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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mafia Partinico

Fiumi di droga, spedizioni punitive e l'agente talpa dei mafiosi: 81 arresti a Partinico

La doppia inchiesta condotta dai carabinieri (operazione Gordio) e dalla Dia (operazione Pars iniqua). Le prime indagini risalgono al novembre del 2017, dopo il monitoraggio dei rapporti tra l’imprenditore O.L.C. e Michele Vitale. L'elenco degli indagati

Cinque gruppi criminali dediti allo spaccio di grosse quantità di sostanze stupefacenti nel territorio del mandamento mafioso di Partinico. Chili e chili di marijuana nostrana o hashish e cocaina importati da Lazio e Calabria, spedizioni punitive, danneggiamenti e anche un agente penitenziario del Pagliarelli corrotto per far arrivare messaggi fuori e dentro il carcere. C’è questo e tanto altro nelle due inchieste condotte dai carabinieri (operazione Gordio) e dalla Dia (operazione Pars iniqua) sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo. Il gip ha firmato un’ordinanza disponendo il carcere per 63 persone e i domiciliari per altre 18. Obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria per altri quattro indagati.

Le intercettazioni: "Sono cani senza padrone" | Video

Le prime indagini risalgono al novembre del 2017, dopo il monitoraggio dei rapporti tra l’imprenditore O. L. C. e Michele Vitale, esponente della famiglia dei "Fardazza". "La ricostruzione degli assetti criminali - si legge in una nota del Comando provinciale dei carabinieri - ha permesso di rilevare gravi indizi di colpevolezza nei confronti di tre membri della storica famiglia Vitale: Giuseppa, conosciuta come Giusy, in passato reggente del mandamento e poi collaboratrice di giustizia, attualmente non sottoposta al programma di protezione, la sorella Antonina e il figlio di quest’ultima, Michele Casarrubia".

La lista completa degli indagati

Come evidenziato dal gip nell’ordinanza cautelare è emersa "l’immagine di una vera e assai allarmante balcanizzazione degli scenari criminali partinicesi" che consente di "presagire futuribili scenari di nuove e forse imminenti guerre di mafia nella provincia palermitana storicamente nota come tra le più attive nell'ambito criminale del traffico di stupefacenti". In tale scenario è stata ipotizzata - per Nicola Lombardo, Nunzio Cassarà e Michele Vitale - l’appartenenza alla famiglia di Cosa nostra partinicese declinata attraverso le "tradizionali forme di intermediazione parassitaria sia nel controllo di attività commerciali ed imprenditoriali che nella risoluzione di controversie private, ricorrendo talvolta ad allarmanti condotte minatorie e violente".

"Giusy Vitale ancora dentro le dinamiche di Cosa nostra" | video

Ci sono problemi? Ci pensa Nicola Lombardo

Nicola Lombardo è il genero dello storico capomandamento di Partinico Leonardo Vitale (66 anni) già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel processo scaturito con il blitz del 2004 Terra bruciata. Nel corso delle indagini Lombardo "è stato più volte individuato - si legge ancora nella nota - quale soggetto deputato alla risoluzione di controversie tra privati, esprimendo così il suo prestigio criminale derivante dal suo inserimento organico nella famiglia mafiosa".

A titolo esemplificativo c’è un episodio, registrato nell’agosto del 2017, in cui un uomo si rivolge a Lombardo attraverso Nunzio Cassarà per chiedergli di prendere provvedimenti nei confronti del buttafuori di una discoteca di Balestrate per aver aggredito suo figlio, la notte di Ferragosto, procurandogli 30 giorni di prognosi. "In un’altra circostanza - spiegano ancora i carabinieri - è stato documentato l’intervento di Lombardo in una controversia tra due imprenditori per la violazione degli accordi per la concessione d’uso di alcune macchinette del caffè. L’influenza mafiosa sul territorio si è manifestata anche nel recupero di un mezzo agricolo rubato a un sodale del gruppo criminale e nell’ottenimento di un risarcimento in favore di un agricoltore le cui colture erano state danneggiate dal pascolo di animali condotti da un pastore. Infine Lombardo è stato chiamato in causa per l’individuazione dei responsabili di un furto commesso all’interno di un esercizio commerciale gestito da alcuni imprenditori cinesi".

