rotate-mobile
Cronaca

Notti magiche inseguendo un "pezzo": quando Palermo aveva fame all'alba

Dalle pizzette di Benny alla griglia affollata di Tony Carnazza: la città ha offerto spunti e "spuntini" degni di un romanzo

I giovani la chiamano impropriamente "fame chimica". Un impulso tanto irrefrenabile quanto incontrollato. Le notti palermitane sono un romanzo che racconta di sonni rinviati in preda all'appetito. Perché quando la serata sembrava finita, in realtà cominciava un'appendice notturna per assecondare il peccato di gola. Mentre le saracinesche di pub e discoteche si abbassavano, chioschetti, paninari, rosticcerie, ristoranti e ambulanti andavano avanti fino all'alba. E' quella che in Spagna chiamano "madrugada", ovvero la fase tra la tarda sera e l'aurora. Pezzi e cornetti salvavita, stigghiole che rianimano. La notte è più bello, si vive meglio, per chi fino alle 5 non conosce sbadiglio cantava Jovanotti. Quando ancora il centro storico era terra di nessuno e via Maqueda non era un suq arabo dove mangiare a qualsiasi ora, Palermo era un caleidoscopio di posti un po' magici, un po' rivedibili dove mangiare di notte. 

C'era Tony carnazza, così passato alla storia per via della enorme griglia in piazza Olivella dove, insieme alla madre (diventata l'archetipo della Femina panormitana di un libro del giornalista Daniele Billitteri) arrostiva alla brace ogni genere di carne. Una colonna di fumo visibile da lontano faceva intravedere quello che mamma e figlio preparavano: le stigghiole e i mangia e bevi (ma anche salsiccia e carne di cavallo) capaci di convincere con il loro profumo deciso anche i più indecisi. Ad accogliere nei tavolini in plastica del locale che aveva anche un nome, ovvero A Rarigghia nné Tony, c'era lui, il padrone di casa che negli anni diventò amico di tantissimi frequentatori: Gaetano Scarpace. Il locale è chiuso da anni e alla Champagneria molti sentono la sua mancanza. 

C'erano poi le celebri pizzette di Benny, locale chiuso ormai da oltre 10 anni. Un'istituzione, a pochi passi dal Tribunale, in una via di cui nessuno conosceva il nome (e oggi, possiamo dirlo, la via si chiama per l'esattezza via Salvatore Lo Forte): piene di pepe ("erano picanti", come amava ripetere chi le cucinava), senza prosciutto, avevano la salsa condita con lo zucchero. Una delizia, tanto che lo stesso Benny diceva sempre che la sua pizzetta non era una pizzetta, ma era la pizzetta "namber uain" (diceva proprio così). E come smentirlo. Tra i poteri taumaturgici della pizzetta di Benny, anche quello di riuscire a salvare dalla sbornia. Si dice - e chi siamo noi per smentire questa voce - che abbia salvato migliaia di giovani palermitani da litri di Ceres. Senza considerare i suoi supplì, una delizia tolta poi dal "menù" senza un vero perché. Benny, che amava cantare e ti accoglieva col sorriso per poi invitarti ad andare a dormire, è diventato uno dei simboli degli anni Duemila.

Notti magiche inseguendo un "pezzo" anche all'Uomo Ragno, alla Noce, o da Ahmed l'egiziano, in via Veneziano, alla Zisa. Ma vanno menzionati anche la creperia Porticello e il Johnny Walker, e pure la Mela Stregata. Chi aveva voglia (e ha tuttora voglia) di un panino speciale, non si lasciava intimorire dalla distanza. Che fosse inverno o estate, poco cambiava: La Fuente - che specifichiamo è ancora aperto - mette da sempre tutti d'accordo. Un locale molto piccolo, certamente dall'aspetto poco invitante, situato a pochi passi dalla piazza di Mondello, aperto fino a notte fonda e ideale per concludere una serata tra amici, ovviamente in piedi. Un'oasi aperta da mezzo secolo capace di unire generazioni diverse. Nessun cibo sofisticato, panini semplici ma buonissimi: tra tutti il siciliano, un panino farcito con salsiccia, tartare di pomodoro (quella delle bruschette), mozzarella e salsa rosa. Molti preferivano i frullati, vera eccellenza dei fratelli Toni ed Enzo che della città by night sono ancora un punto fermo. Nel cuore di Palermo invece ha sfamato generazioni di palermitani il mitico Rocky Basile con il suo panino con la milza a bordo strada, in corso Vittorio.

