Berlusconi candidato al Colle, il grido di Salvatore Borsellino: "Rappresentante della 'Repubblica delle stragi'"
In una lunga lettera, il fratello del giudice ucciso dalla mafia attacca il leader di Forza Italia: "Fino a ieri era impensabile. Ma forse mi sbaglio. Ci meritiamo una persona condannata in via definitiva per frode fiscale, adusa alla corruzione e indagata per accuse gravissime come quella di strage in concorso con Cosa nostra"
Un attacco duro, preciso e senza mezze misure quello che Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, lancia contro la possibile scalata di Silvio Berlusconi al Colle. "La Repubblica delle stragi", il titolo della lunga e accorata lettera, pubblicata sui social, per attaccare il leader di Forza Italia: "Quando nel 2 luglio del 2007 - scrive su Facebook - scrissi quella lettera aperta, che intitolai '19 luglio 1992: una strage di Stato' non avrei mai potuto immaginare lo scenario che oggi, a 15 anni di distanza, mi si presenta davanti agli occhi. Quella lettera nasceva da anni di silenzio, dopo i primi cinque anni, dopo la morte di mio fratello, nel corso dei quali avevo a lungo coltivato la illusoria speranza che quella strage e quella morte avessero scosso l’indifferenza della gente, che la coscienza civile degli italiani si fosse finalmente risvegliata, che fosse reale quella che mi era sembrata essere la volontà di riscatto nella lotta alla criminalità organizzata che dallo Stato Italiano non è stata mai portata avanti con determinazione ma da sempre delegata soltanto ad una parte delle istituzioni, alla magistratura e alle forze dell’ordine, che in questa battaglia solitaria hanno da sempre sacrificato i loro uomini migliori".
Dopo gli anni della speranza arrivano gli anni della delusione e dello sconforto. "Gli anni in cui - continua il fratello del giudice ucciso dalla mafia - ho dovuto rendermi conto che quell’alba che mi era sembrata di intravedere era soltanto un miraggio, gli anni di quello che è stato chiamato il 'ventennio' berlusconiano, gli anni in cui la coscienza civile si è di nuovo assopita sotto il peso dell’indifferenza, gli anni della normalizzazione e del compromesso, della delegittimazione dei magistrati vivi e della mistificazione del messaggio di quelli morti".
Per Salvatore quelli sono stati gli anni in cui, a poco a poco, ha dovuto capire che "la strage di Via D’Amelio era stata messa in atto per fermare quello che rappresentava un ostacolo insormontabile alla scellerata trattativa che pezzi deviati dello Stato avevano avviato con la criminalità organizzata nell’illusorio tentativo di fermare la guerra che i corleonesi di Totò Riina avevano dichiarato allo Stato". Poi non risparmia critiche all'attuale Governo "che ha avuto il cattivo gusto di mettere l’effige di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone sulla moneta da due euro, sta sistematicamente smantellando tutto l’impianto legislativo studiato da Paolo Borsellino e Giovanni Falcone per il contrasto alla criminalità organizzata, l’ergastolo ostativo, il 41 bis, le leggi sui collaboratori di giustizia".
Dopo altre numerose parole piene di rabbia, Salvatore punta il dito contro la papabile candidatura del leader di Forza italia al Quirinale: "E’ un qualche cosa che fino a ieri sarebbe stato impensabile e non parlo del fatto che sia effettivamente eletto ma sul fatto stesso che un individuo come lo stesso Berlusconi, con tutto il carico di processi per accuse anche infamanti per i quali è passato e dai quali spesso è stato assolto non per il merito dell’accusa ma per avere saputo sfruttare le maglie di un sistema giudiziario che è forte con i deboli e derelitti ma ignavo contro i potenti, possa ipotizzare di potere aspirare a tale carica e che i rappresentanti di almeno la metà dell’elettorato del nostro paese possano avallare questa ipotesi".
"Ma forse mi sbaglio - conclude, rincarando la dose - forse è proprio una persona condannata in via definitiva per frode fiscale, una persona adusa alla corruzione, soprattutto una persona tuttora indagata presso la Procura di Firenze per accuse gravissime come quella di strage in concorso con Cosa nostra, accuse tanto gravi da essere imprescrittibili, una persona che da Presidente del Consiglio ha continuato, attraverso Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, a pagare la mafia per assicurarsene la protezione, ad essere degno rappresentante di una Repubblica, che a ragione, può essere chiamata 'Repubblica delle stragi'".