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Giovedì, 28 Marzo 2024
La storia

Strapparono alla morte un uomo pronto a gettarsi da un ponte, un premio per due fratelli: "E' stato come salvare noi stessi"

Vincenzo e Filippo Mulè, lo scorso aprile, fermarono un signore che aveva deciso di lanciarsi sulla strada che collega Portella di Mare a Misilmeri. Ora c'è una proposta di medaglia al valor civile da parte del Comune di Misilmeri

Hanno salvato in extremis un uomo che aveva deciso di lanciarsi dal ponte che collega Portella di Mare a Misilmeri. E oggi per Filippo e Vincenzo Mulè - titolare di una tabaccheria il primo, militare dell'esercito italiano il secondo - c’è una proposta di medaglia al valor civile da parte della giunta del Comune di Misilmeri. Adesso l'amministrazione chiederà alla Prefettura di volere procedere presso il Ministero dell’Interno. Toccherà poi al presidente della Repubblica concedere l'onorificenza su proposta del Viminale.

Al di là dell'iter burocratico, c'è la storia di questi due fratelli palermitani che sono riusciti a strappare alla morte un uomo. Era aprile dello scorso anno, qualche giorno dopo Pasqua, quando i Filippo e Vincenzo stavano raggiungendo l’attività commerciale di famiglia. “Era un periodo particolare, tra pandemia e lockdown, per strada non c’era nessuno - racconta a PalermoToday uno dei due fratelli, Vincenzo Mulè, caporal maggiore capo scelto del Quarto Reggimento Genio Guastatori alla caserma Ciro Scianna -. Ci siamo accorti di questo signore sul ciglio del ponte. Era agitato, non era in sé. L’istinto mi ha fatto capire tutto. Qualcosa di inspiegabile. Guardava sotto e ho avuto come un sesto senso. Aveva già scavalcato il guardrail. Non c’ho pensato un attimo. Sono corso istintivamente a bloccarlo. Lo trattenevo forte verso di me”.

Il racconto si fa drammatico. Vincenzo ripercorre quegli istanti delicatissimi. "Mi chiedeva di lasciarlo andare. Io lo tenevo tra spalla e collo, avevo una presa sicura. Ma lui continuava a strattonarsi con una forza disumana dettata dall’eccesso adrenalinico che aveva in corpo. Continuavamo a ripetergli che se ci fossimo stati noi al posto suo, lui avrebbe fatto lo stesso. Lui ci avrebbe salvato. Sono arrivati i carabinieri, è stato un lavoro di squadra a quel punto. Quando si è convinto ha avuto un crollo. È arrivata l’ambulanza. È stato triste immaginare che quest’uomo, in un periodo di festa, sentisse questa spinta venire da dentro".

Il militare 43enne, che presta servizio da oltre 25 anni ed è stato anche in Iraq tra gli scontri a fuoco, ha ricevuto anche un encomio solenne in caserma, uno dei titoli più importanti che un militare può ricevere. "Ma non sono i premi a fare la differenza, perché non è stato un atto di eroismo, lo avremmo fatto tutti - spiega ancora -. Dobbiamo ascoltare i nostri sensi. Io e mio fratello potevamo pure tirare dritto. Ma abbiamo subito capito che c’era qualcosa che non andava. Non dimenticherò mai la determinazione di quell'uomo nel dirmi di voler essere lasciato, lasciato andare. ‘Lassami iri’ urlava disperato. Per me è stata un’esperienza forte, non facile da superare o dimenticare. Faccio il militare da tanti anni, ho perso tanti colleghi. Col tempo mi sono reso conto che alcune volte salvando gli altri salvi te stesso".

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