Anche se l'orologio aveva passato la mezzanotte da ore e ore, la musica continuava a rimbombare nelle orecchie in un mix di stanchezza e "fusione". L'ultimo drink ancora in mano e di fronte un bivio: dolce o salato? Per molti così le notti palermitane avevano la forma del cornetto. Iniziava il pellegrinaggio: oltre al chioschetto del Tribunale (che c'è ancora), una cornetteria microscopica dove il soffice impasto leggermente agrumato veniva riempito all'istante, l'alternativa è sempre stata il "team" Ganci e figli e omonimi. Quello in via Malaspina fu il primo e quando aprì era una semplice saracinesca, che dava sulla stradella laterale, che sfornava soltanto cornetti alla marmellata e alla crema (e qualche volta alla nutella) senza considerare quelli di via Marchese di Villabianca (chiuso da 15 anni) e quelli dello Sperone, della Cala e altri ancora. Sopravvive sempre Cornuit, in zona via Lanza di Scalea, capace da anni di mettere d'accordo tutte le comitive, offrendo anche arancine o calzoni fritti.  

Per gli amanti dello sfincione c'era la lunga attesa davanti alla saracinesca del laboratorio tra piazza Sett'Angeli e via Candelai, alle spalle della Cattedrale. In certi orari la "ruota" di sfincione assumeva le sembianze di un miraggio. Tra i luoghi di ritrovo per i nottambuli in cerca di un buon cornetto o un buon pezzo di rosticceria, Gian Flò ebbe un ruolo di spicco: localino un po' retrò tra via Emerico Amari e via Roma, si distinse per aver portato nella scena notturna il flauto. Una sfoglia allungata e ripiena di crema al cioccolato alla quale era difficile resistere. Molti optavano anche per l'Oasi Bar, dove celebri erano i rollò con wurstel e le arancine. In via Notarbartolo, a pochi passi dall'edicola più grande della città che restava aperta fino a notte fonda (e da tempo ha chiuso i battenti), era un tripudio di auto in doppia fila. Chi acquistava i giornali, chi faceva lo spuntino di mezzanotte. Un'immagine quasi vintage di cui oggi non resta più nulla. Per gli amanti della pizza resta vivo nella memoria Ximenes, locale cult al Borgo.

I più comodisti, però, non si accontentavano di un cornetto o un pezzo al volo. E magari c'era chi voleva azzardare un piatto di pasta. Roba da coraggiosi, da stomaci invincibili, ovvero per chi voleva sedersi, continuare la serata in compagnia cementando le unioni che ancora oggi resistono. Ecco allora che alle 4 di notte trovare un tavolo al Taco Loco, al Maracanà, all'Orient Express, al Bobadilla o al Fuso Orario (quest'ultimo fece scuola, perché fu il primo pub a Palermo a restare aperto fino alle prime luci del mattino) era impossibile. Alcuni di questi posti sono ancora aperti. Mitologici i sold out registrati ogni sera del fine settimana, ma anche negli altri giorni, sebbene chiudessero poco prima. Ogni notte era un tripudio di gente. Farfallette al salmone, fritto misto con panelle e anelli di cipolla, waffle al gelato con una colata di nutella erano le ordinazioni che andavano per la maggiore. Poi ancora una birra e un'altra ancora, per una notte che non voleva finire mai. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Notti magiche inseguendo un "pezzo": quando Palermo aveva fame all'alba

PalermoToday è in caricamento