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Cronaca

Palermitano nuovo pentito dei Casalesi: le lettere alla ex moglie lo "inguaiano"

Girolamo Arena, 38enne, era stato arrestato nel febbraio 2019 nel corso della maxi operazione contro la Camorra in Veneto. Adesso il processo e la sua testimonianza. Gli avvocati hanno ripetutamente chiesto chiarimenti anche sulla presunta parentela con Totò Riina

Le lettere dal carcere del neo collaboratore di giustizia lette in aula dall'avvocato della ex moglie. E' quanto accaduto negli scorsi giorni nel corso del processo per le infiltrazioni del clan dei Casalesi in Veneto, in particolare quelle del gruppo guidato dal boss Luciano Donadio. Nel corso del processo è proseguita la testimonianza del nuovo collaboratore di giustizia Girolamo Arena, 38enne palermitano, che ha concluso l'esame dei pm Terzo e Baccaglini parlando della disponibilità di armi da parte del sodalizio camorristico. Girolamo - detto Gino - era stato arrestato nel febbraio 2019 nel corso della maxi operazione contro la Camorra in Veneto, che in quella circostanza aveva portato alla cattura di 50 persone (tra cui un altro palermitano, Vincenzo Centineo)

Il piatto forte di giornata è stato il controesame delle difese, in particolare quello dell'avvocato difensore di Michela Basso, ex moglie proprio di Arena ed anche lei alla sbarra degli imputati. La donna per un periodo è stata la segretaria di Luciano Donadio (presunto boss del sodalizio mafioso che aveva fatto di Eraclea, comune alle porte di Venezia, il nuovo regno dei Casalesi) e, secondo quanto riferito in aula da Arena, sarebbe stata a conoscenza delle attività illecite del gruppo di Eraclea. Ma la difesa ha giocato l'asso nella manica: le lettere dal carcere prima della separazione (ancora in corso, in verità).

Il legale ha provato prima a produrle riuscendo a strappare al giudice la possibilità di poter fare domande su quei manoscritti. Nelle missive Arena si scusa con la consorte per averla trascinata in quella situazione e che lei non c'entrava nulla. Una discrepanza rispetto a quanto riferito ai giudici. Giudici che devono ancora sciogliere la riserva sia sulle trascrizioni delle intercettazioni, su cui è stata chiesta una "traduzione", sia sulla questione dei pentiti (imputati di reato connesso che stanno procedendo in abbreviato) sentiti dal pm in separata sede ma citati anche come testi della difesa.

I difensori hanno ripetutamente chiesto chiarimenti anche sulla presunta parentela con Totò Riina, che Arena avrebbe vantato. "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere - ha ripetuto il collaboratore, spazientito, secondo quanto riporta Il Gazzettino. - Tutti quelli che accusano Donadio sono brutti, cattivi e bugiardi!". La domanda gli è stata poi rivolta da Terzo. "Se mi sono dichiarato nipote di Riina, l'ho fatto a titolo di battuta" ha replicato. Arena, rispondendo ai difensori, ha anche detto di non sapere di richieste di pizzo ai commercianti della zona.

Arena negli scorsi giorni aveva raccontato di come il clan dei Casalesi si sia infiltrato nel tessuto economico e sociale veneto: prima a colpi di pistola poi con la forza intimidatrice derivante dall'appartenenza al sodalizio. Il palermitano aveva parlato del sistema Donadio tra intestazioni fittizie e false fatture, delle estorsioni, di qualche imprenditore finito sotto usura

Il processo vede alla sbarra una quarantina di imputati tra cui appunto Luciano Donadio, Raffaele ed Antonio Buonanno di San Cipriano d'Aversa ed Antonio Pacifico, di Casal di Principe. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo, guidato da Donadio e Raffaele Buonanno, si era insediato nel Veneto dagli anni '90 andando a rilevare le attività che erano sotto l'egemonia della Mala del Brenta. L'organizzazione criminale, dedita all'usura ed all'estorsione, avrebbe destinato, secondo gli inquirenti della Dda, parte dei proventi illeciti per sostenere i carcerati di alcune famiglie storiche del sodalizio Casalese.

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