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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Dalla piccola ditta di famiglia all'impero da 80 milioni, l'ascesa di Lucchese "sotto l'ala dei boss"

Nel provvedimento di sequestro emerge come l'imprenditore sia partito con 3 supermercati a Bagheria dal valore di 230 mila euro e "grazie a Cosa nostra" sia riuscito ad espandersi in modo esponenziale. La sua azienda sarebbe così inquinata che sarebbe impossibile distinguere "il lecito dall'illecito"

Una piccola impresa a conduzione famigliare con tre supermercati a Bagheria, dal valore di 230 mila euro, che nel giro di pochi anni - tra il 2004 e il 2008 - sbarcando a Palermo, riesce a far lievitare il suo volume d'affari del 300 per cento e a toccare i 18 milioni di euro annui e che poi, in un decennio, nel 2019, diventa un impero dal fatturato di 80 milioni l'anno. E' questa "l'esponenziale espansione", come la definiscono i giudici della sezione Misure di prevenzione, dell'attività imprenditoriale di Carmelo Lucchese, 55 anni, incensurato. Non un miracolo economico, secondo il tribunale, ma una crescita "avvenuta sotto l'egida mafiosa" ad opera di "un imprenditore colluso che, seppur non organicamente inserito nell'organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l'ala protettiva di Cosa nostra, che gli ha assicurato cospicui benefici".

"Impresa frutto della contaminazione mafiosa"

L'impero di Lucchese è fatto di supermercati, ma anche di auto, immobili, conti correnti che - su disposizione del collegio presieduto da Raffaele Malizia - oggi la guardia di finanza ha sequestrato con un provvedimento di urgenza. "La Gamac Group srl presenta i connotati dell'impresa mafiosa", dicono i giudici riferendosi all'azienda con cui ha operato Lucchese, mettendo in evidenza un livello d'inquinamento tale da non consentire di distiguere il lecito dall'illecito: "L'attuale consistenza del compendio aziendale costituisce il frutto della contaminazione mafiosa dell'impresa, avvenuta per opera di Lucchese, con la conseguenza che non è possibile operare alcuna distinzione tra apporto di componenti lecite (riferibili a capacità ed iniziativa imprenditoriale) e quello derivante da illeciti benefici, posto che il consolidamento e l'esponenziale espansione dell'azienda del proposto sono stati agevolati dall'organizzazione mafiosa, in un circuito perverso di illecite cointeressenze".

"Gli strettissimi rapporti con i boss di Bagheria"

Gli elementi che il procuratore aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Giovanni Antoci hanno portato ai giudici sul conto di Lucchese sono tutti piuttosto risalenti nel tempo, tanto che hanno già dato vita a indagini e processi chiusi con assoluzioni e archiviazioni. L'imprenditore non ha una macchia dal punto di vista penale eppure già da tempo i pentiti lo avevano indicato come in "strettissimi rapporti" soprattutto con boss di Bagheria. I finanzieri, coordinati dai vertici del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza, Danilo Persano, Gianluca Angelini e Fabrizio Buonadonna, sono riusciti adesso a mettere insieme le tessere sparpagliate in varie inchieste.

La scalata prodigiosa "sotto l'ala protettiva di Cosa nostra"

La scalata prodigiosa di Lucchese, come emerge dalle carte dell'operazione "Schiticchio", sarebbe dipesa non da una particolare abilità imprenditoriale, ma dal ricorso alla violenza mafiosa per eliminare concorrenti, risolvere rogne con i dipendenti e anche per acquisire nuovi supermercati, per non pagare il pizzo o per non vederselo aumentare. E, rimarca il tribunale "proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore dell'impresa di Lucchese", cioè tra il 2004 e il 2011, maggiore sarebbe stata l'espansione della sua azienda.

