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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

Dal pizzo alla riffa per la festa di Sant'Anna, commercianti denunciano: 20 fermi al Borgo

L'operazione dei carabinieri "Resilienza" è scattata all'alba. Tra le persone fermate c'è Angelo Monti, considerato il reggente della famiglia. Sotto la lente i rapporti con alcuni cantanti neomelodici e l'ingerenza nei confronti dei gruppi ultras. Ricostruito anche il movente di un tentato omicidio

Si occupavano dello spaccio di droga, riscuotevano il pizzo e i soldi della “riffa” investendoli per ingaggiare cantanti neomelodici per la festa della patrona di Borgo Vecchio, Sant’Anna, arrivando ad esercitare la loro pressione pure nei rapporti fra gruppi ultras. I carabinieri hanno eseguito questa mattina un provvedimento di fermo d’indiziato di delitto nei confronti di 20 persone ritenute a vario titolo responsabili dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata ai furti e alla ricettazione, tentato omicidio aggravato, danneggiamento seguito da incendio, estorsioni consumate e tentate aggravate, danneggiamento aggravato, furto aggravato e ricettazione.

L'elenco completo degli indagati

Operazione Resilienza, le 20 persone fermate

Alla guida del gruppo criminale, stando alle indagini coordinate dalla procura distrettuale antimafia e culminate nell'operazione denominata "Resilienza", ci sarebbe stato Angelo Monti, il nuovo reggente che si sarebbe occupato della riorganizzazione della “famiglia” dopo l’operazione risalente a novembre 2017. Al suo fianco alcuni uomini di fiducia, ognuno dei quali con un compito preciso: Girolamo Monti, fratello e alter ego di Angelo, Giuseppe Gambino, al quale era affidata la cassa comune, Salvatore Guarino (già condannato in via definitiva per associazione mafiosa), uomo di riferimento per le attività estorsive insieme a Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto. E per finire Jari Massimiliano Ingarao, nipote di Angelo Monti, referente per il settore del traffico di stupefacenti.

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Neomelodici, pizzo e riffa per la festa di Sant'Anna

Nel corso delle indagini i militari del Comando provinciale hanno ricostruito le dinamiche che regolavano la quotidianità a Borgo Vecchio. Il gruppo criminale si sarebbe occupato di stabilire persino quali cantanti neomelodici dovessero salire sul palco in occasione delle feste, imponendo il pagamento della “riffa” a gestori di locali e titolari di attività commerciali e fornendo le "autorizzazioni" agli ambulanti per vendere bibite e cibo. “In tale contesto - si legge in una nota - risulta particolarmente significativa la vicenda inerente le relazioni dei mafiosi di Borgo Vecchio con un neomelodico catanese, legato da vincoli di parentela ad importanti esponenti apicali di quella criminalità organizzata, in solidi rapporti con Jari Ingarao tanto da fargli visita presso la sua abitazione mentre questi era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari”.

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Il cantante, ricostruiscono i carabinieri, avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una serata ma l’evento venne rinviato dopo le polemiche seguite alla messa in onda, a giugno 2019, di un noto programma televisivo nel corso del quale venivano espressi commenti “infelici” sul conto dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’intera vicenda e alcune successive esternazioni fatte per mostrare vicinanza ad esponenti della criminalità organizzata, avevano però comportato una serie di divieti emessi dalle competenti autorità che avevano di fatto bloccato l’esibizione del cantante.

Il pizzo e le denunce

Durante il periodo preso in esame per le indagini sono stati ricostruiti 22 casi di estorsione “classica”, 16 dei quali non andati a buon fine, e due con il metodo del “cavallo di ritorno”. “Il dato che maggiormente conforta deriva dal numero delle denunce spontanee da parte di imprenditori e commercianti. Ben 13 casi sono stati scoperti grazie alle denunce autonome dei commercianti, mentre altri 5 episodi sono stati ricostruiti autonomamente grazie alle indagini ma poi confermati pienamente dalle vittime.

Gli equilibri tra mafia e ultras

Dal lavoro degli investigatori è emerso un “quadro di rapporti - aggiungono dal Comando - tra le tifoserie calcistiche palermitane e Cosa nostra. Anche se dal punto di vista territoriale lo stadio Renzo Barbera ricade nel territorio di confine fra i mandamenti mafiosi cittadini di Resuttana e San Lorenzo-Tommaso Natale i vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio hanno mostrato un pressante interesse affinché i contrasti fra gruppi ultras organizzati del Palermo fossero regolati secondo le loro direttive, evitando spiacevoli scontri fra ultras all’interno della struttura sportiva, ritenuti da un lato dannosi per lo svolgimento delle competizioni e dall’altro fonte di possibili difficoltà per uno storico capo ultras rosanero, elemento di contatto fra cosa nostra e il variegato mondo del tifo organizzato cittadino”.

Il tentato omicidio e l’intervento della "famiglia"

Nel corso delle indagini è stato ricostruito anche il tentato omicidio di Giovanni Zimmardi, “un appartenente alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio e dedito per conto della stessa a riscuotere il pizzo”, contestato a Marcello D’India e Giovanni Bronzino. Tutto sarebbe accaduto all’interno dell’auto della vittima poi incendiata. Le attività tecniche, concludono i carabinieri, hanno permesso di individuare i responsabili e ricostruire il movente: Zimmardi avrebbe contestato ai suoi aggressori di aver pagato la cena in una trattoria della zona con banconote false, scatenando così la loro furia.

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