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Cronaca

Il presidente della Corte d'Appello: "La cattura di Messina Denaro apre scenari investigativi straordinari"

Nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, Matteo Frasca mette però in evidenza come "la mafia non è sconfitta" e definisce "inquietante" la rete di protezione di cui ha goduto l'ex superlatitante. Sulla riforma della giustizia, il magistrato si discosta dalla linea del Governo: "Le intercettazioni sono fondamentali anche nella lotta alla corruzione"

"La cattura di Matteo Messina Denaro apre prospettive investigative potenzialmente straordinarie" e, se da un lato "scaldano il cuore le manifestazioni di giubilo per l'operato dei carabinieri", dall'altro "è triste constatare che permangano sacche più o meno ampie di indifferenza e disinteresse, se non quando di dissenso" e "la inquietante rete di protezione a diversi livelli di cui ha beneficiato il latitante pone seri interrogativi sul grado di penetrazione di Cosa Nostra nel tessuto sociale e istituzionale". Sono le parole del presidente della Corte d'Appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario (la cerimonia si terrà domani mattina al palazzo di giustizia). Ma il magistrato nel documento non manca di soffermarsi sui temi "scottanti" legati alla (ennesima) riforma della giustizia: intercettazioni e separazione delle carriere, per esempio, discostandosi - con argomenti e dati - dalla linea del Governo.

"La mafia non è sconfitta"

Secondo Frasca, "occorre non arretrare minimamente nell'azione di contrasto alla criminalità mafiosa, che, per quanto duramente colpita nella sua struttura non può certamente ancora ritenersi sconfitta, conservando un radicamento rilevante nel territorio e nel tessuto economico e sociale, la cui erosione è lenta e difficile. L'arresto di Matteo Messina Denaro, come già in passato avvenuto con altre figure di vertice di Cosa Nostra, costituisce - scrive il magistrato - senza dubbio un momento di grande importanza sia perché probabilmente completa la lunga e difficile operazione di smantellamento della componente stragista dell'organizzazione, sia perché apre prospettive investigative potenzialmente straordinarie che l'azione corale delle istituzioni potrà valorizzare in direzione di ambiti diversi da quelli strettamente connessi con il latitante".

"Serve la verità sui misteri irrisolti del Paese"

"Scaldano il cuore - afferma Frasca - le manifestazioni di giubilo di quei cittadini che hanno espresso soddisfazione e apprezzamento per l'operato dei carabinieri, così come fanno ben sperare le iniziative, soprattutto di giovani e di bambini, che, esternando pubblicamente e gioiosamente la netta presa di distanza da Cosa nostra, ripongono consapevole speranza che anche queste operazioni contribuiscano ad arrivare alla verità sui misteri ancora non risolti di questo Paese: raggiungere la verità è un diritto dei familiari delle vittime e della comunità ed è un dovere delle istituzioni".

"Inquietante la rete di protezione di Messina Denaro"

Nella sua relazione (che si apre citando un brano del famoso "Discorso agli ateniesi" di Pericle), il presidente della Corte d'Appello non nega l'altra faccia della medaglia: "E' triste constatare che, accanto a queste manifestazioni che richiamano il 'fresco profumo di libertà' di cui parlava Paolo Borsellino, persistano ancora sacche più o meno ampie di indifferenza e disinteresse, se non quando di dissenso, che impongono di non indulgere a facili e pericolosi trionfalismi. La inquietante rete di protezione a diversi livelli di cui ha beneficiato il latitante, senza la quale non avrebbe potuto sottrarsi per così lungo tempo alla cattura, pone seri interrogativi e apre scenari per certi versi inesplorati sul grado di penetrazione di Cosa Nostra nel tessuto sociale e istituzionale".

"Norme antimafia sono un orgoglio per l'Italia"

Richiama poi l'importanza di tutta la legislazione antimafia sviluppata in Italia, che è un modello a livello mondiale: "Il nostro Paese, grazie anche all'impegno e al sacrificio, anche estremo, di tanti esponenti delle istituzioni, è approdato a una legislazione antimafia di altissimo livello, risalente nel tempo e progressivamente affinata che costituisce una solida cassetta degli attrezzi per un'efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata. Si tratta di un complesso di norme operanti in diversi ambiti che, per quanto certamente migliorabile come ogni sistema, ha consentito di raggiungere risultati di grande rilievo e che pertanto va mantenuto in tutta la sua consistenza e in ogni sua componente, senza arretramenti di sorta e ancor meno senza indulgere alla pericolosa e miope convinzione di essere al traguardo" e "anche per questo, l'Italia deve avere l'orgoglio e la forza di essere trainante per altri Stati che si rivolgono a noi con ammirazione e interesse".

"Indispensabile rafforzare gli organici per far funzionare la giustizia"

Frasca sottolina poi che in un Paese civile il funzionamento della giustizia è essenziale e chiede un rafforzamento degli organici, perché "se si rende impossibile l'efficace funzionamento della giustizia - non solo nel settore penale ma anche nel settore civile - in una realtà come quella di Palermo si creano tutte le condizioni per un pericolosissimo rafforzamento di Cosa nostra che - come sottolineava Paolo Borsellino - da sempre 'si pone come istituzione parallela e alternativa allo Stato' perché 'tende, in luogo dello Stato, ad assicurare giustizia, sicurezza, risultati economici' attraverso il ricorso alla violenza e alla sopraffazione. Per evitare che si verifichi un drammatico passo indietro nella lotta alla mafia, proprio nell'anno che segue immediatamente il trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e via D'Amelio, appare assolutamente indispensabile che il ministero della giustizia e il Csm, nell'ambito delle rispettive competenze, adottino con la massima urgenza tutte le misure idonee a consentire non solo la integrale copertura, ma anche il potenziamento dell'organico del tribunale di Palermo".

