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Cronaca

"Falsificarono i dati sul Covid", l'assessore Razza ed altri 5 indagati ora rischiano il processo

La Procura ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini anche all'ex dirigente del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti. Per l'accusa ci sarebbe stato un "disegno criminoso" per alterare le informazioni su tamponi e ricoveri in modo da evitare chiusure e zone rosse

"Contenimento matematico dell'epidemia nell'Isola", erano le parole utilizzate dal Nas dei carabinieri per dire che in Sicilia i dati sul Covid sarebbero stati falsificati al ribasso e alla fine per diversi mesi la pandemia avrebbe avuto i contorni che il Dasoe avrebbe immaginato (aggiungendo numeri, sottraendoli, spostandoli, omettendoli) attraverso le "telefonate frenetiche" dell'ex dirigente del dipartimento dell'assessorato regionale alla Sanità, Maria Letizia Di Liberti. Uno scandalo che alla fine di marzo dell'anno scorso aveva avuto anche ripercussioni politiche, perché sotto inchiesta era finito anche l'assessore Ruggero Razza. Adesso la Procura ha notificato ai due ed anche ad altri quattro indagati l'avviso di conclusione delle indagini.

Il procuratore aggiunto Sergio Demontis ed i sostituti Andrea Fusco e Maria Pia Ticino si apprestano dunque a chiedere il rinvio a giudizio per Razza (che aveva anche rassegnato le dimissioni, ma alla fine era tornato al suo posto a giugno anche per volontà del presidente della Regione, Nello Musumeci), Di Liberti, per il direttore del Servizio 4 del Dasoe, Mario Palermo, per Salvatore Cusimano, nipote di Di Liberti, impiegato all'assessorato regionale all'Industria, Emilio Madonia, dipendente della società privata che gestiva proprio i dati sul Covid, e Roberto Gambino, impiegato dell'Asp di Palermo e in servizio al Dasoe. Le accuse per tutti sono di falso, ma Madonia e Di Liberti devono rispondere anche del fatto di aver indotto in errore il ministero della Sanità e l'Istituto superiore di sanità in relazione alla classificazione del rischio (basso e non moderato come avrrbbe dovuto essere se i dati fossero stati corretti) tra il 14 ed il 20 dicembre del 2020.

Di Liberti, come era stato ricostruito dagli inquirenti, avrebbe cercato di "far quadrare i conti" e in accordo con lo stesso Razza che, a volte, si sarebbe mostrato "seccato" quando i numeri relativi alla diffusione del virus avvicinavano la Sicilia a chiusure e zone rosse. Di Liberti, secondo l'accusa, avrebbe alterato i dati relativi ai tamponi, alle terapie intensive ed anche ai decessi. I così detti "morti spalmati", come si diceva in un'intercettazione, che tuttavia non sono oggetto di contestazione al momento, in quanto il dato sarebbe stato irrilevante ai fini della classificazione del rischio.

"Togli questi morti, sono troppi e l'assessore è seccato"

Il 5 novembre del 2020 era Razza a dire a Di Liberti, dopo il passaggio dell'Isola in zona arancione: "Inutile Letizia che facciamo stare in piedi sacchi vuoti, c'è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa gravissima sottovalutazione è scritto negli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero! E chissà da quanto!". La donna, in un'altra intercettazione diceva: "I morti ce li teniamo sulla pancia", anche perché avrebbe avuto serie difficoltà a raccogliere le informazioni dalle varie strutture sanitarie sparse per l'Isola.

In un altro passaggio, l'ex dirigente del Dasoe (che era finita ai domiciliari) riferiva poi le parole che gli avrebbe detto l'assessore: "E' seccato, un seccato, mi disse: 'Il fallimento della politica, non siamo stati in grado di tutelarci, i negozi che chiudono, se la possono prendere con noi, non siamo riusciti a fare i posti letto'".

Il gip: "Dati falsati per ottenere il consenso elettorale"

Sono solo alcuni stralci delle intercettazioni che, per la Procura, dimostrerebbero l'esistenza di un "disegno criminoso" da parte degli indagati. I capi d'accusa, già nell'aprile successivo erano passati comunque da 36 a 7 per i tre arrestati (oltre a Di Liberti, anche Cusimano e Madonia) e il gip Cristina Lo Bue aveva revocato la misura cautelare, applicando soltanto a Di Liberti la sospensione dal servizio per un anno, come richiesto peraltro dalla stessa Procura. Durante gli interrogatori i tre si erano difesi ed avevano negato di aver taroccato i dati, sostenendo di essersi ritrovati invece a dover gestire un caos organizzativo in cui molte strutture non avrebbero comunicato giornalmente le informaziomi necessarie per caricarle sulla piattaforma nazionale. E, vista l'esigenza di stilare un bollettino quotidiano, si sarebbe quindi pensato di "correggere" (per usare le parole di Di Liberti) i dati, tenendoli però sempre in linea con quelli dell'Istituto superiore di sanità.

Fava: "Razza non è più l'assessore alla Salute di alcuno"

"Al di là del rilievo penale, sul quale altri giudici dovranno pronunciarsi, le accuse della Procura nei confronti dell'assessore Razza e dei suoi più stretti collaboratori confermano un fatto, in sé moralmente più grave dell'ipotesi di reato, quello cioè che sulle piattaforme informatiche del ministero della Salute e dell'Istituto superiore di sanità furono caricati dati falsi sul Covid. Di fronte a questa certezza, non può che indignare il tradimento del patto di lealtà con i siciliani rispetto alla tutela della loro salute. Indignazione che va ben oltre il 'disegno criminoso' di cui parla la Procura. Qualunque cosa decida di fare Razza, da oggi moralmente non è più l'assessore alla Salute di alcuno". Così Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell'Ars, commentando la notizia sulla chiusura delle indagini sui falsi dati Covid. 

M5S: "Condotta immorale dei vertici della sanità"

"Le indagini della Procura confermano l'esistenza di un 'disegno criminoso' dei responsabili della sanità in Sicilia dietro il caricamento dei dati nelle piattaforme informatiche del ministero della Salute. Cosa di cui noi abbiamo sempre avuto il forte sospetto e che abbiamo a più riprese evidenziato anche prima dell'apertura delle indagini. Non a caso avevamo chiesto di audire il Cts in Commissione Salute, proprio per farci spiegare come fosse stato possibile il miracoloso aumento del 50% di analisi di tamponi molecolari, schizzati da 5 mila al giorno a 7.500, senza che fossero stati potenziati i servizi di analisi siciliani, in quel periodo in grosse difficoltà. Ora, al di là del fatto se si andrà a processo o meno, le risultanze delle indagini attestano una condotta moralmente inaccettabile dei vertici della Sanità siciliana. Musumeci e i siciliani ne prendano atto". Così il capogruppo del M5S all'Ars, Nuccio di Paola.

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