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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

Il caso della prof morta: "La prima volta il medico ha rifiutato di farle AstraZeneca"

Dall'esposto della famiglia di Cinzia Pennino, insegnante del Don Bosco, emerge che alla Fiera avrebbero deciso di non somministrarle il siero giudicandola forse "in sovrappeso". Nessun problema invece quando si era ripresentata 4 giorni dopo. La donna si sarebbe sentita male dopo 10 giorni e le sarebbe stata diagnosticata una trombosi addominale

Quando il 7 marzo si era presentata la prima volta alla Fiera per sottoporsi alla vaccinazione, Cinzia Pennino, la prof del Don Bosco deceduta il 28 marzo, si sarebbe trovata davanti a un medico che avrebbe deciso di non iniettarle AstraZeneca, il siero fino a quel momento utilizzato per gli insegnanti. Vaccino che, invece, le sarebbe stato somministrato senza alcun problema quattro giorni dopo, l'11, sempre alla Fiera e in seguito ad una nuova prenotazione. E' uno dei particolari - non di poco conto - che emergono dall'esposto presentato alla Procura dagli avvocati della famiglia della vittima, la penalista Raffaella Geraci ed il civilista Alessandro Palmigiano.

Sul caso di Cinzia Pennino il procutarore aggiunto Ennio Petrigni ed il sostituti Giorgia Spiri avevano subito aperto un fascicolo per omicidio colposo, ma avevano demandato l'autopsia alla task force regionale che ha anche il compito di vagliare eventuali casi sospetti di decessi che avvengono entro un mese dalla vaccinazione.

L'istanza di accesso all'Aifa e all'Asp

La famiglia dell'insegnante chiede che venga fatta chiarezza sull'accaduto perché Cinzia Pennino sarebbe stata in perfetta salute e non avrebbe avuto alcun tipo di patologia certificata che possa giustificare il suo improvviso decesso. Proprio in quest'ottica, i legali hanno despositato un esposto e un'istanza di accesso all'Aifa "per conoscere le determinazioni sulla distribuzione del vaccino AstraZeneca fino al momento del decesso", come spiegano, e anche all'Asp di Palermo "per conoscere le procedure mediche e le terapie seguite a partire dalla fase di somministrazione del vaccino fino al decesso". L'obiettivo è "verificare se ci siano profili di responsabilità ma anche di criticità legate al consenso informato". Sono peraltro le stesse finalità che ha anche la Procura, che ha già sequestrato tutti i documenti e le cartelle cliniche.

"E' stata mandata via al primo tentativo di vaccinazione"

Dalla denuncia della famiglia, è possibile ricostruire con più precisione le varie fasi che hanno portato alla morte dell'insegnante, rimaste finora piuttosto oscure. Intanto emerge che il primo tentativo di vaccinarsi sarebbe andato a vuoto, nonostante "le sue perfette condizioni di salute", rimarca la famiglia. E' probabile, sostengono gli avvocati, che il medico abbia "deciso di non somministrarle AstraZeneca perché ha ritenuto che la professoressa fosse in sovrappeso, ma solo attraverso una visita ad occhio nudo". Dai primi elementi trapelati subito dopo il decesso, era emerso che, secondo gli inquirenti, la vittima fosse "obesa" e che questo molto ipoteticamente avrebbe potuto influire perché è una delle condizioni per le quali, in base alle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, AstraZeneca non deve essere somministrato.

La seconda prenotazione e la somministrazione del siero

Lo stesso medico avrebbe deciso poi, come riferiscono sempre i parenti della vittima, di "non somministrare né il Pfizer o un altro tipo di vaccino comunque riservato ai soggetti fragili" e avrebbe anche "deciso di non riprogrammare l'appuntamento". Sarebbe stata proprio la prof, dopo due giorni, a riprenotarsi e, quando l'11 marzo si era nuovamente presentata in Fiera, AstraZeneca le sarebbe stato somministrato senza alcun problema. Perché? Cosa è accaduto tra un appuntamento e l'altro? Queste sono alcune delle domande che si pongono i famigliari della vittima, anche perché se il motivo del primo rifiuto sarebbe stato legato al peso è da escludere che dopo quattro giorni la forma fisica di Cinzia Pennino potesse essere cambiata in maniera significativa.

