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Cronaca

Crollo del viadotto Himera, il pm: "Assolvere gli imputati, non ci fu attentato alla sicurezza dei trasporti"

Sul processo per la caduta del ponte sull'A19, che risale all'aprile del 2015, incombe la prescrizione. La Procura ha invocato la condanna a pene lievissime dell'ex direttore della protezione civile regionale, Calogero Foti, e di altre tre persone soltanto per omissione di atti d'ufficio

Avrebbero omesso di compiere diversi atti d'ufficio, ma non avrebbero attentato alla sicurezza dei trasporti, non chiudendo al transito il viadotto Himera, sull'A19, nei mesi precedenti al suo crollo (avvenuto il 10 aprile del 2015) e che sarebbe stato determinato da una frana. E' questa la conclusione del pm di Termini Imerese, alla fine della sua requisitoria, circa la responsabilità di 4 imputati: Calogero Foti, ex dirigente generale della protezione civile regionale, Calogero Lanza, ex sindaco di Caltavuturo, e due dipendenti dell'Anas, Salvatore Muscarella e Giuseppe Siragusa. Un quinto imputato, Mariano Sireci, responsabile della protezione civile di Caltavuturo, è nel frattempo deceduto. Il processo, che non è neppure giunto alla sentenza di primo grado, si prescrive tra qualche mese.

Crollo dello Scorciavacche, processo verso la prescrizione

La Procura ha infatti chiesto l'assoluzione per il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti e la condanna solo per omissione di atti d'ufficio, nello specifico a un anno e mezzo a testa per Muscarella e Siragusa, e a un anno per Foti e Lanza. A nessuno in realtà è mai stato contestato il crollo vero e proprio di quella che è un'infrastruttura fondamentale per la viabilità nell'Isola e che è stata riaperta soltanto l'anno scorso. In base alla requisitoria del pm, inoltre, ci sarebbero gli elementi solo per ritenere responsabili, ed in modo colposo, gli imputati di non aver agito correttamente da un punto di vista amministrativo e burocratico. Ma allora di chi fu la colpa se il viadotto crollò? E' quello che dovrà chiarire il tribunale, presieduto da Vittorio Alcamo.

Nel processo sono parte civile i proprietari di alcuni terreni che si trovano sotto il ponte, la Sais, l'Unione dei consumatori, il Comune di Calatavuturo e la presidenze del Consiglio dei ministri (che è pure stata citata come responsabile civile). Sono rappresentati dagli avvocati Alessandro Martorana, Giovanni Maria Saitta, Carmelo Sardella e Giuseppe Gerbino.

Dal dibattimento è emerso che la frana di Caltavuturo che avrebbe determinato il crollo avrebbe provocato dei danni già a partire dal 2005 e che la terra sarebbe stata appoggiata da tempo direttamente sui pilastri. Non solo. Sin dal momento della costruzione del viadotto, cioè negli anni Settanta, sarebbe stato raccomandato un costante monitoraggio del ponte, proprio perché il terreno sarebbe stato franoso. Monitoraggi e controlli che, come sostengono le parti civili, non sarebbero però mai stati compiuti.

Secondo il consulente del pubblico ministero, invece, la frana avrebbe raggiunto soltanto "i piedi" del viadotto e non sarebbe neppure certo un collegamento tra il movimento del terreno e il crollo. Le consulenze delle parti civili vanno in tutt'altra direzione.
Il processo è stato rinviato a gennaio, quando la parola passerà ai difensori degli imputati.

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