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Cronaca

Giro di tangenti nella sanità, gli imputati puntano agli sconti di pena: in tre patteggiano

I dieci coinvolti nell'inchiesta "Sorella Sanità" vogliono ricorrere ai riti alternativi. In 7, tra cui gli ex manager delle Asp di Palermo e Trapani, Antonio Candela e Fabio Damiani, optano per l'abbreviato. Due imprenditori e un faccendiere hanno invece concordato pene tra i 4 e i 5 anni con i pm

Scelgono tutti riti alternativi e puntano quindi ad ottenere sconti di pena in caso di condanna. I dieci imputati dell'inchiesta "Sorella Sanità", quella con cui la Procura aveva scoperto un vasto giro di tangenti per l'assegnazione di appalti dal valore di circa 600 milioni, hanno tutti chiesto, infatti, di essere processati con l'abbreviato e, in tre casi, addirittura di patteggiare la pena. Il gup Antonella Consiglio, dopo aver fissato il giudizio immediato, dovrà ora stabilire se accogliere le istanze e indicare la data dell'udienza.

Gli arresti erano stati eseguiti il 21 maggio dalla guardia di finanza, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Giovanni Antoci e Giacomo Brandini. Poi, il mese scorso, i pm hanno chiesto ed ottenuto l'immediato, ritenendo di avere prove così lampanti da rendere superflua l'udienza preliminare. Gli imputati hanno avuto a loro volta la possibilità di optare per i riti alternativi.

Nello specificio, a chiedere l'abbreviato, sono l'ex manager dell'Asp di Palermo e, al momento dell'arresto, coordinatore della struttura regionale per l'emergenza Coronavirus, Antonio Candela, il manager dell'Asp di Trapani, nonché responsabile della Centrale unica regionale per l'affidamento degli appalti, Fabio Damiani, un presunto faccendiere di Candela, Giuseppe Taibbi, e diversi imprenditori: Salvatore Navarra della Pfe Spa, Crescenzo De Stasio della Siram, Francesco Zanzi della Tecnologie Sanitarie, e Angelo Montisanti della Siram e amministratore della Sei Energia Scarl.

Hanno chiesto invece di patteggiare un altro faccendiere, vicino a Damiani, Salvatore Manganaro e gli imprenditori Roberto Satta (Tecnologie Sanitarie) e Ivan Turola (della Fer.Co Srl). La Procura ha dato il suo conenso, ma in due casi su tre, sono state poste anche delle condizioni. 

Per Manganaro la pena concordata sarebbe di 4 anni e 2 mesi, in considerazione del fatto che ha poi collaborato con i magistrati, ma condizionata alla restituzione di circa 250 mila euro. Per Turola - che, tra l'altro, avrebbe fatto da tramite tra Damiani e Gugliemo Miccichè, fratello del presidente dell'Ars, Gianfranco, in vista della sua nomina a capo dell'Asp di Trapani - la pena concordata sarebbe di 4 anni e mezzo: una condanna considerata equa dai pm, poiché l'imputato è incensurato e ha proposto di restituire qualche decina di migliaia di euro (e questo consentirebbe di concedergli le attenuanti generiche). Infine per Satta il patteggiamento prevederebbe una condanna a 5 anni. Sarà comunque il gup ad avere l'ultima parola.

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