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Boss e droga, le intercettazioni: "Comanda il vecchio, io sono come Scarface e ho la nausea dei soldi"

I retroscena dell'inchiesta che ha portato ai domiciliari anche Giuseppe Marsalone che, assieme a Michele Micalizzi tornato libero dopo aver scontato oltre 20 anni di carcere, avrebbe gestito lo smercio di stupefacenti con Campania e Calabria. La base operativa nel centro sportivo "Big Sport" vicino al Policlinico

Si sarebbe sentito come "Scarface", avrebbe incassato così tanti soldi ("li pesavo") con lo smercio di droga da averne letteralmente la nausea. Poi per Giuseppe Marsalone sono arrivati arresti e sequestri, ma tra il 2019 ed il 2020, come documentato dai carabinieri nell'operazione "Gold Green" di stamattina, si sarebbe occupato a tempo pieno di acquistare e rivendere soprattutto hashish e cocaina. "Comanda il vecchio" e "io dipendo dal vecchio", diceva però in alcune intercettazioni Marsalone, che è finito in carcere, e il "vecchio" per gli inquirenti sarebbe Michele Micalizzi (genero di Rosario Riccobono, storico boss di Partanna Mondello eliminato nella seconda guerra di mafia), che è finito ai domiciliari.

Micalizzi è una figura ben nota alla Procura: già condannato per omicidio, rapina, furto e traffico di droga, dopo aver scontato una condanna a 20 anni e 8 mesi era rientrato a Palermo il 21 novembre 2017. E anche lui si sarebbe occupato del traffico di stupedacenti, secondo l'accusa. Nelle intercettazioni vene chiamato anche "zio Michele" ed indicato come "colui che comanda allo Zen".

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Dallo spaccio alla Kalsa ai cognomi altisonanti in Cosa nostra

L'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma è partita dallo spaccio di droga alla Kalsa ed è poi risalita ad una rete molto più vasta, con contatti in Campania ed in Calabria, dove rifornirsi di sostanze da smerciare poi in diverse zone della città. In questo contesto sono emerse come figure di spicco proprio quelle di Salvatore e dei due Giuseppe Marsalone (classe 1972 e 1976) e di Micalizzi, ma anche altri personaggi, come Girolamo Celesia, detto Jimmy, già arrestato in uno dei blitz contro il clan di Brancaccio, Maurizio Di Fede, del clan di Roccella, solo per citarne alcuni. Nell'ordinanza del gip Lirio Conti, però, spuntano anche alcuni cognomi altisonanti all'interno di Cosa nostra, come Bontate e Spadaro.

La base operativa nel centro sportivo "Big Sport"

A giudicare dalle decine di chili di droga già sequestrati durante l'indagine e dal giro di soldi vorticoso che si ricava dalle intercettazioni, quello bloccato dai carabinieri era un business di alto livello. Trasversale, peraltro, cioè condiviso da vari clan da Porta Nuova a Brancaccio, passando dallo Zen fino a Tommaso Natale. Una delle basi operative della presunta banda sarebbe stata il "Big Club Sport" di via Maurizio Ascoli, il centro sportivo gestito dai Marsalone. Qui sarebbero avvenuti incontri e discussioni di affari.

I calabresi, la coca e l'incontro con Micalizzi

A Palermo, a più riprese, sarebbero venuti i fornitori calabresi, Leo Brancatisano e Andrea Mollica. In un caso, il 26 luglio del 2020, avrebbero trasportato la cocaina nel cofano della loro auto e ad accoglierli sarebbero stati proprio Giuseppe Marsalone e Micalizzi. I quattro si sarebbero prima visti in un notissimo bar del centro città e poi si sarebbero spostati in piazza Edison per poter analizzare il "materiale" e trattare. Micalizzi, durante il viaggio, diceva a Marsalone: "Tu ogni tanto guarda se c'è qualcuno che ci segue". Dopo essersi fermati, Marsalone discuteva dell'affare con Micalizzi: "A 30, dice che loro la prendono a 30, 35... Minchia la prendono dagli albanesi, la vendono a meno... tre anni fa l'avevano a 15, 16, massimo 20...".

"Il vecchio se ne va all'antica..."

