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La riunione tra i capi nella casa segreta di Baida: "Tavola piena di dolci, mancava solo un boss..."

A ricostruire i retroscena di quell'incontro tra i capiclan - fondamentale per costituire la Cupola - è Francesco Colletti, del mandamento di Villabate, che ha deciso di collaborare con la giustizia. La strana assenza di Filippo Bisconti: "Lo abbiamo aspettato per due ore, c'erano Mineo, Di Giovanni e gli altri uomini d'onore..."

Una vecchia casa nella zona di Baida, lontana da occhi indiscreti, cui si accedeva dopo aver bussato a una porta. Era quello il luogo segretissimo scelto dai capi mandamento per una delle riunioni organizzate dalle famiglie mafiose che intendevano ricostruire la Cupola, unico organo deputato a decidere su determinati argomenti. “Ho trovato là dentro Mineo, già era seduto, c’era un tavolo imbandito con dei dolci, Michele Greco che era già a tavola, Gregorio Di Giovanni… Era una casa, mobili vecchi, vecchia casa, molto vecchia. Dopo mezzoretta è venuto Calogero Lo Piccolo. Mi sono stati presentati come uomini d’onore, erano tutti uomini d’onore”. A svelare i retroscena di quell’incontro avvenuto il 29 maggio 2018 è Francesco Colletti, ritenuto boss di Villabate ma diventato collaboratore di giustizia pochi giorni dopo il blitz in cui, oltre a lui, è stato arrestato Settimo Mineo, considerato l’erede di Totò Riina.

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Muoversi senza destare sospetti o “fare rumore” era uno dei principali accorgimenti da adottare per evitare sgradevoli sorprese. Colletti, parlando con i magistrati, ha spiegato tutte le fasi di quella giornata in cui avrebbe incontrato gli altri capi mandamento. A invitarlo, come messo a verbale, sarebbe stato lo stesso Leandro Greco (28 anni), nipote del più famoso boss conosciuto come il “Papa”. Proprio per questa ragione gli piaceva farsi chiamare come il nonno, Michele. Nonostante la sua giovane età sapeva bene il ruolo che avrebbe potuto assumere, come ammettevano altri uomini d’onore che riconoscevano il suo rispetto per le regole antiche ("un giovane con la testa di un vecchio"). “Mi ha dato di farmi lasciare da solo in via Michelangelo. Venne un motore - spiega il collaboratore riferendosi a Greco - ed era Giovanni Sirchia. Abbiamo fatto un bel po’ di strade di campagna”.

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Ad attenderlo lì c’erano gli altri vertici, ma solo i capi mandamento potevano accedere e ascoltare la riunione. Mancava solo Filippo Bisconti, uomo di spicco del mandamento di Belmonte, che pochi giorni dopo Colletti ha deciso di intraprendere la stessa strada e collaborare con la giustizia. Tornando alla riunione, ha riferito Colletti agli inquirenti, “si aspettava il Bisconti che doveva essere lì nello stesso orario, siamo stati un paio d’ore ad aspettare. L’importanza di questa riunione era innanzitutto conoscerci per le persone che non ci conoscevamo e poi si dovevano fare altre riunioni, conoscere gli altri capi mandamento perché diverse famiglie, come quella di Villabate, si dovevano formare. In quel contesto si è parlato di regole. Dovevamo fare una riunione ogni due mesi, prima per conoscerci tutti quanti”.

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Bisconti quel giorno, come chiarito a poche ore dal blitz di stamattina dagli investigatori, evitò di presentarsi all’incontro temendo di essere seguito e di far saltare tutta la copertura. La sua però era soltanto una scusa. “In realtà - spiega il procuratore aggiunto Salvo De Luca, della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Palermo - temeva la pericolosità della commissione che voleva accentrare il potere sulle famiglie palermitane e relegare quelle della provincia a un ruolo secondario”. Anche Colletti ricostruendo un altro incontro più intimo avvenuto a Palermo, nei pressi della chiesa della Magione, si era reso conto che forse Greco voleva tagliare fuori qualcuno in virtù delle regole che si erano dati. “La spiegazione che mi dà - ha aggiunto ancora Colletti riferendosi a un precedente colloquio con il nipote del “Papa” -  è che visto che il Bisconti doveva portare i rappresentanti dei paesi, non potevamo fare riunioni dieci persone, venti persone, quindici persone”. Scongiurare l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe stato più difficile.

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“Ti fai rappresentare - continua - o da me o da decidere tu qualcuno di questo gruppo. Quando finiscono le riunioni la persona che ha rappresentato il tuo mandamento ti dirà le situazioni”. Ma Colletti non gradì questa circostanza e lo riferì a Bisconti che gli rispose: “C’è qualcosa che non va”. Quanto riferito ai magistrati dai due rappresentanti di Villabate e Belmonte, arrestati con il blitz Cupola, avrebbe fornito elementi utili a confermare il quadro già ricostruito da carabinieri, polizia e Procura, che la scorsa notte hanno fermato sette persone per stroncando nuovamente ogni tentativo di ricostituire la commissione provinciale (vero pallino delle famiglie mafiose sin dalla morte di Totò Riina), evitando che i boss dei vari mandamenti si riunissero per stabilire eventuali spostamenti dei confini, la spartizione dei traffici di droga o di altri business e la "competenza" sulle aree dove magari riscuotere il pizzo o altro.

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