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Cronaca Zen

Baratti, binocoli e droga davanti ai bambini: sembra Gomorra ma è lo Zen

Dinamiche simili a quelle di Scampia: pochi capi, tante vedette, ricambio continuo di pusher, turni massacranti, totale condivisione di obiettivi, rischi e strategie, e la donna contabile. I retroscena della maxi operazione che ha portato a 24 arresti

Turni collaudati, totale condivisione di strategie e rischi, stessi obiettivi, legami intensi, dinamiche ben definite. Un clan affiatatissimo, protetto dagli sguardi indiscreti con tanto di binocoli affidati alle giovani vedette. Lo Zen come Gomorra: è quello che emerge nelle pieghe della maxi operazione antidroga che ha appena portato a 24 arresti. Un'indagine partita nel novembre 2015 e culminata all'alba di oggi. Tre erano i capi: Antonino Mazza, Massimiliano Zarcone e Salvatore Bonura, aiutati dai “fiduciari”, Salvatore Catanzaro e Paolo Puleo (LEGGI TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI), impegnati nel fare da tramite tra i boss e la manovalanza, deputati a gestire le scorte di droga, la ripartizione delle dosi e la raccolta del denaro. Soldi "affidati" a Elena Billeci (moglie di Zarcone), la contabile del gruppo: era lei ad annotare sui suoi quaderni il numero delle dosi distribuite durante i turni di "lavoro". (IL VIDEO DELL'OPERAZIONE)

COME SCAMPIA - Lo Zen come Scampia. Una struttura piramidale: precisi compiti assegnati ai pusher che smerciavano droga dalla mattina alla sera, in molte circostanze anche davanti ai bambini che giocavano come se nulla fosse. Giovani vedette erano in costante contatto telefonico con gli spacciatori per avvisarli dell’eventuale arrivo delle forze dell’ordine. I vertici "governavano" dai padiglioni di via Pensabene. Telefonini vietati, accordi "sicuri": il pusher aggaciava il cliente, poi andava a recuperare la droga. L'"utente" consegnava i soldi a un altro spacciatore. E quella cassa continua che si alimentava ogni 100 euro di incasso. Gli acquirenti arrivavano da tutta Palermo e oltre (anche da Catania).

Droga, blitz allo Zen - le foto

SPACCIO DAVANTI AI BAMBINI - Giro d'affari vertiginoso: anche fino a 2.500 euro al giorno. A guidare pusher e vedette c'era una regia comune che pretendeva la condivisione degli obiettivi. Si spacciava a cielo aperto, anche davanti alla scuola Falcone (in questo caso il pusher incaricato era un minorenne, proprio per passare inosservato) con genitori e docenti ormai abituati ai continui scambi tra droga e denaro, come denuncia il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri. I pusher venivano pagati 50-80 euro al giorno in base agli affari. Per la banda era un vero e proprio business lecito, che avveniva senza l'ingerenza di Cosa nostra. "I carabinieri allo Zen percepivano l’umore dei residenti - dice Davide De Novellis, comandante della stazione San Filippo Neri -. Per loro questo blitz è stata una liberazione. I bambini erano costretti a vedere gli spacciatori, c'era una notevole sfacciataggine da parte della banda che pensava di potere fare tutto ciò che voleva perché nessuno si opponeva".

Zen, blitz nel regno della droga

TURNI E NASCONDIGLI - La droga veniva custodita in nascondigli diversi in base alla tipologia e confezionata secondo modalità precise e costanti nel tempo (stecchette di hashish, bustine di marijuana, piccoli involucri a goccia per la cocaina). Questi i turni: c'era chi copriva la mattina, chi "lavorava" l’intero pomeriggio fino alla sera, e poi c'era il "notturno" fino alle 8 dell'indomani. Uno scambio di lavoro condito dal classico “passaggio di consegne”, con il conteggio e l’eventuale ripartizione delle dosi avanzate e del denaro ricavato tra "smontanti" e "subentranti". E quando i carabinieri arrestavano uno di loro, intervenivano i “capi” con nuove direttive ai gregari. Sì, perché i traffici dovevano proseguire. Per dare un segnale i boss davano la scossa, invitando i giovani pusher a scendere subito in piazza e farsi vedere in mezzo ai padiglioni, rassicurando la piazza di spaccio. Tra gli arrestati c'è anche Benedetto Moceo: suo figlio due anni fa fu gambizzato allo Zen ("probabilmente per questioni legate alla droga, potrebbe esserci un collegamento", ammette De Novellis). 

Di Stasio: "Non emergono contatti con la mafia" | VIDEO

Carabinieri conferenza Zen droga-2BINOCOLO ANTICARABINIERI - "Fondamentale - dicono i carabinieri - era dare un’immagine di potenza ed immunità nei confronti delle forze dell'ordine". Così chi veniva arrestato era subito sostituito. Una riorganizzazione veloce che consentiva di mettere pezze senza fare drammi. Lo Zen infatti è una fucina di pusher. La banda, senza perder tempo, reclutava nuove leve perché l'importante era garantire la continuità. La droga veniva nascosta nei numerosi box realizzati – il più delle volte abusivamente – tra gli anfratti dei padiglioni. Tutto avveniva nel piccolo fazzoletto di strade compreso tra via Pensabene, via Nedo Nadi e via Costante Girardengo, all’interno di un’area costantemente presidiata. Attrezzatissime le giovani vedette, dotate di binocolo per avere una visione più periferica.

IL BARATTO - Pur di mantenere la “fidelizzazione” dei clienti-, l’organizzazione era aperta anche a “forme alternative di scambio commerciale”. I carabinieri hanno documentato un baratto: un acquirente, non avendo i soldi con sé ha proposto la sua felpa in cambio della droga, ricevendo il via libera dal pusher.  Un vero e proprio ciclo aziendale capace di "fatturare" duemila euro in un giorno, e fortificato dai legami familiari. I componenti della banda passavano insieme intere giornate, si scambiavano i mezzi per effettuare al meglio le loro operazioni. E per incentivare anche gli ultimi arrivati, i capi avevano deciso di interscambiare i ruoli. Vedette, fornitori, spacciatori: tutti protagonisti, inseguendo un obiettivo comune. 
 

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