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Mercoledì, 17 Aprile 2024
Cronaca

La “cuddura”, dolce tipico della tradizione pasquale siciliana, al Vanni Pucci di Carini

A realizzarli gli alunni della classe IV A della Primaria al centro, da anni ormai, di un percorso di recupero delle identità

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PalermoToday

L’arrivo della Pasqua nelle case e nelle scuole siciliane coincide con la riscoperta di numerose tradizioni, specialmente nell’ambito culinario. Anche le scuole nell’intento di riscoprire le tradizioni tipiche legate alle comunità di appartenenza, per non far scomparire un patrimonio di ricchezze, stanno riproponendo studi e laboratori identitari. Una tra queste, che brilla per particolare attenzione alle identità, il plesso Vanni Pucci dell’Istituto Comprensivo “Renato Guttuso” di Villagrazia di Carini, diretto dal dirigente scolastico prof. Anna De Laurentiis che ha riproposto, grazie agli alunni molto attenti della classe IV A, i “cuddura“, conosciuta anche con il nome di “aceddu cu l’ovu“. «Il cibo – ha fatto presente il dirigente scolastico professoressa Anna De Laurentiis - ha da sempre racchiuso istanze assai diverse, biologiche, artistiche, sociali, economiche: la transculturalità che si appoggia sui discorsi gastronomici si fonda sulla pervasività del cibo e sul ruolo imprescindibile che riveste nel definire tutto ciò che riguarda l’essere umano. Tra le diverse sfere che concorre a formare, basilare è quella delle identità. Il cibo, essendo elemento primario per la sopravvivenza della specie, è divenuto uno dei principali luoghi di simbolizzazione dell’umano. Attraverso il cibo l’essere umano esprime se stesso, crea legami sociali, mentre il pasto acquisisce nei secoli i tratti di un rito che si perpetua nel tempo. Spezzare tali riti comporta un disequilibrio sociale, modificarli implica un mutamento di civiltà, tanto che essi vengono avvertiti come immutabili nell’immaginario comune. Ecco perché gli alunni della casse IV A del Pucci hanno riproposto questo dolce tipico rappresenta un must delle ricette pasquali che si tramanda di generazione in generazione, addirittura fin dall’epoca delle colonizzazioni greca e romana». Il suo nome originale, infatti, è propriamente di origine ellenica. Al tempo era conosciuto con il termine κολλύρα – kollura – e nella sua traduzione significava appunto “corona” per rievocare la sua particolare forma. Tuttavia, al giorno d’oggi ne esistono disparate varianti a seconda del significato che le si vuole attribuire. In passato, regalare ai propri cari una cuddura poteva indicare un gesto di rispetto in cambio di un favore, così come donarne una a forma di cuore alla propria dolce metà significava un gesto di amore incondizionato. In quel caso l’amato avrebbe dovuto ricambiare, secondo tradizione, un dolce a forma di agnellino. La più comune che viene preparata nei panifici, nelle pasticcerie e nei forni casarecci è certamente quella a forma di ciambella intrecciata e completata dalla presenza di uova fornite di guscio. Il termine “aceddu cu l’ovu“ è utilizzato per indicare l’alternativa forma di uccello che ricorda in particolare l’aspetto di una colomba con un uovo incastonato al centro e arricchita da piccole decorazioni di zucchero. Tale scelta, infatti, intende rappresentare in senso cristiano la resurrezione di Cristo.

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