L'appello: "I poveri non possono curarsi, a Palermo servono 28 mila farmaci"
Corsa contro il tempo per contrastare l'emergenza povertà sanitaria. A lanciare la sfida è la Fondazione Banco farmaceutico
Una corsa contro il tempo, 28 mila confezioni di farmaci per curare questo picco influenzale da raccogliere entro lunedì prossimo. A lanciare la sfida, che risponde a una sempre maggiore richiesta di farmaci da parte di persone che non possono permettersi di comprarli, è la Fondazione Banco farmaceutico che, a Palermo e provincia, assiste ben 28 enti caritatevoli a fronte di un fabbisogno di farmaci cresciuto a ben 28mila confezioni. Quest'anno la raccolta è cominciata prima, lunedì scorso, ma il clou sarà oggi e lunedì 10 febbraio, con in campo tutte le 94 farmacie aderenti all'iniziativa, in aumento rispetto all'edizione del 2019, e con 400 volontari del Banco farmaceutico. "E' importante l'impegno di tutti i cittadini - spiega Roberto Tobia, presidente di Federfarma Palermo - perché sono sempre di più le persone che, pur avendo la ricetta del Servizio sanitario nazionale, non possono pagare neanche il ticket. Non riusciamo ad aiutare tutti perché spesso si vergognano e neppure entrano in farmacia, rinunciano a curarsi aggravando la propria condizione di salute".
"Purtroppo - aggiunge Mario Bilardo, presidente dell'Ordine provinciale dei farmacisti - l'emergenza non si ferma con la raccolta per il Banco farmaceutico ma prosegue quotidianamente, tutto l'anno, con i farmacisti sempre impegnati in prima linea per contribuire a risolvere i problemi di questa società sempre più in declino. I dati Istat confermano che la povertà sanitaria è in aumento e non basta più la generosità: occorre trovare una soluzione strutturale". Una situazione confermata anche da Salvatore Beninati, della Farmacia solidale dell'Istituto Villa Nave. "Riceviamo sempre più confezioni dal Banco farmaceutico, dalle farmacie, dalle industrie e da privati cittadini e riusciamo ad aiutare tanti poveri e tanti enti caritatevoli - afferma - C'è anche quando riusciamo a inviare confezioni in zone di guerra come ad Aleppo, in zone dove operano i soldati italiani come in Libano, o a missioni in Congo, ma spesso dobbiamo dire no per mancanza di disponibilità. E' un'emergenza molto più grande di noi".