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Lunedì, 25 Settembre 2023
Cronaca Uditore-Passo di Rigano

"Incontri sospetti", dopo 9 mesi torna in carcere il boss dell'Uditore Pino Sansone

La decisione del gup Elisabetta Stampacchia che sta processando con l'abbreviato il costruttore colluso ed altri imputati dopo il blitz "New Connection" di luglio 2019. Era ai domiciliari da aprile scorso per via del Covid, ma per la Procura avrebbe violato le disposizioni e mantenuto contatti con l'esterno

Torna in carcere il boss dell'Uditore Pino Sansone, 70 anni, che si trovava ai domiciliari da aprile dell'anno scorso perché - come aveva sancito anche la Cassazione - per via della sua salute precaria sarebbe stato particolarmente a rischio se contagiato dal Covid. A disporre il ritorno in cella del costruttore colluso, vicino al "capo dei capi" di Cosa nostra, Totò Riina (ormai defunto), è stato il gup Elisabetta Stampacchia, che lo sta processando in abbreviato assieme ad altri imputati in seguito al blitz "New Connection" di luglio 2019.

Il giudice ha accolto la richiesta di aggravamento della misura cautelare formulata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dal sostituto Amelia Luise che avrebbero documentato come Sansone, nonostante la reclusione in casa, continuasse a mantenere rapporti con l'esterno e anche a parlare con diverse persone.

Il caso dell'imputato, all'inizio della pandemia, aveva suscitato tante polemiche, perché secondo molti, i mafiosi avrebbero approfittato dell'emergenza sanitaria per uscire dal carcere. Sansone, già condannato per mafia, si trovava in cella perché arrestato con l'operazione "New Connection", dunque per esifenze cautelari e non per scontare una pena definitiva. Era stato il tribunale del Riesame ad accogliere la richiesta di scarcerazione degli avvocati Giovanni Rizzuti e Marco Giunta, motivata non solo dai rischi per la sua salute, ma anche dal fatto che non vi sarebbero state appunto esigenze cautelari "di eccezionale rilevanza".

I giudici avevano rimarcato che per le patologie di cui l'imputato è affetto (bronchite cronica ostruttiva, ipertensione, stenosi dei bulbi catoridei) effettivamente sarebbe stato un soggetto a rischio col dilagare del Coronavirus, ma anche che nel processo in corso "la condotta contestata a Sansone è di mera partecipazione all'associazione mafiosa, quale membro della famiglia dell'Uditore, senza l'assunzione di alcun ruolo apicale all'interno del sodalizio mafioso". 

Dopo nove mesi ai domiciliari, i nuovi accertamenti della Procura avrebbero messo in evidenza che Sansone avrebbe violato le disposizioni previste per questa forma di detenzione. Tesi ritenuta fondata dal giudice.

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