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Cronaca

Discarica satura e rifiuti a Catania, Rap non ha soldi: chi paga i 20 milioni del trasporto?

Bellolampo chiude, scatta il trasferimento dell'immondizia nei siti indicati dalla Regione. Servono 70 mila euro al giorno per il conferimento fuori Palermo, ma l'ex municipalizzata è a corto di quattrini. Sindacati in allarme, Legambiente attacca il Comune: "Gestione rifiuti fallimentare, crisi annunciata"

Stop al conferimento dei rifiuti a Bellolampo. La discarica è satura, non c'è più spazio: la Rap è pronta a trasferire l'immondizia nei siti indicati dalla Regione (Motta Sant'Anastasia, Lentini e Siculiana), ma resta ancora un mistero chi pagherà i 20 milioni di euro necessari nei prossimi 9 mesi per il conferimento fuori Palermo. 

Con la settima vasca al palo (c'è il progetto, manca però la gara) Rap e Comune non hanno altra scelta che aspettare - se tutto va bene - maggio del 2020. Nel frattempo, già da domani i carichi d'immondizia (circa 500 tonnellate al giorno) dovranno "viaggiare" in direzione Motta Sant'Anastasia per giungere la discarica di contrada Valanghe d'Inverno. Non prima di aver "lavorato" i rifiuti nel Tmb di Bellolampo. Il costo dell'operazione è una vera e propria stangata: si parla di 70 mila euro al giorno. Cifra che si ottiene moltiplicando le tonnellate trasferite per 150 euro: tanto serve fra costi di conferimento, ecotassa, trasporto. "Questi soldi non ce li abbiamo" dice l'amministratore unico della Rap, Giuseppe Norata, secondo cui "vanno trovate risorse straordinarie, perché non possono essere caricate sulla Tari". In questa prima fase comunque Rap metterà mano al portafoglio, perché l'Ati Seap di Aragona e D'Angelo di Alcamo (che ha avuto l'incarico di occuparsi del trasferimento) deve essere pagata.

L'amministrazione Orlando - tramite l’assessore all'Ambiente Giusto Catania - ha chiesto alla Regione un contributo economico, portando avanti la tesi che "la gestione dei rifiuti a Palermo ha riflessi su tutto il sistema regionale". Dalla presidenza e dal dipartimento regionale Acque e rifiuti nessun riscontro. Una situzione che crea allarme tra i sindacati: "Allo stato attuale - affermano Le Rsu aziendali di Fit Cisl, Uiltrasporti, Fiadel e Filas - non risulta essere stato individuato il soggetto che dovrà farsi carico dei circa 20 milioni di euro per i 9 mesi di conferimento, dando per certo che la prima porzione della settima vasca sarà operativa per maggio 2020".

"Resta inteso fin da subito - sottolineano i sindacati di Rap - che non potrà essere l’azienda di piazzetta Cairoli a sopportare questo peso economico generato, tra l’altro, da responsabilità che vanno inequivocabilmente ricercate tra le istituzioni deputate a dotare i territori di adeguata impiantistica: la Rap non ha alcuna responsabilità. Per tali ragioni, vigileremo sul ritrovato equilibrio finanziario della società, non consentiremo alcun rischio per l’azienda e per i lavoratori". 

Legambiente invece se la prende con il Comune e tira in ballo una differenziata che va a passo di lumaca. "Questa è una crisi annunciata e ciclica - dichiara Vanessa Rosano, presidente Circolo Legambiente Palermo -. Fino a quando il Comune di Palermo vorrà continuare con la strategia delle discariche? Chiediamo al sindaco Orlando di cambiare coraggiosamente e repentinamente rotta estendendo la raccolta differenziata 'porta a porta' a tutta la città, unica via per un'efficace e virtuosa gestione dei rifiuti. La crisi segna il fallimento nella gestione dei rifiuti da parte del Comune e dimostra che non si può aspettare il 2022 per raggiungere il 65% di differenziata".

"Palermo è una città che vive una situazione surreale: teoricamente - conclude Legambiente - circa la metà della popolazione dovrebbe fare la differenziata domiciliare, ma la percentuale raggiunta non arriva al 20% e l’80% va in discarica. La mancanza di un sistema di raccolta omogeneo e la totale assenza di controlli preventivi, peraltro, ha pregiudicato pesantemente anche la qualità dei conferimenti differenziati, affidando tutto alla sola buona volontà dei cittadini. Peccato, che la raccolta differenziata non sia un’opzione, ma un obbligo di legge dal 1997. Adesso con la chiusura di Bellolampo la situazione si complica. I 20 milioni di euro che, a prescindere dalla diatriba su chi dovrà sborsarli, e che servono per portare i rifiuti in altre discariche,  si sarebbero potuti spendere certamente in azioni importanti per la città anche in termini di raccolta differenziata".

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