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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

"Rubavano benzina e attrezzi dal deposito di via Ingham", licenziati 4 dipendenti della Rap

La sentenza della Cassazione sancisce definitivamente la legittimità del provvedimento dell'azienda che risale a diversi anni fa, quando i lavoratori vennero pure arrestati. In primo grado il giudice aveva invece bocciato la decisione e disposto la loro reintegra

Erano finiti agli arresti domiciliari perché, da dipendenti della Rap, avrebbero rubato carburante e attrezzature nel deposito di via Ingham. L'ex municipalizzata li aveva prima sospesi e poi licenziati per giusta causa: dopo oltre sette anni la decisione dell'azienda per l'igiene ambientale è stata ritenuta legittima dalla Cassazione. Fu giusto, dunque, allontanare quei quattro lavoratori "infedeli", anche se il processo penale a loro carico all'epoca del provvedimento era solo alle prime battute. In primo grado, invece, il giudice del Lavoro aveva disposto la reintegra.

Il licenziamento diventa definitivo per Francesco Mancuso, Antonio Cardinale, Salvatore Messina e Giovanni Di Franco, come ha stabilito il collegio presieduto da Guido Raimondi. I quattro sono stati anche condannati a pagare le spese di giudizio alla Rap, oltre 5.200 euro a testa.

Dalle indagini condotte tra luglio del 2013 e febbraio 2014 si era scoperto che gli ormai ex dipendenti avrebbero sottratto ripetutamente carburante dai mezzi dell'azienda e chi sarebbero anche impossessati di attrezzature di vario genere. Ad aprile del 2015 erano stati arrestati per peculato e successivamente anche rinviati a giudizio. La Rap li aveva prima sospesi e poi licenziati in tronco, anche se di fatto il processo penale a loro carico era appena iniziato e non era stata emessa neppure una sentenza di primo grado.

Al di là dei fatti rilevati durante le indagini della Procura, però, il giudice del Lavoro in primo grado aveva dato ragione ai quattro dipendenti, disponendone l'immediata reintegra, ritenendo che all'interno della Rap, nella fase di transizione dalla fallita Amia, vi fosse "un caos organizzativo", che avrebbe costretto i lavoratori a decidere a volte in autonomia come intervenire per non ostacolare il servizio. 

Questa decisione era stata poi totalmente ribaltata dalla Corte d'Appello, che aveva ritenuto legittimo il licenziamento da parte della Rap. I lavoratori hanno quindi fatto ricorso in Cassazione, articolando numerosi motivi, tra cui il fatto che i giudici non avrebbero voluto sentire alcuni testimoni che avrebbero potuto dimostrare la liceità dei loro comportamenti, finalizzati - a loro dire - soltanto a garantire il servizio pubblico, ma anche sostenendo che la Corte si sarebbe "appiattita" sull'ordinanza di custodia cautelare, senza vagliare in autonomia gli elementi. La Suprema Corte ha però deciso di rigettare i ricorsi, ritenendo corretta la sentenza d'appello.

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