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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Depistaggio strage di via D'Amelio, colpo di scena: "Magistrati indagati per calunnia"

Gli avvisi sarebbero stati notificati ad Annamaria Palma e Carmelo Petralia, pm che indagarono sull'attentato del 19 luglio 1992 in cui persero la vita anche il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Ad aprire il fascicolo la Procura di Messina

A distanza di 27 anni dalla strage di via D'Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, svolta nell'inchiesta sul depistaggio delle indagini sull'attentato. La Procura di Messina - fa sapere l'Adnkronos - ha iscritto nel registro degli indagati alcuni magistrati che indagarano sui fatti del 19 luglio 1992. L'accusa è di calunnia aggravata. Gli avvisi di accertamento tecnico non ripetibile sul riversamento di 19 supporti magnetici contenenti alcune registrazioni prodotte in passato sarebbero stati notificati nel pomeriggio ad Annamaria Palma, avvocato generale di Palermo, e Carmelo Petralia, procuratore aggiunto di Catania.

Tutto comincia lo scorso novembre quando la Procura di Caltanissetta - che ha istruito il processo per il depistaggio delle indagini - trasmette una parte del fascicolo a Messina per accertare eventuali responsabilità di magistrati nella vincenda. I documenti fanno riferimento alla sentenza del processo Borsellino quater nella quale i giudici della Corte d'assise parlavano di depistaggio delle indagini sull'attentato al magistrato.

Depistaggio su cui i pm di Caltanissetta hanno indagato e poi incriminato tre poliziotti del pool che indagò sull'eccidio (Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei). Ma nella sentenza si denunciavano anche gravi omissioni relative al coordinamento dell'indagine, costata la condanna all'ergastolo di otto innocenti.

Il lavoro di coordinamento spettava ai pm dell'epoca. Tra questi appunto Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, attualmente alla Dna, Annamaria Palma e Giovanni Tinebra, nel frattempo deceduto.

Dopo aver ricevuto i documenti da Caltanissetta la Procura di Messina avrebbe aperto un fasciolo, diventato poi una vera e propria inchiesta per calunnia aggravata.

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