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Cronaca

Gli intrighi alla Regione, il killer silenzioso: quel funzionario ucciso per vendetta

Diciannove anni fa l'omicidio di Filippo Basile, ucciso a Palermo il 5 luglio 1999. Era stato nominato capo del personale dell'assessorato all'Agricoltura e Foreste. A ordinare il delitto Nino Sprio

Da poco più di due anni era stato nominato capo del personale dell'assessorato all'Agricoltura e Foreste. Filippo Basile, 38 anni, è stato fatto fuori con tre colpi di pistola in un altro 5 luglio, del 1999. Ucciso in pieno giorno, in un pomeriggio di 19 anni fa. Un omicidio che aveva fatto ripiombare di colpo Palermo nel suo periodo più buio. Il delitto si consuma nei pressi dell'assessorato regionale all'Agricoltura. Il killer raggiunge Basile in un parcheggio mentre è seduto in auto e sta per rientrare in ufficio, si finge un posteggiatore e chiede qualche spicciolo. Poi estrae la pistola e apre il fuoco, uccidendo il dirigente. Senza far rumore, perché la pistola è col silenziatore. L'assassino aveva tagliato la ruota anteriore sinistra dell'auto per non far scappare la sua vittima. 

Si parla di mafia. Qualche mese dopo Ignazio Giliberti, sicario palermitano in missione in Toscana, confessa e ammette di essere un killer al soldo di un funzionario regionale corrotto. Racconta di aver ammazzato Filippo Basile e risolve un giallo eccellente che ha per sfondo gli intrighi della Regione siciliana. A commissionare l'omicidio è stato Nino Sprio, ex impiegato della Regione Sicilia, per vendetta. Sprio era stato arrestato nell'86 per una storia di truffe su contributi agricoli.

Basile era capo del Personale dell'assessorato: si era messo in mente di far licenziare Sprio dopo aver scoperto le sue magagne. Sono passati 19 anni. Oggi Leoluca Orlando ha voluto ricordare il funzionario regionale dell'assessorato Agricoltura e Foreste. "Vediamo Basile come punto di riferimento per quanti vivono la dimensione della pubblica amministrazione come servizio a favore della comunità - ha detto il sindaco -. Un ricordo che è anche rifiuto e condanna di quei comportamenti, per fortuna sempre più socialmente e culturalmente isolati, di chi vive la dimensione amministrativa e politica come clientela e subcultura mafiosa".  

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