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Cronaca

Guardava i canali Sky senza pagare abbonamento: 4 mesi di carcere per un palermitano

La Cassazione ha condannato un uomo di 52 anni anche a una multa di duemila euro per aver "taroccato" un decoder: aveva dichiarato davanti al giudice di aver acquistato i codici di decodifica sul web, ma nella sua abitazione non è mai stata trovata alcuna smartcard

Tempi duri per chi utilizza Sky senza pagare il canone. Quattro mesi di reclusione e duemila euro di multa: questa la condanna, definitiva dopo la pronuncia della Cassazione, inflitta a un 52enne di Palermo, accusato di aver violato la legge vedendo i canali Sky senza utilizzare la smart card, e, dunque, 'scroccando' i programmi fruibili soltanto a pagamento. L'uomo aveva 'taroccato' il decoder, regolarmente alimentato alla rete internet domestica, e collegato alla tv e all'impianto satellitare. La terza sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato, confermando la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti nel 2016 dalla Corte d'appello palermitana.

Una condotta che per la Cassazione penale (con la sentenza 46443/17, pubblicata oggi martedì 10 ottobre) dev’essere sanzionata penalmente ai sensi dell’articolo 171 octies della Legge sulla Protezione del Diritto d’Autore (la 633/41). Il riferimento è a chi installa in casa un decoder collegato alla Lan domestica e all’impianto satellitare così da rendere visibili i canali televisivi dell’emittente a pagamento in assenza della smart card originale.

Il palermitano si era difeso davanti alla Cassazione, dichiarando davanti al giudice di aver acquistato i codici di decodifica sul web. Ma nella sua abitazione non è mai stata trovata alcuna smartcard. La "condotta incriminata" è "pacificamente consistita nella decodificazione ad uso privato di programmi televisivi ad accesso condizionato e, dunque protetto - spiega la Cassazione - eludendo le misure tecnologiche destinate ad impedire l'accesso poste in essere da parte dell'emittente, senza che assumano rilievo le concrete modalità con cui l'elusione venga attuata, evidenziandone la finalità fraudolenta nel mancato pagamento del canone applicato agli utenti per l'accesso ai suddetti programmi". Il reato si concretizza con qualsiasi modalità venga elusa la protezione dei programmi criptati perché ciò che conta è l’intento fraudolento di chi vuole godere della visione senza pagarne i servizi. La condotta di chi "utilizza i dispositivi che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del dovuto corrispettivo" è espressamente "sanzionata" dalla legge "indipendentemente - osserva la Suprema Corte - dall'utilizzo pubblico o privato che venga fatto dell'apparecchio atto alla decodificazione di trasmissioni audiovisive".

Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di una sentenza esemplare "che costituisce un precedente che desterà senz’altro allarme tra quanti continuano con svariati sistemi a decriptare il segnale delle TV a pagamento. Alla fine - dice - è sempre meglio evitare di continuare con queste prassi per evitare che la fedina resti macchiata in conseguenza di un fatto che purtroppo è percepito da tanti come completamente inoffensivo e non degno di comportare addirittura una condanna penale".
 

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