I giudici: "Ecco i benefici ottenuti grazie ai mafiosi"

Nel provvedimento di sequestro si legge che Lucchese "ha intrattenuto, anche nell'espletamento della sua attività imprenditoriale, strettissimi rapporti con esponenti mafiosi anche di vertice, come Onofrio Morreale, Pino Scaduto, Gino Mineo e Sergio Flamia, ottenendo grazie a tali rapporti l'esenzione del pagamento del pizzo per i supermercati di Bagheria fino al 2011, l'intervento in proprio favore di esponenti della stessa famiglia mafiosa per trattare con le altre famiglie l'ammontare del pizzo per i supermercati di Palermo, nonché per sottrarsi alla richiesta di aumento della somma per quello di corso Finocchiaro Aprile; ancora ha ottenuto che esponenti mafiosi di vertice intervenissero in suo favore in occasione dell'acquisto dei due esercizi di Palermo, nel 2004 e nel 2008, ricompensandoli con 25 mila e 100 mila euro, e che intervenissero in suo favore per scoraggiare imprese concorrenti con danneggiamenti, come avvenuto nel febbraio del 2005 ai danni dell'Eurospin di Bagheria, ovvero che fossero disponibili per la risoluzione di varie questioni inerenti alle sue imprese, comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti. In cambio di tali interventi, Lucchese, oltre a versare le somme di denaro, ha fornito notizie sulle indagini in corso per la cattura di latitanti del calibro dei Bernardo Provenzano, e si è inoltre reso disponibile a procurare un appartamento dove quest'ultimo potesse trovare rifugio; ha inoltre assunto nei suoi supermercati congiunti di esponenti mafiosi, come i figli e la nuora di Flamia ed il figlio di Nicolò Eucaliptus".

Il pentito: "Mai chiesto il pizzo a Lucchese, chisti su amici..."

Contro Lucchese ci sono le dichiarazioni, di gennaio 2014, del pentito Sergio Flamia, già boss di Bagheria, che ha parlato della "particolare vicinanza" dell'imprenditore al capomandamento di Bagheria, Onofrio Morreale, che si sarebbe occupato della "messa a posto" delle aziende ora sequestrate: "Però a Palermo lui paga ogni quartiere quello che... perché c'era Onofrio Morreale che gli gestiva tutto lui a Palermo". Dopo l'arresto di Morreale "il referente di Luccehese - dice Flamia - divento io, non più Morreale" e "comincio, ogni minima cosa veniva da me, 'sai c'ho problemi con questo impiegato...'". Il pentito ha anche raccontato della "vicinanza" dell'imprenditore a un altro capomandamento, Pino Scaduto, tanto che le imprese di Lucchese avrebbero goduto "di totale immunità alle richieste estorsive" a Bagheria: "Mai chiesto né per conto di altri, né per conto mio, soldi, estorsioni a Lucchese, mai... Chisti su amici di Nofrio (Morreale, ndr), cu Pinuzzu (Scaduto, ndr), che a me risulta non hanno mai pagato".


Flamia ha poi riferito che, nel 2011, dopo essere stato scarcerato "era venuto a conoscenza della richiesta estorsiva posta in essere dal mafioso Giacinto Di Salvo, detto Gino, nei confronti di Lucchese e gli aveva detto: "'Zu Gi, ma vidi ca chisti su amici di Nofrio, cu Pinuzzu, che a me mi risulta non hanno mai pagato, ci dissi picchi ci sta facennu nesciri sti picciuli?'" e Di Salvo avrebbe risposto: "Du mila euro su boni".

La messa a posto per il Conad di corso Finocchiaro Aprile

Dopo gli arresti di "Grande Mandamento" per il Conad di corso Finocchiaro Aprile sarebbe stato chiesto a Lucchese un aumento sul pizzo da dare ai clan palermitani e Flamia si sarebbe attivato, attraverso il mafioso Gino Mineo, per evitarlo: "In corso Finocchiaro Aprile 600 euro al mese, 500 euro al mese, 3 mila euro a Natale e 3 mila euro a Pasqua... ma dopo gli arresti del Grande mandamento a Palermo bussano di nuovo alla porta di Lucchese - dice Flamia - che volevano 5 mila euro e 5 mila euro, il doppio di quelli che usciva... Lui mi chiese aiuto, gli ho detto: 'Guarda io posso parlare con Gino, vediamo che aiuto ti può dare Gino Mineo' ed effettivamente Mineo gliel'ha sisemata lasciando tutto per com'era".

