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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

"In cella ho ricevuto un calcio nel sedere da un agente", ma a processo per calunnia finisce il detenuto: assolto

L'uomo aveva reso dichiarazioni spontanee sulle presunte percosse ricevute da un assistente della polizia penitenziaria nel 2018, quando era recluso al Pagliarelli, pur non avendo mai sporto denuncia. Il giudice: "Il procedimento non doveva neanche essere avviato, la falsa accusa è insussistente se manca la querela"

Aveva raccontato che, mentre era recluso nel carcere Pagliarelli, un assistente della polizia penitenziaria gli avrebbe dato un calcio nel sedere, ma non aveva mai presentato formalmente una querela. Per questo a processo non era finito l'agente - mancando il presupposto fondamentale per avviare il procedimento penale, cioè la denuncia - ma proprio il detenuto, M. G., con l'accusa di calunnia, ovvero per aver accusato falsamente il poliziotto di averlo picchiato. Un paradosso, dal quale è nato di fatto un processo completamente inutile e che neppure avrebbe dovuto essere celebrato, che - a quattro anni dai fatti - ha portato però all'assoluzione dell'imputato.

Il giudice della quinta sezione del tribunale monocratico, Salvatore Flaccovio, accogliendo le tesi dell'avvocato Emilio Scrudato che difende M. G., ha deciso infatti di scagionare l'imputato proprio perché "il delitto di percosse", che sarebbe stato eventualmente adebitabile all'assistente della polizia penitenziaria, "è punibile a querela della persona offesa" e, come sancito dalla Cassazione "non è configurabile il delitto di calunnia allorché la falsa accusa abbia ad oggetto fattispecie integranti reati procedibili a querela e questa non sia stata presentata ovvero sia invalida atteso che, in siffatta ipotesi, la condotta risulta di per sé inidonea a determinare l'avvio di un procedimento penale".

E invece per M. G. il procedimento penale era stato avviato eccome: rinviato a giudizio dal gip l'11 aprile del 2019 e poi processato dal tribunale monocratico, con per giunta una richiesta di condanna a un anno e 4 mesi da parte della Procura, fino alla sentenza di assoluzione (emessa la scorso marzo) che ora è diventata definitiva.

Tutto era nato dalle dichiarazioni spontanee del detenuto acquisite al Pagliarelli. Il 25 gennaio 2018 M. G. aveva raccontato che si sarebbe lamentato della mancanza di vestiti e che per tutta risposta l'assistente capo della polizia penitenziaria sarebbe entrato nella sua cella, gli avrebbe detto di andarsi a lamentare con il capoposto, e poi, prima di andare via, gli avrebbe dato un calcio nel sedere. M. G. non aveva mai presentato una denuncia contro i presunti maltrattamenti subiti, ma il carcere aveva trasmesso gli atti alla Procura. Che aveva deciso di indagare il detenuto ipoteticamente vittima di percosse per calunnia, in quando avrebbe accusato - sapendolo innocente - l'agente.

Il giudice però ha messo in evidenza nella sentenza come non si può essere imputati di calunnia se formalmente il reato di cui si accusa ingiustamente un'altra persona non è mai stato denunciato: "L'esercizio dell'azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità - si legge nella sentenza - il quale esclude la possibilità che la notizia di reato abbia un seguito e possa determinare il pericolo che venga avviato un procedimento penale". Da qui l'assoluzione per M. G.
 

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