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Cronaca

Dal disagio dei ristoratori al no dei centri sportivi: il Green pass agita il mondo delle imprese

I vertici regionali della Fipe: "Il controllo dei documenti è una forzatura, non possiamo svolgere funzioni da pubblico ufficiale". Per l'Anif basterebbe continuare a rispettare i protocolli anti Covid: "Così invece si penalizza l'intero settore, per palestre e piscine al chiuso si tratta di una semi-chiusura"

L'introduzione del Green pass agita il mondo delle imprese. I pubblici esercizi (oltre 23 mila attività in Sicilia) si dicono pronti a partire, anche se non mancano difficoltà organizzative: su tutte il controllo dei green pass ai clienti che decideranno di consumare al tavolo all’interno dei locali. Contro il Green pass si schiera l'Anif (Associazione nazionale impianti fitness&sport), secondo cui "nei fatti ciò comporterà una semi-chiusura delle palestre e piscine al chiuso". Secondo Germano Bondì, presidente regionale Anif Eurowellness Sicilia ed Endas Sicilia, "si tratta di restrizioni penalizzanti per l’intero settore".

Bar e ristoranti vivono con disagio il controllo dei documenti: "E' un atto di sfiducia nei riguardi dei clienti e una forzatura perché gli imprenditori e gli addetti non possono svolgere funzioni da pubblico ufficiale - afferma il presidente regionale Fipe Confcommercio, Dario Pistorio -. La responsabilità dell’uso improprio del green pass non può ricadere sulle imprese ed è per questo che fin dall’inizio abbiamo sostenuto la procedura dell’autocertificazione che è stata alla base di tutte le norme varate nei momenti più complicati della pandemia”.

Il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti, aggiunge: “Occorre immediatamente mettere mano al decreto legge per correggere una distorsione che le imprese faranno fatica ad applicare. Da ultimo, va segnalata la difficoltà di quel 40% di imprese che non hanno spazi esterni che si troveranno a respingere i turisti che provengono da quei Paesi che hanno somministrato vaccini non riconosciuti dall’Ema. Un bel paradosso in piena stagione turistica”. Intanto emerge che i clienti degli alberghi che vogliono accedere ai ristoranti e ai bar al chiuso nelle strutture non dovranno utilizzare il green pass. Lo ha deciso la cabina di regia tra i capigruppo della maggioranza confermando quanto già previsto dal decreto precedente. "Un segnale - dice Manenti - che va nella direzione da noi auspicata”.

L'Anif, che si è confrontata con alcuni consulenti scientifici, sostiene che basterebbe continuare a rispettare i protocolli anti Covid, "adottati da subito con un costo economico, peraltro, molto elevato". Dall’uso obbligatorio della mascherina nelle proprie strutture, al distanziamento; dalla sanificazione degli attrezzi e degli ambienti, al rilevamento della temperatura all’ingresso, alla registrazione degli utenti presenti all’interno della struttura.

"Un pacchetto di provvedimenti e protocolli che ha trasformato gli stessi centri sportivi - tutto dimostrato dai numeri - in oasi di salute, capaci di tenere lontano contagi e pandemia. E soprattutto hanno impedito i pericolosissimi assembramenti che dopo gli Europei di calcio stanno rilanciando l’emergenza. Senza contare la possibilità di tracciabilità totale (persona, sala, giorno, ora...) dell'utente coinvolto in un caso di positività", spiega Germano Bondì. "Ecco perché imporre il Green Pass ai centri sportivi risulterebbe particolarmente inopportuno. Tanto più che significherebbe, di fatto, precludere lo sport ai giovani e ai bambini che, per ragioni di età, non sono vaccinati".

"Nell’attuale situazione e contesto - conclude Bondì - il green pass dovrebbe essere limitato a coloro che sono maggiormente a rischio, ovvero gli over 60. Tra l’altro da un rilievo fatto da ANIF, fra i frequentatori in tale fascia d’età dei centri sportivi, i vaccinati sono la quasi totalità in quanto maggiormente attenti a proteggere la propria salute". 

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