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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Villabate

Condanna definitiva per il boss Messicati Vitale, ma la pena va ricalcolata: "E' troppo alta"

La Cassazione ha confermato la sentenza per il capomafia di Villabate catturato nel 2012 a Bali, in Indonesia. I 12 anni inflitti con il rito abbreviato però per i giudici sono troppi: si dovrà celebrare un nuovo processo d'appello solo per rifare i conti e al ribasso

Nessun dubbio sul fatto che sia un mafioso, che abbia guidato il clan di Villabate e che abbia imposto il pizzo, ma i dodici anni di carcere inflitti con il rito abbreviato al boss Antonino Messicati Vitale, 48 anni, sono troppi. La pena, secondo la sesta sezione della Cassazione, non è stata infatti calcolata correttamente e la sentenza emessa dalla Corte d'Appello a luglio dell'anno scorso è stata quindi annullata con rinvio "limitatamente al trattamento sanzionatorio". I giudici, insomma, dovranno solo rifare i calcoli e il risultato sarà per forza al ribasso.

La condanna era stata impugnata dall'avvocato Filippo Gallina, che difende l'imputato, e la Suprema Corte ha accolto il suo icorso soltanto su questo punto, confermando invece integralmente quanto emerso sin dal primo grado di giudizio (i dodici anni di reclusione erano stati inflitti dal gup Fabrizio Molinari nel 2017) sulla caratura criminale del boss e sul suo ruolo in Cosa nostra, riferito anche da diversi collaboratori di giustizia.

La storia di Messicati Vitale parte decisamente da lontano: è figlio di Pietro, imputato nel Maxiprocesso e poi ucciso nel 1988. Secondo il pentito Stefano Lo Verso "è un tipo per il quale andare ad uccidere una persona è come comprare un pacchetto di sigarette", mentre per Sergio Flamia "è il vero capo del mandamento di Bagheria, uomo d'onore della famiglia di Villabate, molto influente e potente". Ma è stato sempre difficile riuscire a farlo restare in carcere. Tanto che la condanna a dodici anni gli fu inflitta mentre era a piede libero.

Nel 2012, il capomafia era riuscito a sottrarsi al blitz "Sisma" contro i clan di Misilmeri e Belmonte Mezzagno e i carabinieri, il 7 dicembre di quello stesso anno, dovettero arrivare fino in Indonesia per catturarlo. Era a Bali, infatti, Messicati Vitale, e si godeva una latitanza dorata in un residence di lusso. In quella circostanza fu scovato anche un video con la festa per i 40 anni del boss, in cui si complimentava anche con l'orchestra che suonava la colonna sonora del film "Il Padrino".

Sembrava fatta e invece la detenzione durò poco. Messicati Vitale tornò infatti libero per un cavillo: la richiesta di estradizione della Procura non era stata infatti tradotta nei termini previsti in indonesiano. A ottobre del 2014, però, grazie alle dichiarazioni dei pentiti e a nuove accuse, il boss era finito di nuovo in carcere. In quella fase venne fuori, tra l'altro, che avrebbe deciso di ricorrere alla chirurgia estetica per modificare i tratti del suo volto e darsi nuovamente alla macchia.

La permanenza in carcere durò però solo un anno, perché a ottobre del 2015 spuntò un altro cavillo: l'avviso di conclusione delle indagini era stato notificato soltanto a uno dei suoi avvocati e così Messicati Vitale tornò nuovamente in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare. A luglio del 2017 arrivò infine la condanna, che il mafioso attese passeggiando nei corridoi del tribunale. Proprio temendo che potesse fuggire, dopo la lettura della sentenza venne arrestato.

Da allora Messicati Vitale non è più uscito, ma adesso la Cassazione ha stabilito che la pena che gli è stata inflitta è troppo alta: si farà dunque un nuovo processo d'appello, ma solo per rideterminarla e al ribasso.

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