L'agente corrotto e i messaggi in carcere

Cassarà, ricostruiscono gli investigatori, avrebbe mantenuto i rapporti con Francesco Nania, tratto in arresto per associazione mafiosa nel febbraio 2018 perché considerato referente della famiglia di Partinico. "Le comunicazioni di Nania verso l’esterno - proseguono dal Comando - sono state inoltre favorite da Giuseppe Tola, titolare di un’agenzia immobiliare di Partinico, che ha messo a disposizione di Cosa nostra, quale propria fidata risorsa, un agente di polizia penitenziaria. L’agente ha favorito Nania rendendo possibili scambi epistolari dal carcere". L'agente avrebbe inoltre rivelato agli indagati informazioni relative all’organizzazione della struttura carceraria per ostacolare le indagini ed evitare le intercettazioni. I servizi resi dall’agente sarebbero stati retribuiti da Tola con piccoli regali come generi alimentari (ricotta, arance, carne di capretto), capi di abbigliamento (felpe, tute), il lavaggio mensile dell’auto e l’acquisto di carburante ad un prezzo inferiore a quello di mercato.

Le ingerenze nell’amministrazione comunale di Partinico

Nel luglio 2020, il Consiglio comunale di Partinico è stato sciolto con decreto ministeriale su proposta della Compagnia dei carabinieri di Partinico per “ritenuti condizionamenti mafiosi dell’attività amministrativa”. Il provvedimento ha riguardato esclusivamente il Consiglio visto che il Sindaco, già aa maggio 2019, aveva rassegnato le proprie dimissioni con conseguente decadimento della Giunta. “Le attività di indagine da cui è scaturito questo provvedimento cautelare - ricostruiscono nella nota del Comando - hanno interessato il biennio 2017/2019 e hanno consentito di registrare parte delle dinamiche amministrative e documentare aderenze tra alcuni degli indagati e diversi politici locali. Tali acquisizioni sono state valorizzate per promuovere l’accesso ispettivo insieme ad altri elementi rilevati da altre indagini”.

La cocaina comprata dai Casamonica

Nel novembre 2018 Michele Casarrubia si reca a Roma per trattare l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi, conosciuto come Claudio Casamonica, personaggio dell’omonimo clan romano poi deceduto per Covid. “All’incontro, interamente registrato, partecipa tra gli altri anche l’allora collaboratrice di giustizia Giusy Vitale, destinataria dell’odierna misura cautelare (arresto in carcere) per essersi approvvigionata di un quantitativo di cocaina da fornitori calabresi di Milano e Bergamo”, spiegano i carabinieri. “Le conversazioni registrate tra Vitale e il nipote - aggiungono - hanno messo in luce l’ausilio fornito dalla prima al nipote nell'interpretare fatti e accadimenti relativi all'attività di traffico di stupefacenti svolta dallo stesso. L’autorità giudiziaria ha quindi evidenziato come sia ‘pertanto assolutamente chiaro come la donna non si sia dissociata dall'ambiente criminale in genere e da cosa nostra partinicese in particolare’”.

In particolare, riprendendo il contenuto del provvedimento del gip, "tale ultimo aspetto (la mancata dissociazione, ndr) emerge in maniera chiara nel corso di una conversazione registrata nel dicembre 2018 quando la Vitale, dopo aver ascoltato quanto riferito dal nipote sul comportamento tenuto dal cugino Michele Vitale con Salvatore Primavera, commenta la convocazione di Vitale da parte di appartenenti a Cosa nostra partinicese evidenziando la normalità della procedura pienamente conforme alla regola. La conversazione è stata registrata in occasione di un ulteriore incontro tra la Vitale e il nipote avvenuto a Roma nel dicembre 2018. Casarrubia, informando la zia su alcune questioni le riferisce che, a seguito di un furto di marijuana commesso dal cugino nei confronti di Salvatore Primavera, il primo è stato "chiamato": la notizia non sorprende la donna che ritiene anzi l’iniziativa assolutamente fisiologica perché conforme alle regole di Cosa nostra".

Le indagini della Dia

Il risultato ottenuto oggi è anche frutto delle investigazioni della Dia che già a marzo 2018, con l’operazione Pars Iniqua, aveva definito gli assetti e l’operatività di un’articolata consorteria criminale riconducibile ai “Fardazza” non solo per lo spaccio di marijuana ma anche per la gestione di un vasto traffico di droga con forniture della ‘ndrina dei Pesce di Rosarno (Reggio Calabria), cui appartengono Pesce, Grasso e Canori, noto narcotrafficante romano che già nel 2021 era stato catturato in Spagna dove voleva “trascorrere la latitanza perché ricercato sempre per reati concernenti gli stupefacenti e per questo allora inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi in campo nazionale”, si legge ancora nella nota.

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