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Cronaca Caltavuturo

Crollo del viadotto Himera, condannato l'ex dirigente della Protezione civile Calogero Foti

Il tribunale di Termini Imerese ha inflitto un anno anche ad un dipendente dell'Anas, ma soltanto in relazione all'accusa di omissione di atti d'ufficio. Non ha retto per nessuno dei quattro imputati la contestazione di attentato alla sicurezza dei trasporti. Scagionati totalmente l'ex sindaco di Caltavuturo e un altro impiegato

A pochi mesi dalla prescrizione, il tribunale di Termini Imerese, venerdì scorso, ha emesso la sentenza di primo grado relativa al crollo del viadotto Himera, sull'A19, avvenuto il 10 parile del 2015. Il collegio presieduto da Vittorio Alcamo ha deciso di accogliere la richiesta della Procura assolvendo i quattro imputati dall'accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti perché il ponte non sarebbe stato chiuso alle auto nei mesi precedenti al crollo e ha invece inflitto due condanne (e non quattro come chiedeva l'accusa) soltanto per omissione di atti d'ufficio.

Nello specifico, i giudici hanno condannato a un anno a testa Calogero Foti, ex dirigente generale della Protezione civile regionale, e Giuseppe Siragusa, dipendente dell'Anas. Scagionati, con la formuala "perché il fatto non sussiste", l'ex sindaco di Caltavuturo, Calogero Lanza, e un altro dipendente dell'Anas, Salvatore Muscarella. Un quinto imputato, Mariano Sireci, ex responsabile della Protezione civile di Caltavuturo, è invece deceduto ma era stato stato assolto perché il "fatto non costituisce reato”.

A nessuno degli imputati è mai stato contestato il crollo dell'infrastruttura, fondamentale per la viabilità dell'Isola e che è stata riaperta soltanto nel 2019. In base alla sentenza, ma anche alla requisitoria della Procura, ci sarebbero gli elementi per ritenere responsabili, per altro in modo colposo, Foti e Siragusa di non aver agito correttamente da un punto di vista amministrativo e burocratico.

Si erano costituiti parte civile il Comune di Calatavuturo, ma anche la presidenza del Consiglio dei ministri, la Sais e alcuni proprietari dei terreni che si trovano sotto il viadotto. Le richieste di risarcimento erano milionarie e il tribunale non le ha concesse.

Durante il dibattimento è emerso che la frana di Caltavuturo che avrebbe determinato il crollo avrebbe provocato dei danni già dal 2005 e che la terra sarebbe stata appoggiata da tempo direttamente sui pilastri del viadotto. Sin dal momento della costruzione del ponte, negli anni Settanta, inoltre, sarebbe stato raccomandato un costante monitoraggio proprio perché il terreno sarebbe stato franoso. Controlli che, come hanno sostenuto le parti civili, non sarebbero stati mai compiuti. 

Secondo il consulente del pubblico ministero, invece, la frana avrebbe raggiunto soltanto i "piedi" del viadotto e non sarebbe neppure certo un collegamento tra il movimento del terreno ed il crollo. Il tribunale avrà ritenuto fondata questa ricostruzione dei fatti.

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