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Venerdì, 19 Aprile 2024
Mafia Arenella-Vergine Maria

Mafia e pizzo all'Arenella: arrivano due condanne, assolto il fratello del boss Gaetano Scotto

Gli imputati erano stati arrestati nel blitz "White Shark" della Dia, a febbraio dell'anno scorso. Il giudice ha inflitto 8 anni a Paolo Galioto, che si sarebbe occupato delle estorsioni, e 2 anni e 8 mesi a Vito Barbera, accusato di favoreggiamento aggravato. Scagionato invece Pietro Scotto

Nonostante il suo cognome sia strettamente legato alla cosca dell'Arenella, non sarebbe stato lui a gestirla: Pietro Scotto, uno dei fratelli del boss Gaetano Scotto, è stato infatti assolto dal gup Rosario Di Gioia, che lo ha processato con il rito abbreviato. Contestualmente, però, il giudice ha inflitto anche due condanne: 8 anni di reclusione a Paolo Galioto, che si sarebbe occupato di riscuotere il pizzo nel quartiere, e 2 anni e 8 mesi a Vito Barbera, accusato di favoreggiamento aggravato.

I tre imputati - Scotto è difeso dagli avvocati Rosalba Di Gregorio ed Alessandro Samatov, Barbera da Michele Rubino - erano stati arrestati con il blitz della Dia "White Shark", messo a segno a febbraio dell'anno scorso. In manette era finito nuovamente proprio Gaetano Scotto, ma pure l'altro fratello Francesco Paolo e Giuseppe Costa, fratello di Rosaria Costa, la vedova dell'agente della scorta di Giovanni Falcone, Vito Schifani. Questi ultimi tre imputati hanno scelto il dibattimento e sono stati rinviati a giudizio.

L'inchiesta era stata coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise e Giorgia Righi. Era emerso, per esempio, che neppure il santo patrono della borgata, sant'Antonio, avrebbe potuto passare in processione se non fosse stato presente il boss Gaetano Scotto: la "vara", come avevano documentato gli investigatori, era stata infatti sistemata su una barca sulla quale sarebbero saliti Scotto e la fidanzata. Secondo l'accusa il boss, appena tornato libero, a gennaio del 2016, avrebbe ripreso il controllo del clan dell'Arenella.

Durante la sua detenzione, invece - sempre secondo la ricostruzione dell'accusa - la gestione della famiglia mafiosa sarebbe stata affidata ai suoi fratelli e con esiti non graditi a Scotto, al quale sarebbe stato dilapidato un patrimonio. Al suo ritorno in libertà, tutti nel quartiere si sarebbero rivolti a lui per risolvere anche la più futile delle questioni: "Tutti sono contenti perché io vengo nel giusto", diceva Scotto.

Mentre Galioto, per la Procura, si sarebbe occupato delle estorsioni, Barbera avrebbe organizzato summit e fornito notizie importanti per evitare al boss altri guai con le forze dell'ordine.

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