruperti - emerge dopo la morte di Nicoletti. Già in passato aveva fatto la spola tra il reggente pro tempore e la ‘famiglia’ di Passo di Rigano. Importante anche la figura di Salvatore Alfano che ha avuto diversi contatti con Settimo Mineo". Proprio quest'ultimo, arrestato nel blitz Cupola 2.0, era considerato l’erede di Totò Riina.
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Di Filippo poteva inoltre contare su un "gruppo di soldati spregiudicati e sempre pronti - continuano - ad organizzare pestaggi e danneggiamenti. Tra questi, Angelo De Luca e Vincenzo Lanno". Il primo, su mandato di Di Filippo, si sarebbe anche reso responsabile di un incendio di un terreno a scopo intimidatorio mentre Lanno, spiegano dalla Questura, è stato fermato dalla polizia in compagnia di De Luca poco prima di compiere del danneggiamento di una rivendita di auto. "Quella venuta fuori - afferma Gianfranco Minissale, dirigente della I sezione della Squadra Mobile - è una cultura pseudomafiosa difficile da scalfire. In tanti ancora si rivolgono a certi soggetti con deferenza". Pochi invece quelli che decidono di collaborare con le forze dell’ordine, ancor meno quelli che denunciano.
"Giuseppe Carella - ricostruisce la polizia - era l’interfaccia economica di Nicoletti sul territorio. Tramite due ditte di costruzione, intestate fittiziamente ad Alfonso Siino (per il quale il gip ha rigettato la misura cautelare dei domiciliari, ndr) e oggi sottoposte a sequestro preventivo, aveva conquistato una rilevante quota di mercato nel settore dell’edilizia. Nel febbraio del 2018, con l’operazione Game over, Nicoletti è stato assoggettato a misura cautelare, determinando lo spostamento degli equilibri interni al mandamento verso la famiglia della Noce e, segnatamente, sulla persona di Salvatore Alfano, uomo d’onore di quest’ultima famiglia, tornato in libertà nel novembre del 2015 dopo una lunga detenzione scaturita dall’indagine Gotha".
Stando a quanto emerso nel corso delle indagini Alfano, dopo la scarcerazione, avrebbe mantenuto un profilo basso e riservato per un lungo periodo. "Fino a quando l’arresto di Nicoletti e di Giovanni Musso, all’epoca reggente della famiglia della Noce, lo hanno ‘obbligato’ - concludono dalla Questura - ad assumere la responsabilità di riorganizzare la compagine mafiosa, ponendosi quale punto di riferimento dell’intero mandamento. A partire da quel momento, tra i mesi di giugno e dicembre 2018, ad ulteriore testimonianza della centralità del boss della Noce nelle dinamiche mafiose palermitane, sono stati documentati numerosi incontri tra lo stesso Alfano e diversi personaggi di spicco di cosa nostra palermitana".