“Investì grazie ai soldi dei boss” Sequestro di beni per Ferdico
Secondo le dichiarazioni del collaboratore Angelo La Manna, l'imprenditore, nella gestione della sua attività di commercio di detersivi, aveva operato utilizzando anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss
Le prove per fargli il processo non c'erano, per questo la Procura ha chiesto per tre volte l'archiviazione delle indagini per riciclaggio e concorso in associazione mafiosa aperte a suo carico. Ma la scure delle misure di prevenzione Giuseppe Ferdico, re nella distribuzione di alimentari e detersivi a Palermo, non ha potuto evitarla. E oggi la Finanza gli ha sequestrato beni per oltre 450 milioni. Case, terreni, società e aziende individuate dalle Fiamme Gialle del Gico che indagavano su presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della grande distribuzione alimentare e di prodotti per la casa. Dopo il sequestro, disposto dalla sezione misure di prevenzione del tribunale, tutti i punti della Ferdico Giuseppe & C snc sono in amministrazione giudiziaria.
Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo La Manna, l'imprenditore, nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, aveva operato utilizzando anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore, e di altri esponenti della famiglia di Partanna Mondello, e si era interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di Carini. Per un altro collaboratore di giustizia, Angelo Fontana, il 56enne aveva immesso nelle proprie società 400 milioni di lire provenienti dalle estorsioni e dal traffico di sostanze stupefacenti. Una contiguità e una disponibilità sottolineata anche da altri pentiti come Manuel Pasta e Maurizio Spataro che hanno raccontato come la notevole espansione economica delle società dell'imprenditore era in parte legata al finanziamento occulto dei Lo Piccolo.
A confermare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ci sono anche alcune lettere manoscritte trovate dopo l'arresto di Bernardo Provenzano e di Salvatore Lo Piccolo. Dalle indagini è emerso che l'imprenditore ha cercato ed ottenuto il sostegno economico e relazionale dell'organizzazione mafiosa nella fase iniziale della sua attività per acquisire nuove posizioni di mercato e per l'acquisto di immobili commerciali, pagando l'organizzazione criminale per i servizi ricevuti. Gli approfondimenti economico - patrimoniali svolti dalle Fiamme gialle, corroborate da una consulenza contabile disposta dalla Procura, hanno evidenziato, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, "una notevolissima quanto ingiustificata crescita delle società riferibili all'imprenditore, in cui sono stati nel tempo assunti parenti o soggetti comunque legati ad ambienti mafiosi".