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Cronaca

Finanza, manette per due usurai Sequestrati beni per 20 milioni

L’operazione è stata chiamata “il Monaco” dal nome di uno dei due i responsabili arrestati che concedevano ingenti prestiti a tassi di interesse esorbitanti, tra il 120% ed il 300% annuo

Un vastissimo giro di usura che ha coinvolto decine di imprenditori e commercianti della provincia di Palermo e di Trapani. La guardia di finanza su richiesta della Procura della Repubblica in queste ore ha portato a termine l’operazione iniziata circa un anno fa chiamata "il Monaco" dal nome di uno dei due i responsabili arrestati che erano a capo di un’organizzazione che concedeva numerosi ed ingenti prestiti a tassi di interesse esorbitanti, tra il 120% ed il 300% annuo.

Fondamentali si sono rivelate le denunce presentate da due imprenditori, ormai stremati dalle continue richieste di denaro da parte di uno degli indagati. Tra le vittime piccoli artigiani e commercianti, ma anche casalinghe e pensionati, tutti cittadini a cui il credito legale aveva ormai chiuso le porte e che la crisi economica che attanaglia anche il capoluogo siciliano ha posto di fronte ai drammatici problemi conseguenti ad un crescente indebitamento, come confermano le recenti statistiche che classificano la Sicilia tra le maggiori regioni a rischio di usura.

Ingente il patrimonio, accumulato negli anni con i proventi dell’usura, sequestrato agli indagati contestualmente al loro arresto: conti correnti, libretti di risparmio, quote di fondi comuni di investimento, titoli di Stato, quote societarie e 60 immobili tra appartamenti, ville, garage, locali commerciali, dislocati tra Palermo e Balestrate, nonché un prestigioso appartamento a Milano, per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro.

A nulla è servito l’espediente di uno degli indagati di disfarsi formalmente dell’immenso patrimonio personale, trasferendolo cartolarmente ai figli. Infatti, le indagini economico-patrimoniali condotte dalle Fiamme Gialle, hanno dimostrato come l’unica fonte di ricchezza che aveva permesso di realizzare tutti gli investimenti patrimoniali, fosse, di fatto, costituita esclusivamente dalla redditizia attività usuraria.

Ufficialmente, uno degli arrestati negli ultimi venti anni aveva dichiarato redditi ai limiti della sussistenza e persino perdite derivanti da un’attività di commercio di ceramiche, risultata poi essere inattiva da diversi anni; nella realtà i prestiti concessi a tassi usurari  hanno garantito a lui ed al suo socio rendite tali da non dover svolgere nessun altro lavoro.

Gli investigatori hanno quindi seguito gli arrestati per mesi, monitorando i loro spostamenti ed i loro quotidiani contatti con le numerose vittime, nonché esaminato la notevole mole di documentazione che ha permesso di ricostruire il vorticoso “giro di affari” riguardante l’attività usuraria e di individuare tutte le disponibilità finanziarie illecitamente accumulate.

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