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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Il palermitano Giovanni Lo Porto ucciso per sbaglio in un raid Usa

Il quarantenne, esperto di collaborazione internazionale, era stato rapito nel gennaio del 2012 mentre si trovava in un'area tribale al confine tra Pakistan e Afghanistan. Lo ha annunciato la Casa Bianca

Il governo degli Stati Uniti ha annunciato di avere ucciso per sbaglio il palermitano Giovanni Lo Porto in un attacco contro Al Qaida con un drone lo scorso gennaio in Afghanistan. Nell’attacco è morto anche un ostaggio statunitense, Warren Weinstein. Lo Porto era scomparso nel gennaio del 2012 mentre si trovava in un’area tribale al confine tra Pakistan e Afghanistan. Da tre anni non si sapeva che fine avesse fatto e se ne parlava molto poco, anche in seguito alla richiesta del governo italiano di non diffondere troppe informazioni per non complicare le indagini.

OBAMA - "Ho parlato ieri (mercoledì, ndr), col primo ministro italiano Matteo Renzi" dell’uccisione dell’ostaggio Giovanni Lo Porto: lo ha detto Barack Obama in un messaggio video. "Nessuna parola può esprimere appieno il nostro rammarico per questa terribile tragedia", afferma la Casa Bianca, esprimendo "enorme dolore". La Casa Bianca si è assunta "la piena responsabilità delle operazioni in cui sono rimasti uccisi gli ostaggi di al Qaida Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein".

IL CORDOGLIO DEL SINDACO ORLANDO

Nel comunicato, la Casa Bianca ha sottolineato che nell’operazione contro un edificio di al Qaeda, "non c’era motivo di credere che all’interno del compound, al confine tra Afghanistan e Pakistan, fossero presenti" i prigionieri. "Nessuna parola può esprimere il nostro dispiacere per questa terribile tragedia", ha aggiunto la Casa Bianca. "Il Presidente ha stabilito che queste informazioni, finora segrete, dovessero essere diffuse oggi, declassificate e condivise con il popolo americano", prosegue la nota, "si assume la piena responsabilità di queste operazioni e crede che sia importante fornire agli americani più informazioni possibili sulle operazioni anti-terrorismo, in particolare quando provocano la morte di nostri cittadini".

LA SCHEDA - Giovanni Lo Porto aveva 40 anni, era nato a Palermo ed era un esperto di collaborazione internazionale. Aveva conseguito una laurea in materia a Londra, nel Regno Unito, e successivamente si era specializzato in Giappone. Aveva lavorato all’organizzazione e alla gestione di iniziative umanitarie nella Repubblica Centrafricana e ad Haiti

IL DRAMMA DELLA FAMIGLIA - "Lo Stato ci aiuti. Ci affidiamo alle autorità, al Governo, perchè il nostro Giovanni torni al più presto a casa sano e salvo. Restiamo costantemente in attesa di notizie”. Questo l'appello lanciato dalla famiglia di Lo Porto dopo il rapimento. Nella loro casa di via Pecori Giraldi, allo Sperone, la mamma 57enne, Giuseppa Felice, e il fratello Giuseppe hanno passato tre anni in attesa di novità. Oggi il tragico annuncio.

VIDEO - "GIOVANNI LO PORTO LIBERO", L'APPELLO DI FAMIGLIA E AMICI

LA VICENDA - Nelle prime settimane del 2012 Lo Porto aveva raggiunto il Pakistan, dove avrebbe dovuto iniziare a lavorare per conto dell’organizzazione non governativa (Ong) tedesca Welt Hunger Life, nell’ambito di un progetto per portare aiuto alle popolazioni ancora in difficoltà in seguito alla grande alluvione del 2010. Stando alle ricostruzioni pochi giorni dopo il suo arrivo un gruppo di quattro persone avrebbe assaltato la sede dell’Ong rapendo Lo Porto insieme al collega tedesco Bernd Muehlenbeck. Per mesi dal giorno del rapimento non si è saputo praticamente nulla sui due ostaggi: solo qualche sporadica notizia con informazioni talvolta in contraddizione tra loro.

Durante la sua informativa in Parlamento a inizio gennaio, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva confermato che il governo era impegnato a lavorare per riportare in Italia Lo Porto, ricordando che si trattava di una vicenda su cui lavorare “con discrezione giorno per giorno”. Gentiloni non aveva dato nessun altro tipo di informazioni né sul punto cui fossero eventuali trattative con i sequestratori, ammesso ci fossero canali di comunicazione aperti, né sulle condizioni dell’ostaggio.

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