L'aiuto dei mafiosi per estromettere i soci

Sempre Flamia ha riportato elementi importanti relativi all'acquisizione delle quote della palermitana Sa.Gi.Ca Trade srl da parte di Lucchese, avvenuta nel 2004. I soci sarebbero stati estromessi con l'intervento del boss Morreale: "Ci chiama a me e Carmelo Bartolone Onofrio Morreale, dice 'viditi di mittirivi d'accordo con Lucchese della Conad e ghiri 'n Palermu c'avi problemi con i suoi soci nella Conad di corso Finocchiaro Aprile, dice ca ci vonnu dari a parte pi farinnillu nesciri, invece dice si n'hanna a nesciri iddi u locale si l'ava teniri Carmelo" e poi "comunque gli è stato imposto a questi soci di Palermo da parte nostra che Lucchese restava titolare e che loro si dovevano accordare per uscirsene dalla società che avevano con Lucchese". Lucchese "aveva regalato 25 mila euro a Morreale, sotto forma di regalo perché lui - afferma Flamia - gli ha fatto fare... che invece di fare uscire a lui dalla società di Palermo, è rimasto lui e sono stati fatti uscire gli altri soci... perché avendo capito la situazione si sono un po' spaventati" per via della "violenza psicologica, perché vedono arrivare 5 persone da Bagheria".

"Le pressioni di soggetti di dubbia provenienza"

Cose confermate dagli imprenditori, che hanno parlato di "soggetti di dubbia provenienza" e "mai visti" che avrebbero spinto per modificare i patti con Lucchese. "L'accordo - ha dichiarato uno dei soci estromessi - era che Lucchese avrebbe ceduto la sua quota e noi l'avremmo assorbita, in modo totalmente differente da come mi venne poi proposto successivamente", spiegando che "ero infastidito dalla presenza di questi soggetti estranei alla società". Flamia è stato assolto per questa estorsione, ma per i giudici "la vicenda è significativa dell'appartenenza mafiosa di Lucchese, il quale ha fatto ricorso al mafioso di riferimento, Morreale, per superare eventuali resistenze".

L'acquisizione del discount a Villagrazia

Nel provvedimento di sequestro si parla anche dell'acquisizione del Extra Discount di via dell'Orsa Minore nel 2008, quando "Lucchese si è avvalso anche in questo caso dell'appoggio di Cosa nostra per espandere le sue attività economiche". L'imprenditore, come viene fuori da vecchie intercettazioni, si sarebbe rivolto "ai suoi paesani per vedere che testa c'ha (il titolare del discount, ndr), o si o no, ma non alle condizioni che vuole lui". 

L'incendio al supermercato concorrente

Flamia ha poi racconto che avrebbe ricevuto l'incarico da Lucchese di incendiare il supermercato Eurospin di Bagheria, concorrente del suo Conad: "Questo Eurospin gli creava un mare di danni perché non lavorava più come lavorava e mi ha messo in croce per vedere come aiutarlo per fare andare via questo Eurospin, fin quando mi commissiona di trovare qualcuno che era propenso lui a regalarci 20 mila euro per dare fuoco all'Eurospin. Io mi adopero effettivamente per fare questa cosa però chi ci è andato a dare fuoco all'Eurospin non ha saputo fare, per fortuna, non ha saputo fare niente che bruciare un po' la saracinesca". Nel 2005 il titolare dell'attività aveva denunciato l'incendio. Per Lucchese, comunque, nel 2009 il fascicolo era stato archiviato. Ma il tribunale sottolinea come l'imprenditore "ha ottenuto l'ausilio della cosca mafiosa bagherese al fine di scoraggiare le imprese concorrenti".

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