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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia Tribunali-Castellammare

Il "picciotto" e la promessa di fedeltà al boss Franco Mulè: "Per te mi butto pure da una montagna"

Dalle intercettazioni dell'operazione "Centro" emerge uno spaccato sui vincoli interni al clan che sarebbe stato guidato dal vecchio mafioso con il figlio Massimo. Uno degli indagati, rimproverato per non essere stato abbastanza operativo, sosteneva di essere pronto a dare anche la vita per il capo

"Se tu me lo chiedi, io mi vado a buttare pure da una montagna". Non avrebbe avuto dubbi Salvatore Gioeli, nel giurare fedeltà eterna al suo capo: se Francesco Mulè, vecchio boss ergastolano, poi tornato libero e oggi accusato di essere stato il reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, gli avesse chiesto di ammazzarsi, lui l'avrebbe fatto. La breve intercettazione contenuta nel fermo emesso giovedì scorso contro il clan offre uno spaccato (desolante) dei vincoli interni a Cosa nostra, quelli che poi la rendono più forte e pervasiva sul territorio.

La disponibilità estrema di Gioeli - che è finito in carcere insieme a Mulè, ma anche al figlio Massimo e ad altri 6 indagati con il blitz "Centro" dei carabinieri - veniva manifestata dopo un rimprovero abbastanza pesante da parte del boss, che lo accusava di essersi "disimpegnato", di essere rimasto "affacciato al balcone" per 4 anni, insomma di non essersi dato da fare per la cosca che, secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale, avrebbe guidato.

"Qui pagano tutte le bancarelle", ma nessuno denuncia il pizzo

Ciò che sorprende nell'atto di sottomissione di Gioeli è che se nella gerarchia della cosca può essere considerato un "picciotto", nella sostanza non lo è affatto: già condannato in via definitiva a 11 anni e 4 mesi per aver fatto parte proprio del clan di Palermo Centro fino al 1996, ha 56 anni ed ha pure un soprannome - "Mussolini" - che non fa decisamente pensare ad una persona remissiva.

Il rimprovero del boss: "Dove sei stato per 4 anni?"

"Forse non mi spiego - diceva Mulè a Gioeli - ora ti sto avvisando proprio io, cerca di guadagnarti il pane, con la benzina, con questo 'cotoletta', tutti quanti siete che non c'è più niente, non andare da nessuna parte, perché poi sono cazzi vostri, va bene?". E Gioeli replicava, giustificandosi: "No e chi? Uno non va da nessuna parte, dove devo andare io, uno non si muove, uno non è che da qualche parte va, io non sono andato da nessuna parte, quando è venuto qualcuno io...".

Le "talpe" al servizio dei boss

"Sono a disposizione, sono cresciuto con lei..."

Ma Mulè insisteva e gli contestava la sua assenza: "Affacciato al balcone, ma dove sei stato? E' da 4 anni che sono uscito e tu non ci sei, dove sei stato?". Allora Gioeli affermava: "Ma io quando c'è cosa io sono qua, dici: 'Salvo, t'a ghiri a ghiccari dalla montagna!' e io ci vado a buttarmi, perché io sono cresciuto con lei... E' vero che sono stato un poco lontano, ma sono stato sempre... Io mi vado a buttare dal balcone, perché è giusto così, io sono sempre qua... a disposizione". Mulè quindi chiosava: "Ma ormai non hai niente di andarti a buttare, quello che ti consiglio è che ti guadagni il pane pure tu, non c'è più niente di prassi perché è finito il film, mi hai capito?".

La "riffa" imposta ai commercianti

"Il signor Franco lo ha mortificato..."

Del rimprovero a Gioeli si sarebbe saputo all'interno della famiglia mafiosa, tanto che un altro degli arrestati, Giuseppe Mangiaracina, raccontando l'episodio ad altri, sosteneva che "il signor Franco (Mulè, ndr) lo ha mortificato". Durante l'interrogatorio per la convalida dal fermo Gioeli ha sostenuto di essersi dissociato da Cosa nostra, ma il gip Fabio Pilato, proprio alla luce di queste intercettazioni, ha ritenuto questa affermazione poco plausibile.

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