Terrorismo, gip scarcera ricercatrice libica: "Misura inadeguata"
Secondo il gip Ferdinando Sestito la misura cautelare sarebbe sproporzionata rispetto all'entità del fatto. Nessun commento dal questore Guido Longo: "Le indagini sono in corso". Il Procuratore capo Lo Voi annuncia: "Impugneremo la decisione"
Scarcerata perché la misura cautelare è stata considerata sproporzionata rispetto all’entità del fatto. Il gip Ferdinando Sestito non ha convalidato il fermo di Khadgia Shabbi, la libica di 45 anni nonché ricercatrice di economia presso la facoltà di Economia di Palermo. "Quanto alla scelta della misura - scrive il gip - non può non tenersi conto del fatto che le condotte della Shabbi si sono limitate a prese di posizione, talora pubbliche e spesso originate da una vicenda privata quale la morte del congiunto, slegate da contributi effettivi in favore di alcun gruppo terrorista, contributi di cui l'indagine non fornisce evidenza alcuna. A ciò si aggiunga il dato circa l’assoluta incensuratezza della Shabbi, oltre il suo pieno inserimento nel tessuto civile". La ricercatrice - secondo quanto affermato dal questore Guido Longo - era sotto controllo da mesi. "Le indagini proseguiranno", ha spiegato.
LA PERQUISIZIONE IN CASA/VIDEO
Una decisione che ha fatto storcere il naso al procuratore capo Francesco Lo Voi, che annuncia la volontà di opporsi. "La misura è del tutto inadeguata alle esigenze cautelari e all'intensissima rete di rapporti intrattenuti dall'indagata, oltre che contraddittoria e contraria alla più recente giurisprudenza. Pertanto la impugneremo". Dopo la carcerazione il gip ha disposto per Shabbi l’obbligo di dimora, prescrivendole di non allontanarsi senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria e di permanere presso la propria abitazione dalle ore 20 alle ore 7. Gli indizi di colpevolezza riscontrati, però, non hanno convinto il gip a interdirle le comunicazioni tramite internet, non escludendo che ciò possa permettere di seguire i suoi ulteriori ed eventuali contatti con l’esterno.
Il questore Guido Longo (nella foto a destra) ha evitato però ulteriori polemiche: "Rispettiamo la scelta della magistratura e continuiamo le nostre attività d’indagine. La tenevamo d’occhio da mesi e tutt’ora le indagini sono in corso. Se ci sono altri presunti complici in città? Su questo non posso dire nulla. Sicuramente l'allerta terrorismo resta alta ovunque". La ricercatrice libica, che riceve un assegno per la sua attività dal suo stato d’origine, e durante la sua permanenza a Palermo negli ultimi tre anni aveva utilizzato i social network per “propagandare” il suo pensiero e il "suo appoggio alla causa jihadista". Tramite Facebook e Whatsapp, strumenti che riteneva sicuri e non intercettabili, si sarebbe messa in contatto anche con alcuni foreign fighters e altri "simpatizzanti" della causa jihadista, in Belgio e in Gran Bretagna.
Nonostante quanto sembrerebbe essere stato accertato durante le indagini il gip ha rigettato la richiesta, firmata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Geri Ferrara ed Emanuele Ravaglioli. Restano al vaglio alcune delle dichiarazioni che la Shabbi faceva attraverso i social: "Anche io stessa spero con tutto il mio cuore alla creazione dello Stato Islamico e, credetemi, l'Isis può essere un vero Stato Islamico e i ragazzi e gli uomini di Benghasi (la sua citta d'origine, ndr) sono a suo favore, ma quelli che conosciamo bene, impossibile dire che siano dell'Isis". Alla donna viene contestato anche di aver trasferito somme di denaro all’estero, che potrebbero essere servite a portare in Italia un suo congiunto, combattente delle milizie islamiche in Libia, iscrivendolo a un corso di lingua e facendogli ottenere un visto per motivi di studio. Ma il ragazzo, nel frattempo, sarebbe stato ucciso.