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Cronaca Borgetto

La faida mafiosa di Borgetto e gli affari delle cosche: 4 condanne ridotte in appello

Al centro del processo lo scontro tra i Salto e i Giambrone che si contesero il potere a partire dal 2013. Un accordo portò poi al predominio dei primi e del boss Nicolò Salto. Gli imputati furono arrestati con il blitz "Kelevra" in cui inizialmente era stato coinvolto anche il giornalista Pino Maniaci

Prima una faida e poi una pace conveniente per tutti i boss, anche se storicamente contrapposti. Questo avvenne intorno al 2013 a Borgetto, quando si scontrarono la cosca dei Salto e quella dei Giambrone, prima di allearsi per gestire meglio i loro affari. Adesso la Corte d'Appello ha deciso di ridurre considerevolmente le pene che erano state inflitte a luglio del 2019 dalla seconda sezione del tribunale a quattro imputati.

Nello specifico per Giuseppe Giambrone la condanna è passata da 24 a 15 anni e quella per Francesco Giambrone da 16 a 9 anni (sono difesi dall'avvocato di Paola Polizzi). Ridotte anche le condanne per Nicolò Salto (da 27 a 18 anni) e per Antonio Salto (da 17 a 12 anni).

Mafia, blitz a Borgetto: le foto degli arrestati

I quattro, assieme ad altri, furono coinvolti nell'operazione "Kelevra" dei carabinieri che, a maggio del 2016, portò a 10 arresti. Al centro del processo c'era proprio la faida mafiosa di Borgetto tra i Salto e i Giambrone. L'inchiesta era partita nel 2012 e la situazione tra i due clan si fece molto tesa l'anno successivo, con il ritorno in libertà del boss Nicolò Salto che cercò subito di imporre il suo potere, anche attraverso una serie di danneggiamenti per piegare gli imprenditori al pizzo. In quel periodo fu anche assassinato Antonino Giambrone.

Successivamente però i due clan avrebbero raggiunto accordi per evitare altro spargimento di sangue e soprattutto per poter curare senza essere disturbati i loro affari. Così si sarebbe imposto il predominio dei Salto. Il blitz è quello in cui era stato coinvolto anche il giornalista di Telejato, Pino Maniaci, la cui posizione è stata poi stralciata (perché nulla aveva a che vedere con Cosa nostra) e per il quale il sostituto procuratore Amelia Luise ha già chiesto una condanna a 11 anni e mezzo per estorsione e diffamazione.

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