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Giovedì, 25 Aprile 2024
Le intercettazioni / Carini

A Carini la holding dello spaccio: coca pure a un avvocato, un bimbo per recuperare i crediti

Andrea Giambanco, arrestato con altre 16 persone, avrebbe gestito lo smercio di droga come un'azienda, con tanto di cellulare di servizio, messaggi "promozionali" e assistenza legale. Ai pusher 200 euro a settimana, oltre 500 i clienti. Gli incontri coi fornitori palermitani vicino al Policlinico. Il bambino di 11 anni usato per raccogliere i soldi

Una holding dello spaccio, con tanto di messaggi promozionali ("Ciao ragazzi, questo è il mio numero") inviati a circa 1.500 numeri diversi, un telefonino "di lavoro" (intestato ad un cinese residente a Caserta) che gli acquirenti avrebbero utilizzato per le ordinazioni, ma col quale gli "agenti di commercio" (ovvero i pusher) sparpagliati sul territorio della provincia li avrebbero a loro volta contattati se non li sentivano per un po', auto a noleggio per agevolare gli spostamenti, reclutamento di nuove leve con promesse allettanti ("in due settimane ti fai la macchina"), nonché sostentamento ed assistenza legale in caso di problemi (leggi arresti). E' questa "l'azienda" che sarebbe stata gestita da Andrea Giambanco, 56 anni, di Carini, arrestato stamattina dai carabinieri con altre 16 persone.

I nomi dei 17 arrestati

Dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Walter Turturici emerge anche che tra i clienti - centinaia - ci sarebbero stati anche un avvocato e un ragioniere, ma anche che uno degli indagati si sarebbe servito pure del figlio di appena 11 anni per recuperare i crediti. Inoltre, i fornitori di droga (soprattutto cocaina) da spacciare tra Carini, Villagrazia di Carini, Cinisi, Terrasini, Capaci, Isola delle Femmine e Montelepre, sarebbero stati tutti di Palermo. Ne è stato individuato soltanto uno, che avrebbe incontrato Giambanco in un bar nella zona del Policlinico per discutere di "affari". Un giro di soldi notevole (si parla di decine di migliaia di euro nelle intercettazioni), anche se non sempre tutto sarebbe andato per il verso giusto, tra pessima qualità della droga, sequestri e arresti.

Oltre 2 mila cessioni in appena 6 mesi

Gli investigatori hanno documentato circa duemila cessioni in 6 mesi, tra settembre 2018 e marzo 2019, che riempiono oltre 100 pagine dell'ordinanza. A capo della presunta associazione a delinquere ci sarebbe stato Giambanco, al quale sarebbe confluito tutto il denaro incassato, ma anche Luigi Cracchiolo, Giuseppe Mannino e M. D. S. A gestire concretamente lo smercio sarebbero stati, tra gli altri, Roberto, Isidoro e Valentina Mannino (i primi due si sarebbero occupati anche della contabilità e del recupero crediti), Gaspare Impastato, Seam D'Angelo, Giuseppe Anile, Rosalia Mangione e Gaspare Abbate.

Carini storico centro del traffico di droga

La zona di Carini, come scrivono gli inquirenti, "riveste un ruolo predominante nell'ambito del traffico di droga da molti anni". Di Carini è peraltro anche Alessandro Bono, l'insospettabile titolare di un'agenzia di pompe funebri che avrebbe gestito la compravendita di cocaina tra il Sud America e la Sicilia, condannato in primo e secondo grado a 20 anni di carcere. E proprio dopo l'arresto di Bono e del suo "fidato collaboratore", Giuseppe Mannino, detto "milinciana", sarebbero comparsi sulla scena i personaggi al centro dell'inchiesta di oggi.

Gli scontri e la carneficina nella stalla

Il business molto fiorente avrebbe generato degli attriti pesanti tra Giambanco e un altro Giuseppe Mannino, un idraulico soprannominato "lo spuorco". Ed è nell'ambito di questa contesa che sarebbero avvenute l'uccisione e la gambizzazione di due purosangue a luglio del 2018. Una vicenda legata probabilmente al furto di un chilo e 200 grammi di cocaina, tanto che dopo la carneficina nella stalla di Torretta, il veterinario intervenuto sarebbe stato invitato a "mantenere il massimo riserbo" sulla vicenda.

I 1.500 clienti e i messaggi "promozionali" 

Secondo la ricostruzione della Procura, la banda capeggiata da Giambanco avrebbe potuto contare almeno su 500 clienti fidelizzati, tanto che, se non sarebbero stati loro a chiamare per ordinare, la telefonata sarebbe partita direttamente dai pusher, per assicurarsi che non avessero problemi. Sarebbero stati utilizzati anche dei messaggi promozionali per far girare il numero di quel cellulare: "Sono Andrea, questo è il mio numero" oppure "Ciao ragazzi, sono zu Andrea questo è il mio numero". Messaggi che sarebbero stati inviati a circa 1.500 numeri diversi, tra agosto 2018 e 2019.

La holding con 15 mila contatti al mese

"Giambanco gestiva l'organizzazione come un'azienda - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare - che ha i suoi agenti di commercio sul territorio. Affidava le utenze cellulari ai pusher che coprivano una determinata zona ad un determinato orario e le faceva scambiare alla fine del turno. Le utenze in questione, dal 30 agosto al 31 dicembre 2018, hanno prodotto 60 mila progressivi con una media di circa 15 mila contatti al mese". Inoltre "venivano usate macchine a noleggio o messe a disposizione da Giambanco" e "i proventi erano tutti devoluti a Giambanco, che li suddivideva in base al lavoro svolto ed autorizzava eventuali crediti agli acquirenti". In più "Giambanco garantiva sia il mantenimento durante l'eventuale detenzione sia il pagamento delle spese legali, il tutto per fidelizzare ed evitare defezioni" tra gli associati.

