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Cronaca

Covid, ancora troppi casi e ospedali pieni: "Ecco perché non avremo un'estate spensierata"

Intervista al palermitano Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: "Per vedere un impatto delle vaccinazioni sulla circolazione del virus bisognerà aver immunizato almeno il 60-70% della popolazione, obiettivo irrealistico prima di fine estate"

Il contagio mostra timidi segnali di rallentamento ma la campagna vaccinale non decolla, mentre il governo di Mario Draghi studia un piano per le riaperture dandosi due settimane di tempo per valutare la curva epidemiologica e l'andamento delle somministrazioni nelle regioni. Il presidente del Consiglio ha chiesto agli esperti del Comitato tecnico scientifico di lavorare sui protocolli di sicurezza dei vari settori economici, ma una data precisa per la graduale ripartenza non c'è. Come procede la lotta al virus in Italia e cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi? Ne ha parlato a Today.it il palermitano (originario di Alia) Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

Presidente, il contagio negli ultimi giorni sta rallentando ma si effettuano meno tamponi. Che estate ci aspetta secondo lei?

"Sicuramente non spensierata come quella del 2020, sia perché abbiamo acquisito maggiore consapevolezza della pandemia, sia perché arriveremo comunque all’inizio della stagione estiva con un numero di casi, oltre che di pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva, nettamente superiore a quelli dello scorso anno. Se in un paio di mesi riusciremo a completare la vaccinazione di over 70 e fragili, la pressione sugli ospedali si ridurrà in maniera importante. Per vedere un impatto delle vaccinazioni sulla circolazione del virus e sul calo dei contagi, invece, bisognerà aver vaccinato almeno il 60-70% della popolazione, obiettivo irrealistico prima di fine estate. Quindi l’altra certezza è che dovremo continuare a usare la mascherina, a rispettare il distanziamento e ad evitare ogni forma di assembramento".

Il piano vaccinale del commissario Figliuolo, chiamato da Draghi al posto di Arcuri, prevede 500mila somministrazioni al giorno dal 15 aprile. È fattibile o è un miraggio, anche alla luce del caso AstraZeneca col vaccino anglo-svedese consigliato in via preferenziale solo agli over 60?

"Il primo problema sono le forniture. Nel 1° trimestre sono state consegnate quasi il 90% delle dosi previste dal Piano vaccinale, ma la prima versione ne prevedeva ben 28,3 milioni. Il secondo ostacolo è l’irregolarità delle consegne: circa un terzo delle forniture del 1° trimestre (4,37 milioni di dosi) sono arrivate dal 22 marzo al 4 aprile. Infine, c’è la capacità di somministrazione delle Regioni: nel periodo 1 marzo–6 aprile sono state somministrate in media 193.021 dosi al giorno (range 93.612 – 294.187), con un tracollo nei giorni festivi che mette in luce la necessità di ulteriore personale. In sintesi, tra tagli alle forniture, stop&go di AstraZeneca e consegne “last minute”, gli obiettivi del piano Figliuolo per il mese di marzo (210.000 somministrazioni al giorno entro metà mese e 300.000 entro il 23 marzo) sono saltati e le 500.000/die (pari a 3,5 milioni a settimana) dal 15 aprile al momento sono ancora un miraggio. Certamente sul raggiungimento di tale obiettivo peseranno, oltre alla capacità organizzativa delle Regioni, sia le diffidenze individuali (sino al rifiuto) del vaccino AstraZeneca, sia la regolarità delle consegne nel secondo trimestre, in cui il “portafoglio” vaccini prevede ben 52,3 milioni di dosi di cui 7,3 del monodose Johnson&Johnson".

Molti cittadini in questi mesi sono stati e sono tuttora diffidenti sul vaccino AstraZeneca. Lei crede ci sia stata una buona comunicazione sin dall'inizio da parte di Aifa, Ema e governo italiano?

"Sull’affaire AstraZeneca sin dall’inizio la comunicazione istituzionale è stata frammentata e inadeguata e i media hanno mantenuto toni troppo allarmistici ignorando i princìpi base della vaccinovigilanza. Infatti, dopo la valutazione iniziale dell’EMA, che rilascia l’autorizzazione condizionata al commercio di vaccini anti-COVID-19 dimostratisi efficaci e sicuri negli studi clinici, esiste un sistema di vaccinovigilanza continua che valuta la sicurezza del vaccino nel mondo reale. Durante la campagna di vaccinazione di massa possono infatti emergere reazioni avverse molto rare, impossibili da rilevare negli studi clinici che hanno arruolato un numero insufficiente di pazienti. Il caso AstraZeneca è un chiaro esempio dell’efficacia del sistema di vaccinovigilanza per cui, nel momento in cui insorge un dubbio circa possibili effetti avversi, le autorità regolatorie ne valutano l’eventuale correlazione con il vaccino e prendono le conseguenti decisioni".

Nino Cartabellotta-3Quando otterranno il vaccino gli under 40, stando al ritmo attuale delle somministrazioni e alle forniture?

"La fascia 16-40 anni è rappresentata da oltre 16 milioni di persone, ma è molto difficile fare previsioni simili perché ci sono due grandi incognite: innanzitutto, rispetto alle previsioni del piano la regolarità delle forniture vaccinali che condizionano la capacità di somministrazione delle Regioni. In secondo luogo, l’accettazione del vaccino AstraZeneca da parte di questa fascia di età. In generale, non prima del terzo trimestre, ovvero durante la stagione estiva, ma impossibile al momento ipotizzare quando tenendo anche conto che potrebbero esserci notevoli differenze regionali".

Il sistema dei colori per le regioni attuato prima dal governo Conte e poi dall'esecutivo Draghi funziona?

"A ottobre 2020, mentre i casi salivano in maniera esponenziale e si riempivano gli ospedali, sono stati emanati ben 4 DPCM in 21 giorni e solo con l’ultimo, il 3 novembre è arrivato il sistema delle Regioni “a colori”. Nel frattempo l’epidemia ha raggiunto picchi molto elevati: quasi 806 mila casi attualmente positivi, oltre 34 mila ricoveri con sintomi e più di 3.800 terapie intensive. Il sistema “a colori” ha evitato il lockdown, ma ha prodotto risultati modesti: a febbraio abbiamo toccato il minimo di attualmente positivi (382 mila), di ricoveri con sintomi (17.725) e terapie intensive (2.043). La terza ondata si è quindi innestata nella fase discendente della seconda determinando il rapido superamento delle soglie di saturazione ospedaliera nella maggior parte delle Regioni. E dopo 5 mesi i benefici del sistema delle Regioni a colori sono sempre più “appannati” dal blocco di alcuni settori, dalla tensione sociale conseguente alla limitazione delle libertà individuali, oltre che dal senso di sfiancamento generale. Siamo sicuri che non era meglio, come proposto dalla Fondazione GIMBE e da altri scienziati, un lockdown duro di 3-4 settimane subito dopo le feste natalizie?".

Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia ha detto che la data per le riaperture potrebbe essere il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica. Secondo lei si potrà riaprire per quella data?

"Serve un piano strategico per guidare le riaperture con priorità basate su criteri espliciti e condivisi con la popolazione, mettendo “in fila” le attività da riaprire progressivamente, ma senza date perché sono la circolazione del virus e l’avanzamento della campagna vaccinale a dettare l’agenda. Al momento, nell’impossibilità di piegare la curva per riprendere il tracciamento, sappiamo che questa tende inesorabilmente a risalire non appena si allentano le misure. Emblematico il caso Sardegna: dopo 3 settimane di ambita zona bianca è passata direttamente all’arancione per due settimane e quindi in zona rossa".

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