Mafia e pizzo a Brancaccio: un indagato va ai domiciliari, altri undici restano in carcere
Il gip non ha convalidato il fermo eseguito martedì da carabinieri e squadra mobile, ma ha disposto la detenzione in cella tra gli altri per Giuseppe Greco e Giuseppe Caserta. Sarà recluso in casa per gravi motivi di salute invece Ignazio Ingrassia. Per altre quattro persone dovrà pronunciarsi il giudice di Termini Imerese
Per ora va agli arresti domiciliari soltanto Ignazio Ingrassia, il "boiacane", e per gravi motivi di salute, mentre altri undici fermati martedì nell'operazione congiunta di carabinieri e squadra mobile contro il clan di Brancaccio restano tutti in cella: il gip Lirio Conti non ha ravvisato il pericolo di fuga e non ha dunque convalidato il provvedimento, ma, ha comunque applicato la custodia cautelare in carcere. Per altri quattro indagati la convalida è in corso davanti al gip di Termini Imerese.
Accogliendo le richieste del procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dei sostituti Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, che coordinano l'indagine, il giudice ha disposto il carcere per Giuseppe Greco (nipote del "papa" di Cosa nostra, Michele, che avrebbe preso il controllo del clan di Ciaculli dopo l'arresto del cugino Leandro con il blitz Cupola 2.0), Giuseppe Caserta (che appena scarcerato, il 31 maggio scorso, si sarebbe subito rimesso in pista), Sebastiano Caccamo, Girolamo "Jimmy" Celesia, Maurizio Di Fede, Giovanni Di Lisciandro, Giuseppe Giuliano, Salvatore Gucciardi, Stefano Nolano, Gaspare Sanseverino (nipote del pentito Gaspare Spatuzza) e Filippo Marcello Tutino. Le posizioni di Rosario Montalbano, Onofrio Claudio Palma, Giuseppe Ciresi ed Angelo Vitrano sono invece al vaglio del gip di Termini.
L'inchiesta ha messo fra l'altro in evidenza la riorganizzazione della cosca, in particolare quella di Ciaculli, ma anche che nel mandamento il pizzo sarebbe stato imposto a tappeto, anche in pieno lockdown e senza che alcun imprenditore si ribellasse.