No alla libertà anticipata per Giovanni Di Giacomo, boss e killer di Porta Nuova
La Cassazione ha respinto il ricorso con il quale l'ergastolano chiedeva il riconoscimento di alcuni periodi di detenzione ai fini dell'ottenimento del beneficio. Per i giudici non ne ha diritto. E' detenuto dal 1991 per mafia ma anche per due omicidi avvenuti nel 1981 e nel 1982
No al riconoscimento di alcuni periodi di detenzione per la concessione della libertà anticipata al boss e killer di Porta Nuova, Giovanni Di Giacomo, 66 anni, che - recluso dal 1991 - sta scontando l'ergastolo per due omicidi commessi nel 1981 e nel 1982. La prima sezione della Cassazione ha infatti rigettato il ricorso del mafioso, dopo che la sua istanza era già stata bocciata dal magristrato di Sorveglianza di Viterbo e dal tribunale di Sorveglianza di Roma.
Il boss chiedeva l'integrazione della liberazione anticipata di alcuni periodi di detenzione, ai quali è stato sottoposto tra il 2011 ed il 2012, perché dal suo punto di vista nel cumulo delle pene da scontare sarebbero confluite anche condanne per delitti commessi tra il 1981 ed il 1982, nonché una sentenza per tentato omicidio per le quali avrebbe avuto diritto ad usufruire di alcuni benefici, a dispetto dell'ergastolo ostativo.
Di Giacomo, il cui fratello, Giuseppe, era stato eliminato in via Eugenio l'Emiro nel marzo del 2014, sta scontando condanne per mafia, ma anche per gli omicidi di Natale Tagliavia, trovato incaprettato il 18 settembre del 1981, e di Filippo Ficarra, vittima di lupara bianca l'anno successivo. Un personaggio di grande spessore all'interno di Cosa nostra, che anche dal carcere sarebbe riuscito a dettare ancora la linea, come dimostrano una serie di intercettazione in cui parlava pure con il fratello, prima che venisse ammazzato. Di Giacomo aveva anche cercato di uccidere un boss storico come Gerlando Alberti all'interno del carcere Ucciardone. Non solo, nel 2011, nel penitenziario di Padova, aveva massacrato a colpi di fornellino da campo un altro detenuto, Francesco Bruno, sopravvissuto alla terribile aggressione solo dopo una serie di interventi chirurgici.
Rispetto alla sua istanza, il tribunale di Sorveglianza aveva chiarito che "sciogliere il cumulo non avrebbe garantito un risultato favorevole al detenuto". Di Giacomo si appellava a una serie di norme, compresa una recente sentenza della Consulta. La Cassazione rimarca però che "l'argomentazione del ricorrente non tiene conto di due fattori: all'epoca di commissione dei delitti per i quali venne inflitta a Di Giacomo la pena dell'ergastolo, l'istituto della liberazione anticipata era già previsto (sia pure nella misura di 20 giorni per semestre di detenzione); inoltre la normativa attuale non esclude la concedibilità della liberazione anticipata ai condannati per uno dei delitti" che prevedono il così detto ergastolo ostativo.
"Piuttosto - scrivono ancora i giudici - la legge numero 10 del 2014 ha introdotto una differenza di trattamento tra i detenuti per reati non compresi tra quelli che prevedono l'ergastolo ostativo - per i quali, per il periodo di due anni, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata è di 75 giorni per semestre - e quelli condannati per reati compresi tra quelli che prevedono l'ergastolo ostativo, per i quali la misura della detrazione della pena resta di 45 giorni per semestre". Inoltre, "all'epoca della comissione dei delitti (1981 e 1982), il loro autore poteva fare affidamento sulla concessione di una liberazione anticipata di 20 giorni per semestre di detenzione, mentre per i periodi oggetto dell'istanza dichiarata inammissibile, il ricorrente ha già beneficiato di una riduzione di pena di 45 giorni a semestre". Quindi, l'ergastolano non ha diritto ad altri benefici per i periodi di detenzione che ha indicato nella sua istanza.