"Stava bene, ha avuto solo un po' di febbre"

La famiglia racconta poi che subito dopo aver ricevuto il siero, la vittima non avrebbe avuto nessun problema, tanto che sarebbe andata al Don Bosco e avrebbe tenuto due ore di lezione. Il giorno dopo invece avrebbe avuto un po' di febbre (37,5/38) che sarebbe sparita prendendo semplicemente una Tachipirina. L'insegnante non si sarebbe affatto preoccupata trattandosi di sintomi del tutto normali e previsti dopo la somministrazione di AstraZeneca.

"I dolori addominali dopo 10 giorni"

Per oltre una settimana la vittima sarebbe stata benissimo. Il 21 marzo, però, avrebbe iniziato ad avere dei dolori addominali e avrebbe anche vomitato. Non avrebbe affatto pensato a un qualche effetto collaterale legato al vaccino, visto ormai il tempo trascorso dalla somministrazione del siero. Anche in questo caso avrebbe preso un farmaco, solo che i dolori non sarebbero passati. Così la prof avrebbe contattato una sua cara amica, un medico del Buccheri La Ferla, per capire cosa fare. Ed è così che il giorno dopo Cinzia Pennino si era presentata al pronto soccorso di quell'ospedale. 

"Al Buccheri La Ferla diagnosticata una trombosi addominale"

Dai primi accertamenti, tra cui una Tac con mezzo di contrasto, "è emersa una trombosi addominale in atto", sostengono i legali della famiglia. Da qui la decisione di trasferire la paziente all'Ematologia del Policlinico, dove la donna ha ricevuto altre cure. La situazione sarebbe però peggiorata e la vittima sarebbe stata portata prima in Chirurgia d'urgenza e, infine, intubata in terapia intensiva, dove il 28 marzo era deceduta.

"La sua morte poteva essere evitata?"

"Secondo il parere dei famigliari – dicono gli avvocati Geraci e Palmigiano – la professoressa Cinzia Pennino era in ottima salute fino alla data della somministrazione del vaccino AstraZeneca e risulterebbe, quindi, evidente un rapporto causa/effetto tra il vaccino e la trombosi mortale. Non è solo una questione di consenso, di terapie o di quali sono i casi in cui AstraZeneca non va somministrato: i famigliari vogliono infatti vedere chiaro su tutta questa storia e capire come mai il primo medico si era astenuto dalla somministrazione e se la tragica morte poteva essere evitata".

Le indagini e l'autopsia

Allo stato non si conosce l'esito dell'autopsia compiuta dalla task force guidata dal professore Cristoforo Pomara e, in prima battuta, gli inquirenti non hanno escluso che la prof potesse soffrire un problema congenito di coagulazione, anche a sua insaputa. Ma è un'ipotesi tra tante. Così come al momento non è stato dimostrato scientificamente il nesso tra vaccino AstraZeneca e decessi, anche se l'azienda, dopo i controlli dell'Ema, ha introdotto le trombosi tra i tanti effetti collaterali del siero (uja patologia, va detto, che rientra anche tra quelle che potenzialmente possono essere provocate da tantissimi altri farmaci che vengono utilizzati comunemente).

In seguito ad un ulteriore controllo, non l'Ema - che è l'ente europeo di farmacovigilanza - ma i vari Stati europei hanno deciso di cambiare la fascia d'età a cui destinare AstraZeneca, consigliandolo soprattutto agli over 60 (a cui inizialmente era stato invece scongiliato). In Danimarca l'utilizzo del vaccino di Oxford (che nel frattempo ha cambiato pure nome e si chiama Vaxzevria) è stato del tutto sospeso.

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