"Troppe norme penali non garantiscono la sicurezza"

"Il comparto della giustizia penale è la carta di identità di uno Stato e della visione del suo rapporto con il cittadino e - dice il magistrato - si esprime con scelte di valore politico e culturale che perdono di significato, e quindi di chiarezza, quando le norme sono il frutto di mediazione tra opposte ideologie delle quali costituiscono compromesso attuativo". Inoltre, "il diritto penale degli ultimi decenni ha perso gran parte della sua funzione tipica, essendo diventato ipertrofico sul presupposto della convinzione che al bisogno di sicurezza e alla emotività collettiva indotta da specifici fatti di cronaca si dovesse rispondere con la introduzione di nuove fattispecie criminali". Ma "la proliferazione delle norme penali non ha giovato e non giova alla sicurezza autentica, non ha giovato e non giova alla auspicata semplificazione, non ha giovato e non giova all'efficacia delle norme penali, che è tanto maggiore quanto più esse costituiscono l'extrema ratio di un sistema che, anche senza realizzare il così detto 'diritto penale minimo', garantisce i diritti mediante un sistema integrato interdisciplinare e percorre la strada assai più complessa della eliminazione delle cause economiche e sociali di alcuni fenomeni criminali".

"Preoccupa l'idea di separare le carriere dei magistrati"

Frasca ammette di guardare "con crescente preoccupazione ai ripetuti tentativi di riscrittura dello statuto del pubblico ministero in Italia, soprattutto con l'insistita richiesta di separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti e di abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale che cancellerebbero in un solo colpo le faticose conquiste per l'attuazione dei principi costituzionali". Il magistrato parla di "una controriforma" portata avanti con "la convinzione che la magistratura requirente sia dotata di un eccessivo potere che altera la parità delle parti a scapito della difesa" e questo "è un errore di prospettiva che non tiene conto che la nostra architettura costituzionale affida al pubblico ministero l'esercizio dell'azione penale all'esito delle indagini e al giudice il compito di verificarne la fondatezza nel contraddittorio delle parti".

"Nessun abuso di potere del pm, solo processi troppo lunghi"

E poi sottolinea come "lo spostamento del baricentro, anche mediatico, dal processo alla fase delle indagini non dipende affatto da un presunto eccesso dei poteri spettanti al pubblico ministero ma è ancorato a ben altri fattori, a cominciare dal più grave che è la eccessiva durata dei processi la cui definizione sopravviene a distanza di troppo tempo dalle indagini medesime alle quali, pertanto, viene attribuito il malinteso ruolo di anticipazione della condanna così come alle misure cautelari la funzione di anticipazione della pena".

"Le intercettazioni non vanno limitate"

Sull'ipotesi, formulata più volte dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, di limitare l'uso delle intercettazioni, Frasca afferma che "si finirebbe per depotenziare un mezzo di ricerca della prova che si è rivelato indispensabile e insostituibile" e "preoccupa molto l'idea che il ministero della Giustizia ha ripetutamente rappresentato di intervenire in forma limitativa sui reati diversi da quelli di mafia e terrorismo, ai quali ultimi, con successive dichiarazioni, ha aggiunto quelli così detti satellite". Un'idea che per il giudice "poggia su una scivolosa distinzione tra reati di mafia e reati diversi, ma soprattutto non sembra tener conto della rilevanza, anche nell'ambito delle attività delle organizzazioni mafiose, dell'utilità che ricavano dai delitti contro la pubblica amministrazione e, in particolare, dalla corruzione, male endemico del nostro Paese che pone a serio rischio l'economia degli Stati e lo stato sociale".

"Strumento essenziale contro intreccio tra mafia e corruzione"

Il presidente della Corte d'Appello rimarca come "occorre avere la consapevolezza che l'omertà nei fenomeni corruttivi è forse ancor più marcata che nelle vicende di mafia e la già ardua scoperta degli episodi di corruzione spesso avviene a distanza di anni dalla loro consumazione. Il nuovo intreccio criminale tra mafia e corruzione richiede scelte strategiche di sistema, con la riscrittura delle norme che innalzino il rischio dell'illecito, rendano più agevole l'accertamento dei fatti delittuosi e riducano la possibilità dell'impunità per i colpevoli: e le intercettazioni sono tra gli strumenti necessari a tali fini. Il ministro della Giustizia ha affermato che 'i mafiosi non parlano al telefono'. Questo può essere vero solo con riferimento alle tradizionali forme di comunicazione telefonica, e peraltro neanche in modo assoluto, ma i criminali ricorrono a modalità sempre più sofisticate di comunicazione per intercettare le quali è indispensabile fare ricorso alla tecnologia, la cui inevitabile invasività è bilanciata dai rigorosi limiti di ammissibilità di ricorso alle intercettazioni e dalle cautele imposte in diversi momenti dalla normativa vigente che probabilmente costituisce il punto di equilibrio più avanzato tra efficienza e garanzia".
 

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