I fornitori a Palermo e gli incontri nel bar vicino al Policlinico

Secondo l'accusa, i fornitori di Giambanco sarebbero stati a Palermo, ma l'unico che è stato individuato è P. C., sottoposto solo all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli incontri sarebbero avvenuti nella zona del Policlinico, in un bar di via delle Cliniche, o a Carini. Diceva Giambanco all'altro indagato: "A me cagnuleddi me ne vengono una marina con tre, hai capito? Mi hai detto 100 euro e tu ti porti i tre canuzzi piccoli, quanti cagnoletti sono?".  E ancora: "C'è qua un mio cugino che ci interessava un po' di biglie" poi diventate "dieci botti" che sarebbero un chilo di cocaina al prezzo di 55 mila euro, per i carabinieri. Un'operazione poi saltata per via di una serie di arresti: "Attummuliaru tutti... Mi ha detto: 'Non c'è nessuno', per questo non mi rispondevano al telefono... Devo andare a guardare in PalermoToday", affermava Giambanco.

Così avvenivano gli scambi | video

I 15 mila euro e quel "materiale che fa schifo"

A un altro fornitore non identificato, Giambanco diceva: "Fammi questa cortesia, diglielo, io gli voglio bene, io con lui mi sono fatto grande però lui pure mi ha distrutto un poco... Fammi questo favore, tanto per altri 20 giorni ce l'ho, ne ho altri 300 grammi... gli ho dato 14 mila euro e 15 con questi... 7.250 gli dovrei dare". Il 30 ottobre 2018 sarebbe venuto a Palermo per prendere un carico, lamentandosi: "Il materiale fa schifo, sull'anima di mio padre, guarda che c'è qua, me lo hanno portato tutto indietro, guarda che pezzi che faccio", più grandi per via della scarsa qualità. "Questi sono 8 mila... Più 12.200, gli dici gli ha chiuso il conto, quello di là... E 4 mila sono di questo nuovo", un'affermazione che rende bene l'idea del giro di denaro generato dallo smercio di droga.

L'arruolamento dei pusher: "In due settimane ti fai la macchina!"

"L'azienda" di Giambanco avrebbe anche reclutato nuovi spacciatori. Uno di loro gli chiedeva: "Fate soldi? A me basta che mi dai la paga settimanale" e Giambanco spiegava: "Vedi come va la prima settimana, prendo 200/300 euro e te li do, se poi tu lavori più forte io te ne devo di più, hai capito?" e "la domenica ti do i soldi, anche sabato te li posso dare... In due settimane ti prendi la macchina! L'altra volta c'era una Smart a mille euro!". Giuseppe Anile avrebbe chiesto a Giambanco di lavorare con lui, viste le sue difficoltà economiche e, come ricostruisce l'accusa, il presunto capo avrebbe accettato, dandogli subito un pacchetto di 50 numeri di telefono da contattare.

Tra i clienti anche un avvocato e un ragioniere

Tra i numerosi clienti, acquirenti di cocaina, ci sarebbero stati anche un avvocato e un ragioniere. Giambanco diceva a uno dei pusher: "L'avvocato ti deve dare 140 euro" e l'altro: "Non gliene faccio credenza giusto?", ma Giambanco precisava: "No, a lui sì, a quello, al geometra, al ragioniere no!". In un'altra conversazione, l'indagato chiedeva ad Anile: "E l'avvocato ha chiamato?" e l'altro rispondeva: "No l'avvocato se n'è preso mezzo tramite il ragioniere, il ragioniere si è preso la solita fattura... e mi ha detto: 'Dammene mezzo per l'avvocato' e mi ha dato 20 euro. Gli ho detto: 'Che dobbiamo fare? E' 30...".

"L'avvocato posso pagarlo io"

Sarebbe stata garantita anche l'assistenza in caso di arresti. La figlia di Cracchiolo, subito dopo l'arresto del padre, avrebbe chiamato Roberto Mannino, dicendogli: "Mi ha detto mio padre di dirle che domani ha la direttissima e che gli servono i soldi..." e lui, dopo essersi consultato con Giambanco: "Domani se ne parla, ma per domani mattina ti bisognano?". La donna spiegava: "Sì, per pagare l'avvocato", allora era Giambanco a prendere il telefono e a dire: "Sì, sì, domani ci penso io". Dopo l'arresto di Anile, Giambanco avrebbe preso contatti con il fratello: "Gli dici a lui che fra martedì e mercoledì gli do 500 euro e si paga il primo mese di affitto... L'avvocato posso pagarglielo io, non è un problema".

Il bimbo di 11 anni e il recupero crediti

Uno degli indagati, che è stato sottoposto soltanto all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, avrebbe gestito un'altra rete di spaccio dopo l'arresto di Giambanco (avvenuto alla fine del 2018), in cui avrebbe coinvolto anche la moglie, il suocero e persino il figlio di appena 11 anni. Il piccolo avrebbe avuto il compito di recuperare i soldi dai clienti: "Spesso l'indagato esortava il bambino a non avere paura ed a porsi a muso duro con le persone adulte per farsi dare i soldi che dovevano a suo padre". Quando l'uomo era finito a sua volta in carcere, il bambino sarebbe andato ai colloqui e anche in quella circostanza gli sarebbero stati impartiti ordini precisi per recuperare somme dai debitori.

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