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Cronaca

Il Csm rende omaggio a Rocco Chinnici: "Irreprensibile servitore delle istituzioni"

A capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo, aveva gettato le basi per il futuro pool antimafia. Cosa nostra lo uccise il 29 luglio del 1983 con un'autombomba - la prima - in via Pipitone Federico

Il plenum del Csm ha ricordato in apertura dei i magistrati Rocco Chinnici e Gaetano Costa. Chinnici venne ucciso il 29 luglio del 1983 e fu il primo magistrato a morire in un attentato realizzato con un'autobomba. Costa, decorato al valore militare e civile (prese parte alla Resistenza) venne ucciso il 6 agosto di cinque anni prima e a differenza di Chinnici, per il cui attentato ci sono state 17 condanne,"non ha avuto giustizia".

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Sul sito del Csm è stato pubblicato un lungo ricordo di Chinnici. Nella sezione “per non dimenticare” sono stati pubblicati numerosi documenti, recuperati e digitalizzati dal fascicolo personale di Chinnici e diversi atti, anche autografi, che consentono di ripercorrere la vita professionale del magistrato e  testimoniano le enormi qualità umane e professionali del “padre” del pool antimafia. Nella stessa sezione è inoltre disponibile il cosidetti diario di Rocco Chinnici un’agenda dove il consigliere Istruttore, negli ultimi anni della sua vita, lasciava brevi appunti o lunghi “sfoghi” giornalieri, e ove è possibile leggere della situazione degli uffici giudiziari di Palermo, delle relazioni tra alti magistrati ed i vertici del sistema politico, della “prudenza” degli stessi magistrati di fronte ad alcune indagini e, sullo sfondo, l’inquinamento politico mafioso del sistema degli appalti nella Regione.

La cerimonia per ricordare Rocco Chinnici

L’organo di governo autonomo della magistratura definisce Chinnici "un onesto e irreprensibile servitore delle istituzioni". "Era a capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo - si legge - aveva gettato le basi per il futuro pool antimafia, intuendo l’importanza del lavoro di equipe, e creato l’embrione del primo maxi-processo con il cosiddetto 'rapporto dei 162' che costituì l’ossatura di quello poi istruito dal pool diretto da Antonino Caponnetto. La vicenda giudiziaria volta a far luce sulla strage inizierà a tempo di record, ma ci vorranno 20 anni e più di 10 sentenze per scrivere la pagina definitiva su quei drammatici eventi. Il 24 luglio 1984 la Corte d’assise di Caltanissetta condanna Salvatore e Michele Greco alla pena dell’ergastolo e Pietro Scarpisi e Vincenzo Rabito a 15 anni di reclusione. La sentenza viene appellata: il 14 giugno 1985 la Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, presieduta da Antonino Saetta (che pagherà con la propria vita - e quella di suo figlio Stefano - l’intransigenza e l’impegno nella lotta alla mafia) conferma l’ergastolo ai fratelli Greco e inasprisce le pene (da 15 a 22 anni di reclusione) nei confronti degli altri imputati. Il 3 giugno 1986 la prima Sezione penale della Corte di Cassazione annulla la sentenza per difetto di motivazione stabilendo che il nuovo processo di appello venga celebrato a Catania. Poco più di un anno dopo (il 1 luglio 1987) i giudici del rinvio confermano quanto statuito (e poi annullato) dai colleghi di Caltanissetta: ergastolo per i fratelli Greco, 22 anni di reclusione per Pietro Scarpisi e Vincenzo Rabito. Ma il 18 febbraio 1988 si assiste ad una nuova battuta d’arresto: le Sezioni unite penali della Corte di Cassazione annullano la sentenza e dispongono un nuovo giudizio (il terzo) avanti alla Corte di appello di Messina. Il 21 dicembre dello stesso anno i giudici di Messina assolvono tutti gli imputati per insufficienza di prove: assoluzioni poi confermate dal giudice di legittimità. Sette processi e nessun colpevole per la strage di via Pipitone. Tuttavia, il 18 febbraio 1998, all’esito di un nuovo filone di indagine avviato in seguito alle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, la Procura di Caltanissetta chiede il rinvio a giudizio di 19 soggetti accusati, a vario titolo, della strage".

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La sentenza emessa il 14 aprile del 2000 dalla Corte d’assise di Caltanissetta stabilisce  la condanna all’ergastolo per: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele Ganci, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia, Salvatore Montalto, Giuseppe Montalto, Matteo Motisi, Giuseppe Farinella, Antonino Madonia, Vincenzo Galatolo e Stefano Ganci.

Il 25 giugno 2002 la Corte di assise di appello di Caltanissetta confermerà la decisione di primo grado e il 21 novembre 2003 la sesta Sezione penale della Corte di Cassazione depositerà l’atto finale del lungo iter giudiziario per la strage di via Pipitone.



 

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