I due calabresi, però, non sarebbero andati a genio a Micalizzi perché "il vecchio se ne va all'antica", spiegava Marsalone. I fornitori, infatti, avrebbero avuto l'abitudine di presentarsi a Palermo avvertendo all'ultimo momento e sarebbero stati anche poco prudenti. "Il vecchio, minchia è pesante - spiegava Marsalone - dice 'minchia sono stravaganti questi due', il vecchio se ne va all'antica... 'Questi non è che possono scendere così all'improvviso, non mi piace questi come lavoarono'... Il vecchio non si vuole immischiare...". In un altro dialogo aggiungeva: "Lui (Micalizzi, ndr) ora diventa un pazzo, ma loro (i calabresi, ndr) lo sanno che io dipendo da loro... quello (sempre Micalizzi, ndr) è al corrente di tutte cose, se lui mi dice fermati io mi devo fermare... Lui già li voleva mandare la prima volta... perché questi sono pazzi, sono andati a dormire in un albergo e gli hanno dato i documenti... dice: 'Digli che se ne vannno... Ora li vedono con te poi ti vedono tutto il giorno con me, lo sai quanto prendiamo tutti e tre messi insieme, i numeri della tombola vedi che non ci bastano'"

"E' voluto bene, comanda lui" 

Erano gli stessi indagati a riferire del potere di Micalizzi, del suo presunto ruolo apicale nella gestione dello smercio di droga: "E' voluto bene, comanda lui - diceva sempre Marsalone - fidati di me, comanda lui, solo che è scaltro, sono tutti sotto a lui... Io li vivo, li vedo... A Isola abbiamo avuto un discorso pure e se ne sono andati allo Zen e allo Zen gli hanno detto: 'Noi alziamo le mani, visto che c'è lui non ci immischiamo'. Lo sai cosa fa lui? Cammina con gli appuntamenti e poi ci dice 'ma me li scordo come devo fare...'" e il suo interlocutore, rimasto a piede libero, concordava: "E' rispettato, è voluto bene, però in questo minuto il materiale è allo Zen".

Il test di qualità: "Ora la facciamo provare pure allo Zen"

La droga poi avrebbe dovuto superare diversi test prima di essere acquistata e poi piazzata. Ed uno dei controlli di "qualità" sarebbe stato fatto proprio da Micalizzi. Marsalone spiegava a Brancatisano: "Ne ho una, così gliela faccio provare. Ora gliene diamo una al vecchio che la fa provare pure allo Zen, almeno le risposte devono essere tutte e tre uguali. Se non è buona per uno non deve essere buona per gli altri... Preferisco perdere un po' di tempo ma fare le cose sistemate... Perché dobbiamo stare tranquilli, perché se dobbiamo guadagnare mille euro, dobbiamo guadagnare, se dobbiamo fare solo danno, non ne parliamo più".

"Io sono come Scarface, mi è venuta la nausea dei soldi"

In una delle intercettazioni Marsalone raccontava poi la sua storia personale a Brancatisano, di appena 27 anni, ed emergevano anche differenze culturali: il palermitano si paragonava a Scarface, il personaggio interpretato nel film cult del 1983 dallo stesso nome da Al Pacino, mentre i riferimenti del calabrese sembravano essere molto più recenti, ovvero "Gomorra". "Non è che mi piace - confidava Marsalone - faccio sempre più soldi, hai presente il film come si chiama?" e l'altro rispondeva: "Gomorra?" e Marsalone lo correggeva: "No, Gomorra non l'ho visto mai, e come cazzo si chiama... Scarface... Io i soldi li pesavo veramente, così facevo, parola d'onore, io ero stanco, avevo 7 persone che contavano soldi, io avevo un tavolo per tre volte questa macchina pieno pieno di soldi, tutto il giorno. Avevo un punto che glieli facevo posare perché ero stanco. Aspetta, io camminavo senza una lira in tasca, perché hai presente quando hai la nausea... Abbili che ho fatto con questi soldi, però sono finiti, sai, tra quello che mi hanno sequestrato, otto appartamenti sono finiti.... Ti dico la verità oggi come oggi non lo farei più questo lavoro, io prendo i soldi e li metto sotto terra, ma chi a minchina io compro appartamenti e voi ve li prendete e com'è finita. Chi è? Basta che scrivono prendi e levano e quindi... Ho giurato, basta finiu, finiu... Io ne ho persi tanti strada facendo, tanti, tanti, tanti".
 

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